Attraverso Lo Specchio
ATTRAVERSO LO SPECCHIO E QUEL CHE ALICE VI TROVÒ
Il Pedone Bianco (Alice) gioca e vince in undici mosse.
1. Alice incontra la Regina Rossa.
2. Alice attraversa d3 (in treno) e arriva in d4 (Tuildoldàm e Tuildoldìi)
3. Alice incontra la Regina Bianca (con scialle)
4. Alice in d5 (bottega, fiume, bottega)
5. Alice in d6 (Humpty Dumpty)
6. Alice in d7 (foresta)
7. Cavaliere Bianco mangia Cavaliere Rosso
8. Alice in d8 (incoronazione)
9. Alice diventa Regina
10. Alice arrocca (banchetto)
11. Alice mangia la Regina Rossa e vince
1. Regina Rossa in h4.
2. Regina Bianca in c4 (dietro lo scialle)
3. Regina Bianca in c5 (diventa pecora)
4. Regina Bianca in f4 (lascia uovo su scaffale)
5. Regina Bianca in c8 (fuggendo dal Cavaliere Rosso)
6. Cavaliere Rosso in e2 (scacco)
7. Cavaliere Bianco in f5
8. Regina Rossa nella casella del re (esame)
9. Le Regine arroccano
10. Regina Bianca in a6 (zuppa)
PREFAZIONE DELL’AUTORE
Poiché il problema di scacchi che viene dato nella pagina precedente ha suscitato le perplessità di alcuni dei miei lettori, sarà opportuno precisare che esso è correttamente impostato per tutto quello che concerne le mosse. Forse l’alternanza tra i Bianchi e i Rossi non è stata rigorosamente osservata e si sarebbe potuto fare di meglio al riguardo; inoltre l’«arrocco delle Regine» è solo un espediente per dire che sono entrate nel palazzo; ma chiunque voglia prendersi la briga di disporre i pezzi sulla scacchiera e muoverli secondo le direzioni date, scoprirà che lo ‘scacco’ del Re Bianco alla mossa 6, la cattura del Cavaliere Rosso alla mossa 7 e lo scacco matto finale del Re Rosso rispettano rigorosamente le regole del gioco.
Le parole nuove della poesia Jabberwocky hanno fatto sorgere alcune diversità di opinione per quanto riguarda la loro pronuncia: perciò sarà opportuno dare qualche informazione anche riguardo a questo punto. Slithy va pronunciato come se fossero le due parole sly, the; si tenga la ‘g’ dura in gyre e gimble; e rath sia pronunciato in modo da far rima con bath.
Natale, 1896
Pura fronte serena di bimba,
Meraviglia degli occhi sognanti!
Fugge il tempo, e da te mi separa
La metà di una vita intera;
Ma il saluto avrò del tuo sorriso
Per la fiaba, che è dono d’amore.
Non più visto ho il tuo viso radioso,
Non più udito la bella risata:
Il pensiero tu a me non rivolgi
Nel futuro di tua gioventù -
Sufficiente sia che non trascuri
Di ascoltare la fiaba mia nuova.
Una fiaba iniziata in quei tempi
Che un gran sole splendeva d’estate -
Melodica aria nata dai remi
Che battevano il ritmo sull’acqua -
Ma pur vive ancor nella memoria
Nonostante l’invidia del tempo.
Su, ascolta! o una voce di paura,
Dagli amari presagi intessuta,
T’imporrà un giaciglio sgradito,
Malinconica bella fanciulla!
Siamo solo bambini cresciuti,
Che la sera non vanno a dormire.
Fuori il gelo, la neve che acceca,
La tremenda tempesta di vento -
Dentro calda la luce del fuoco,
E un nido di gioia: l’infanzia.
Le magiche parole sentirai;
La bufera che rugge scorderai.
E se l’ombra di un vago sospiro
Tremerà lieve lungo la storia,
Poiché sì, sono oramai svanite
«Le felici giornate d’estate» -
La tristezza mai non toccherà
La Pleasance della fiaba novella.
CAPITOLO I · LA CASA DELLO SPECCHIO
Una cosa era certa: la gattina bianca non c’entrava per niente; la colpa era tutta della gattina nera. Infatti, la gattina bianca nell’ultimo quarto d’ora si era lasciata lavare il musino dalla vecchia gatta (con una discreta dose di pazienza, tutto sommato); e questo vi dimostra che lei non ci aveva messo mano nel misfatto.
Dinah usava questo sistema per lavare il muso alle sue gattine: prima bloccava la poverina afferrandola per le orecchie con una zampa, e poi con l’altra le strofinava tutto il muso, in contropelo, cominciando dal naso: e proprio in quel momento, come vi dicevo, stava strigliando di brutto la gattina bianca, che se ne stava lunga distesa tranquilla tranquilla, cercando di fare le fusa - evidentemente convinta che tutto era fatto per il suo bene.
La gattina nera, invece, era stata pulita a dovere nel primo pomeriggio, e così, mentre Alice se ne stava rannicchiata in un angolo della poltrona grande, un po’ parlando da sola e un po’ sonnecchiando, la gattina se l’era spassata allegramente con la matassa di lana che Alice aveva cercato di avvolgere, facendola rotolare qua e là per il pavimento, finché non l’aveva completamente sdipanata; e adesso eccola là, la lana, sparsa per il tappeto davanti al camino, piena di nodi e garbugli, con la gattina in mezzo che giocava a prendersi la coda.
«Oh! Cattiva, cattiva piccola peste!» esclamò Alice, prendendo in braccio la gattina e dandole un bacetto per farle capire che era arrabbiata con lei. «È questa la buona educazione che Dinah ti ha dato? E tu, Dinah, è così che si allevano i figli?» aggiunse, lanciando un’occhiata di riprovazione alla vecchia gatta e facendo la voce grossa - poi si arrampicò di nuovo sulla poltrona, portando con sé la gattina e la lana, e si mise a rifare il gomitolo. Il lavoro non procedeva troppo veloce, dato che Alice parlava tutto il tempo, a volte con la gattina, a volte fra sé e sé. Kitty le stava seduta in grembo tutta compunta, facendo finta di controllare come procedeva il lavoro, e solo di tanto in tanto allungava una zampina per toccare delicatamente il gomitolo, come per dire che l’avrebbe aiutata volentieri, se avesse potuto.
«Sai che giorno è domani, Kitty?» cominciò Alice. «Non lo sai perché non sei venuta alla finestra con me - ma Dinah ti stava lavando il muso, e non hai potuto. Ho visto i ragazzi che raccoglievano legna per il falò… e quanta ce ne vuole, Kitty! Ma poi faceva troppo freddo e aveva nevicato così tanto che hanno dovuto smettere.
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