«Una collina non può essere una vallata. È un nonsenso -».
La Regina Rossa scosse il capo. «Puoi anche chiamarlo un “nonsenso”, se vuoi» disse, «ma io ho sentito certi nonsensi in confronto dei quali questo sarebbe sensato come un vocabolario!»
Alice fece un altro inchino, poiché il tono della Regina le aveva fatto temere di averla un po’ offesa; poi si incamminarono in silenzio e presto ebbero raggiunto la cima della collina.
Per qualche minuto Alice rimase zitta a guardare la campagna tutt’attorno - una campagna davvero curiosa. C’erano tanti graziosi ruscelletti che la percorrevano dritti dritti da una estremità all’altra e le strisce di terreno che ne risultavano erano suddivise in quadrati con delle piccole siepi verdi che andavano da un ruscello all’altro.
«Parola mia, è fatta in modo da assomigliare a un’enorme scacchiera!» dichiarò infine Alice. «Mancano solo degli uomini che si muovano in su e in giù - ma ci sono!» aggiunse deliziata, e il cuore prese a batterle forte forte per l’eccitazione, mentre riprendeva a parlare. «È un’enorme partita a scacchi quella che stanno giocando - sopra il mondo intero - ammesso che questo sia il mondo, naturalmente. Oh, com’è divertente! Come vorrei esserci anch’io! Non mi importerebbe di essere una Pedina, pur di poter giocare - anche se naturalmente mi piacerebbe di più essere una Regina».
Lanciò un’occhiata timorosa alla vera Regina nel dire questa cosa, ma la sua compagna fece solo un sorriso compiaciuto e disse: «Non è difficile. Puoi fare la Pedina della Regina Bianca se vuoi, perché Lily è troppo piccola per giocare; parti dalla Seconda Casella, e quando avrai raggiunto l’Ottava diventerai Regina -». In quel preciso istante, chissà come, si misero a correre.
Alice non riuscì mai a capire bene, neppure ripensandoci in seguito, come avessero cominciato: tutto quello che ricordava era che correvano tenendosi per mano e la Regina andava così veloce che per starle dietro doveva mettercela tutta, ma la Regina continuava a gridare, «Più svelta! Più svelta!» e Alice non poteva andare più forte di così, perché non le restava nemmeno il fiato per dirglielo.
L’aspetto più curioso della faccenda era che gli alberi e tutte le altre cose attorno restavano sempre fermi allo stesso posto: per quanto corressero, era come se non superassero mai nulla. «Può essere che tutte le cose si muovano assieme a noi?» pensava la povera Alice, assai perplessa. E la Regina, come se indovinasse i suoi pensieri, le gridò: «Più svelta! Non cercare di parlare!»
Non che Alice ne avesse alcuna intenzione. Le pareva anzi che non avrebbe mai più potuto parlare, tanto le mancava il fiato; ma la Regina continuava a gridare: «Più svelta! Più svelta!» e se la trascinava dietro. «Siamo quasi arrivati?» finalmente riuscì a dire Alice, ansimando.
«Quasi!» ripeté la Regina. «Vedi, ci siamo passati davanti solo dieci minuti fa. Più svelta!» E per un po’ corsero in silenzio, col vento che fischiava nelle orecchie e faceva volare i capelli all’indietro con tanta forza che quasi glieli strappava dalla testa, pensava Alice.
«Ci siamo! Ci siamo!» gridò la Regina. «Più svelta! Più svelta!» E andavano così forte che alla fine sembrava che fendessero l’aria quasi senza toccare il suolo coi piedi, finché d’improvviso, proprio quando Alice era ormai del tutto esausta, si fermarono, e lei si ritrovò seduta per terra, senza più fiato e col capogiro.
La Regina l’appoggiò con la schiena a un albero e le disse gentilmente: «Ora ti puoi concedere un breve riposo».
Alice si guardò attorno sbalordita. «Ehi, ma siamo rimaste per tutto il tempo sotto quest’albero! È tutto esattamente com’era prima!»
«Certo» rispose la Regina. «Che cosa ti aspettavi?»
«Be’, nel nostro paese» disse Alice, ancora un po’ trafelata, «di solito si arriva da qualche altra parte - quando si corre per tutto il tempo che abbiamo corso noi».
«Ma che paese lento!» esclamò la Regina. «Qui, invece, ti tocca correre più forte che puoi per restare nello stesso posto. Se vuoi andare da qualche altra parte, devi correre almeno due volte più forte».
«Non ci tengo proprio, grazie» ribatté Alice. «Qui ci sto più che bene - ma fa così caldo e ho tanta sete!»
«So io quel che ti ci vuole!» disse la Regina amorevolmente, cavandosi di tasca una scatoletta. «Lo vuoi un biscotto?»
Alice pensò che sarebbe stato sgarbato rifiutare, anche se non era affatto quello che le ci voleva. Perciò lo prese e in qualche modo riuscì a mangiarlo: era molto secco, e le parve di non essere mai stata tanto vicina a strozzarsi in vita sua.
«Mentre ti rifocilli» disse la Regina, «io prendo le misure». E si tolse dalla tasca un nastro con i segni dei centimetri, e cominciò a misurare il terreno, piantando dei pioli qua e là.
«A due metri di distanza» disse, mettendo un piolo per fissare il punto, «ti darò le istruzioni - vuoi un altro biscotto?»
«No, grazie» rispose Alice, «uno è più che sufficiente!»
«Passata la sete, eh?» disse la Regina.
Alice non sapeva cosa risponderle, ma per fortuna la Regina non aspettò la risposta, e continuò. «A tre metri di distanza, te le ripeterò - per paura che te le scordi. A quattro metri, ti saluterò. E a cinque, me ne andrò!»
Nel frattempo aveva messo tutti i pioli, e Alice la seguì con lo sguardo, vivamente interessata, mentre quella tornava verso l’albero, e poi di nuovo s’incamminava lungo la fila.
Arrivata al piolo dei due metri, si volse e disse, «Una pedina avanza di due caselle alla prima mossa, come già sai. Perciò tu passerai attraverso la Terza Casella molto rapidamente - col treno, direi - e ti troverai alla Quarta Casella in un lampo. Orbene, quella casella appartiene a Tuidoldàm e a Tuidoldìi - la Quinta è quasi tutta acqua - la Sesta appartiene a Humpty Dumpty - Ma non dici niente?»
«Io - non sapevo - di dover parlare - proprio ora» balbettò Alice.
«Avresti dovuto dire» aggiunse la Regina, con un tono di grave rimprovero: «”È stato veramente gentile da parte sua dirmi tutte queste cose» - comunque, facciamo conto che tu l’abbia detto - la Settima Casella è tutta una foresta - ma ci sarà un Cavaliere che ti indicherà la strada - e all’Ottava Casella saremo Regine insieme e faremo una bella festa e ci divertiremo!» Alice si alzò in piedi e fece un inchino, e poi si rimise seduta.
Al piolo seguente, la Regina si volse di nuovo, e questa volta disse: «Se non ti viene in mente il nome di una cosa, mettiti a parlare in francese - tieni la punta dei piedi rivolta in fuori quando cammini - e ricordati chi sei!» Non aspettò che Alice facesse l’inchino, questa volta, ma raggiunse rapidamente il piolo seguente, dove si volse per un attimo, disse: «Arrivederci», e si affrettò verso l’ultimo.
Come successe, Alice non lo seppe mai, ma appena fu arrivata all’ultimo piolo, scomparve. Forse era svanita nel nulla, o forse si era messa a correre verso il bosco («e certo sa correre molto forte!» pensò Alice), chi poteva saperlo? Sta di fatto che era sparita, e Alice cominciò a ricordarsi di essere una Pedina e che presto sarebbe toccato a lei muoversi.
CAPITOLO III · GLI INSETTI DELLO SPECCHIO
Naturalmente la prima cosa da fare era di passare bene in rassegna il paese attraverso il quale avrebbe viaggiato.
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