A prendere il comando fu l’ufficiale più anziano. Sotto la sua guida la nave nemica venne alla fine catturata e, pur molto danneggiata, si riuscì a portarla, con rara fortuna, a Gibilterra, un porto inglese non molto distante dal teatro della battaglia. Lì, insieme agli altri feriti, venne sbarcato il capitano Vere. Per qualche giorno si trascinò, ma giunse la fine. Purtroppo fu falciato troppo presto per il Nilo e Trafalgar. Lo spirito che, malgrado la sua filosofica austerità, forse si era abbandonato alla più segreta di tutte le passioni, l’ambizione, non attinse mai la pienezza della fama.
Non molto prima della morte, mentre giaceva sotto l’influenza di quella droga magica che, lenitrice del fisico, opera in modo misterioso sull’elemento più sottile dell’uomo, lo si sentì mormorare parole incomprensibili per il suo attendente:
— Billy Budd, Billy Budd. — Che non fossero queste le parole del rimorso parve chiaro, da quanto disse l’attendente, all’ufficiale anziano della fanteria di marina sulla Bellipotent, lui che, il più riluttante alla condanna fra gli uomini della corte marziale, sapeva fin troppo bene, sebbene lo tenesse per sé, chi fosse stato Billy Budd.
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Alcune settimane dopo l’esecuzione, fra i vari temi trattati sotto il titolo Notizie dal Mediterraneo, apparve in una cronaca navale del tempo, una pubblicazione settimanale ufficiale, un resoconto della vicenda. Non c’è dubbio che fosse in gran parte scritto in buona fede, sebbene il veicolo tramite il quale i fatti devono aver raggiunto il cronista fosse costituito in parte da dicerie, atte a distorcerli e in parte a falsificarli. Ecco il resoconto:
— Il 10 del mese scorso, a bordo della nave di Sua Maestà Bellipotent, si verificò un deplorevole episodio. John Claggart, il maestro d’armi, scoprendo che in una sezione inferiore dell’equipaggio covava un complotto e che il caporione era un certo William Budd, egli – Claggart – nell’atto di accusare l’uomo al cospetto del capitano, fu per vendetta pugnalato al cuore dal coltello di Budd, estratto all’improvviso.
«Il fatto e l’arma usata sono prove bastanti che, sebbene arruolato sotto un nome inglese, l’assassino non era inglese, bensì uno di quegli stranieri che adottano cognomi inglesi e che, per le attuali esigenze eccezionali di servizio, sono stati immessi in numero considerevole nella marina.
«L’enormità del delitto e l’estrema malvagità del criminale appaiono ancora più grandi, se si considera il carattere della vittima, un uomo di mezza età, rispettabile e discreto, appartenente a quella classe di ufficiali minori, i sottufficiali, dai quali – e nessuno lo sa meglio dei signori ufficiali – dipende in così larga misura l’efficienza della flotta di Sua Maestà. Il suo era un compito di responsabilità, oneroso e insieme ingrato; la sua dedizione ancora più grande perché dettata da un forte slancio patriottico. In questo caso, come in molti altri al giorno d’oggi, il carattere di quest’uomo sfortunato confuta in modo esemplare, se mai fosse necessario confutarlo, quell’impertinente detto attribuito al defunto dottor Johnson, che il patriottismo è l’ultimo rifugio delle canaglie.
«Il criminale ebbe la giusta punizione per il delitto. La prontezza della sanzione si è rivelata salutare. Non si temono disordini a bordo della Bellipotent.
Quanto sopra, apparso in una pubblicazione ora da lungo tempo sorpassata e dimenticata, è tutto ciò che rimane nelle cronache umane a testimoniare che uomini fossero rispettivamente John Claggart e Billy Budd.
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Ogni cosa è venerata per un certo tempo in marina. Tutti gli oggetti tangibili collegati con qualche clamoroso episodio della sua storia diventano monumenti. Per alcuni anni i marinai non persero di vista il pennone al quale era stato impiccato il gabbiere. Continuarono a seguirne le tracce dalla nave all’arsenale e di nuovo dall’arsenale alla nave, senza perderlo di vista neppure quando alla fine fu ridotto a un semplice asse di cantiere. Per loro un frammento di quel pennone equivaleva a un pezzetto della Croce. All’oscuro come erano delle circostanze segrete della tragedia, pur convinti che, da un punto di vista militare, la pena inflitta fosse inevitabile, sentivano istintivamente che Billy era il tipo d’uomo incapace di ammutinamento e di omicidio premeditato. Ricordavano l’immagine giovane e fresca del Bel Marinaio, quel volto mai sfigurato dal sogghigno o da perfidi e vili ghiribizzi del cuore. Un’impressione, questa, indubbiamente intensificata dal fatto che se ne era andato, e in certo modo andato misteriosamente. Sui ponti di batteria della Bellipotent la considerazione generale per la sua natura e per la sua inconsapevole semplicità trovò alla fine rude espressione per mezzo di un altro gabbiere, un uomo del suo stesso turno di guardia, dotato, come lo sono a volte i marinai, di un istintivo temperamento poetico. Quella mano impeciata compose dei versi che, dopo essere circolati per qualche tempo fra le ciurme, alla fine vennero rozzamente stampati a Portsmouth in forma di ballata.
Il titolo fu quello dato dal marinaio:
BILLY IN CEPPI
Bravo il cappellano nella Baia Solitaria entrò e giù sulle ginocchia cadde e pregò per quelli come me, Billy Budd. Ma guarda: attraverso il portello, sghimbescio viene il chiar di luna terso! Sfiora la sciabola della guardia e inargenta questo angolino; ma Billy morirà nell’ultimo giorno, al mattino.
A Molly di Bristol diedi un orecchino: domani così un gioiello sarò alla corda tesa, perla al pennone appesa.
Oh, sospenderanno me, non il verdetto.
Ahi, ahi, tutto è a posto, anch’io devo essere a posto, di mattina presto, da qui in basso sarò eretto.
A stomaco vuoto non son disposto, Mi daranno un boccone prima che vada, un pezzo di biscotto.
Sicuro, un compagno mi darà la tazza di addio; ma alla ghinda e alla caviglia volgendo la testa da sotto, chi mi tirerà su, non lo so io! Niente fischietto alle drizze. Ma non è tutta una finta? Un velo nei miei occhi; sto sognando.
Un’accetta al mio gherlino? Andrò alla deriva? Il tamburo rullerà per il grog e Billy non arriva? Ma Donald ha promesso di stare accanto alla bordatura; così gli stringerò la mano prima della sepoltura.
Ma, no! Mi vien da pensare: la mia morte sarà sicura.
Ricordo quando andò a fondo Taff il gallese, E come fiori in boccio erano le guance accese.
Me mi legheranno alla cuccetta, in fondo finirò, Giù, giù, dormendo sodo, come sognerò! Sento che si fa avanti. Sentinella, sei lì? Allentami i ceppi al polso qui, rivoltami bene! Ho sonno e le viscide alghe mi si attorcigliano intorno.
APPENDICE
L’anno di grazia 1797, l’anno di questa storia, appartiene a un periodo che, come sanno tutti gli studiosi, rappresentò per la Cristianità una crisi, non superata nella sua importanza, a quel tempo non valutabile, da nessun’altra documentata. La promessa dello Spirito di quei Tempi annunciava che si sarebbe posto rimedio ai soprusi atavici del Vecchio Mondo. In Francia questo fu in parte conseguito con spargimento di sangue. Ma poi? La rivoluzione si trasformò ben presto in un’oppressione più dispotica e tiranna dei monarchi. Sotto Napoleone, innalzò al trono reale uomini fattisi dal nulla e diede avvio a quella conflittualità prolungata di guerre continue che conobbe lo spasimo finale a Waterloo. In quegli anni neppure i saggi più lungimiranti avrebbero potuto prevedere che tutto sarebbe sfociato in una situazione chiaramente individuata per alcuni pensatori: un’avanzata politica degli europei su tutta la linea.
Ora, come suggerito altrove, fu qualcosa dello Spirito Rivoluzionario che a Spithead imbaldanzì l’equipaggio della nave da guerra a sollevarsi contro soprusi veri e inveterati e poi al Nore ad avanzare richieste disordinate e aggressive, alle quali si rispose con sicura efficacia soltanto quando furono impiccati i caporioni con pubblica esecuzione, a monito e ammaestramento della flotta all’ancora.
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