Si sentiva vecchio e ancora più vecchio accanto alla vecchia moglie e al giovine figliuolo. Quando aveva al braccio la moglie doveva rallentare il passo e quando camminava accanto al figliuolo sentiva che questi doveva rallentarlo. Lo circondavano di tutto il rispetto. Dacché era stato ammalato la moglie aveva conservato il fare dell'infermiera che aboliva ogni istinto di cavalleria da parte dell'uomo. Il figliuolo poi aveva tutto il rispetto per il padre, ma lo educava e lo correggeva quando egli, spinto dalla sua fervida fantasia, inventava etimologie non basate su alcuna scienza o spostava o svisava fatti storici, mentre il giovinetto, che pur tanto aveva stentato a finire il Liceo, ricordava il suo greco e latino che il signor Aghios mai aveva conosciuti e sapeva - come sua madre - esattamente quello che sapeva. E non è mica comodo di essere un padre che ha torto!
Ma non era tutto qui, benché fosse abbastanza importante per il signor Aghios di essere lasciato nei suoi vecchi anni interamente in pace, interamente cioè compresa la sua ignoranza, nella quale viveva da tanti anni da farne la base della vita.
Ogni malessere che sentiva il signor Aghios lo diceva vecchiaia, ma pensava che una parte di tale malessere gli venisse dalla famiglia. Sta bene che vecchio come ora non era mai stato, ma mai s'era sentito, oltre che vecchio, anche tanto ruggine. E la ruggine proveniva sicuramente dalla famiglia, l'ambiente chiuso ove c'è muffa e ruggine. Come non irrugginire in tanta monotonia? Vedeva ogni giorno le stesse facce, sentiva le stesse parole, era obbligato agli stessi riguardi e anche alle stesse finzioni, perché egli tuttavia accarezzava giornalmente sua moglie che certamente lo meritava. Persino la sicurezza di cui si gode in famiglia addormenta, irrigidisce e avvia alla paralisi.
Si sarebbe egli sentito più forte all'aria rude fuori della famiglia? Il breve viaggio sarebbe stato un esperimento, perché i suoi affari gli avrebbero fornito il pretesto ad altri viaggi. Certo non sperava di divenire tanto vivo come nel suo ultimo viaggio a Londra, ove aveva soggiornato varii mesi, vent'anni prima, senza la moglie ch'era stata allora una giovanissima madre.
Aveva sofferto allora orrendamente della solitudine. C'era stata da lui un'impazienza irosa della sfiducia e dell'indifferenza da cui si sentiva circondato. Guardava con invidia e desiderio la vita intensa che lo circondava e respingeva. Una volta, nella stanza di lettura dell'albergo, s'era messo a leggere solitario quando fu avvicinato da un bel ragazzo roseo, di dieci anni circa, che gl'indirizzò delle parole ch'egli non intese affatto, perché si capisce che l'inglese dei bambini è il più difficile. Il signor Aghios si commosse al trovare finalmente un amico. Gli parlò e parve anche che il fanciullo intendesse perché rispose con molte più parole di quelle avute. Disgraziatamente tutte in inglese! E per avvicinarsi a lui, visto che la parola non serviva, il signor Aghios gli accarezzò i biondi capelli. Ma allora apparve alla porta della sala un signore che parve indignato che il bambino suo avesse da fare con uno straniero: “Philip! Come along!” esclamò e il bambino subito s'allontanò, dopo di aver gettata un'occhiata spaventata sulla persona cui aveva dimostrato fiducia e da cui certamente poteva derivargli un pericolo, visto che con tanta premura da essa lo si allontanava.
E il dolore iracondo della solitudine danneggiò anche i suoi affari, perché il signor Aghios finì col considerare quali nemici tutti i suoi clienti. E ci fu anche di peggio, perché il sobrio virtuoso signor Aghios, per sentirsi più animato ricorse all'uso dell'assenzio, una bibita che sostituisce benissimo l’amicizia e la conversazione. Non ne prese troppo, ma abbastanza da procurargli dei disturbi nervosi che cessarono quando, rimpatriato, rientrò felice nella vita familiare che rese superfluo ogni altro stimolo da principio.
Ma il dolore ricordato non è sempre dolore. Ora egli vi sentiva la vita intensa. Oh! Se si avesse potuto ricreare tutta quell'impazienza e quel dolore! Quale rinnovamento di vita! La vita non può essere che sforzo, risentimento e attesa di gioia! Egli era circondato da troppi amici, che, se anche talvolta lo ferivano, non gli consentivano una vera ribellione. Aveva bisogno di vivere fra ignoti e magari nemici. Ricordava con ammirazione la sua ribellione alla Granbretagna. Aveva studiato questioni politiche ed economiche solo per poter aggredire il grande Impero, il quale aveva un'organizzazione quasi perfetta, ma non perfetta del tutto e non si sentiva capace del piccolo sforzo per arrivare alla perfezione. E il ritorno in Italia fu anch'esso un viaggio animato dalle più alte speranze. Fra l'altro bagaglio egli portava seco anche un piccolo pacchetto contenente un po' di terra raccolta a Londra nelle vicinanze di un terreno roccioso. Di quel pacchetto, che il signor Aghios teneva umido, nessuno sapeva fuori dell'agente del dazio a Chiasso, ch'era stato in procinto di fermare il viaggiatore e mandare all’analisi quella terra. Costui, pagato dal Governo, stava per impedire la fortuna d'Italia! Il signor Aghios sorrideva pieno di affetto al ricordare la propria grande ingenuità. Anche l'ingenuità è vita, anzi, il vero esordio fresco fragrante della vita.
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