Questo era il mondo d'allora, quando a questo mondo si era in meno. Che dopo il mondo si sia allungato e allargato? E il vecchio era stato tenuto al suo posto e impedito di andar a comperare il vaglia dal rancore di essere nato in un mondo più difficile.
“Già, adesso non c'è più tempo. Sta sicura che per il denaro non c'è pensiero. Addio!” e le offerse il bacio dell'addio. Essa si lasciò baciare sulla guancia e lo baciò poi anche lei sulla guancia. Egli si guardò d'intorno cercando di trovare un altro segno d'affetto da darle. Trovò! Le prese la destra e la portò alle labbra. Era lietissimo di aver trovato. La solitudine a cui s'avviava sarebbe stata abbellita da tale congedo.
Egli s'accinse di montare sul vagone dimenticando di prendere la valigetta che il facchino aveva deposta in terra. Essa la sollevò e gliela porse ridendo molto. Per scusarsi il signor Aghios mormorò: “È il facchino che l'ha lasciata lì. Non trovavo il treno...”
La signora Aghios rise ancora: “E come arriverai a Trieste senza il facchino?”.
Era destino! Dovevano dividersi in broncio.
Il signor Aghios di malavoglia rispose: “Il difficile è di trovare il treno. Poi non lo guido mica io”.
E la signora, sempre ridendo insistentemente: “Per fortuna!” disse.
Non c'era più il tempo di pensare ad una risposta. Avrebbe subito potuto dire che neppure lei avrebbe saputo dirigere il treno, poi che non era tanto difficile perché c'erano le rotaie e infine che la valigetta non conteneva niente d'importante, ma non disse niente. Era meglio sorriderle ancora una volta e andare via in pace. Ma il rancore c'era nell'animo suo ed era male. Saltò esitante nel vagone. Nel corridoio del vagone era difficile di muoversi, ma con decisione giovanile il signor Aghios con la valigetta in mano si fece posto ed arrivò alla prossima finestra che aperse. Il treno in quel momento si mise in moto.
Il signor Aghios chiamò la moglie che aveva continuato a guardare la porta per la quale egli era sparito. Essa corrispose vivamente al suo saluto. La banchina era ormai deserta. Egli per un istante stornò gli occhi dalla moglie per guardare il posto ove era giaciuto il bagaglio dei contadini. Quel bagaglio era sparito e chissà che fatica per farlo entrare nel vagone. Poi ritornò con l'occhio alla moglie che aveva levato di tasca il fazzoletto e gli faceva dei vivi segni di saluto. Corrispose al suo saluto mandandole un bacio. La fine elegante figura della moglie che da vicino si scorgeva un po' disseccata dall'età, ora, come il movimento del treno aumentava la distanza fra di loro, gli appariva veramente graziosa con quel velo roseo che, puntato sul cappello, si muoveva nella brezza. E, avviandosi alla sua solitudine, guardando quella figura snella, volle avere il pensiero preciso e sincero e pensò: “Più m'allontano da lei e più l'amo”. Poi si sentì la coscienza tranquilla. Per il momento, insomma, egli si trovava in ordine con la legge umana e divina, perché egli, sinceramente, amava la propria donna.
Per vederla più a lungo si sporse dalla finestra. Vedeva bene? La moglie portava la mano al cuore con gesto esagerato.
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