Appena vide Alberto si fece rossa rossa.

“Buon dí, cugina!” Ella gli sorrise dolcemente, e gli porse la mano calda e febbrile.

“Sempre l’ultima!” disse ridendo Velleda, che scendeva di corsa infilandosi i guanti. “Il mio cappellino non voleva saperne di star fermo! Che hai? Come sei pallida!”

“Ho dormito male” rispose Adele tornando ad arrossire.

Alberto sentí balzarsi il cuore in petto.

Lo zio Bartolomeo sopraggiunse in tempo, come se avesse avuto l’intuizione delle situazioni delicate.

“Andiamo, figliuoli, che il sole è già alto.”

“Come sei bella oggi!” disse Velleda all’Adele, allorché furono sole.

Scorse in tal modo una settimana. Velleda sorprese piú volte la sua amica cogli occhi pieni di lagrime:

“O cos’hai?” le domandava.

“Nulla, ho il cuore troppo pieno.”

Lo zio Bartolomeo, da uomo che sa far le cose, avea preparato al nipote una grata sorpresa. La domenica successiva giunse da Pistoia anche Gemmati, e la sera ci fu gran veglia alla villa Forlani. Vennero dei vicini, il notaio Zucchi colla sua signora, ed altri tre o quattro. La serata scorse rapidamente in cosí bella compagnia; Alberto vicino al suo amico fu piú allegro del solito, ed anche chiassone; Gemmati era un bel giovanotto, tagliato un po’ grossolanamente, ma gioviale spiritoso e simpatico; Velleda, che sapeva annoiarsi con garbo, come una signorina ammodo, pestò sul piano tutto quello che vollero; Adele fece vedere l’album alla signora Zucchi, e voltò le pagine a Velleda; Alberto l’aiutò di tanto in tanto, per avere il pretesto di starle vicino, di toccare la sua veste o la sua mano nel voltare i fogli; poi le tenne il broncio perché ell’era gaia e spensierata, non cercava di guardarlo negli occhi, discorreva col primo venuto, ed evitava che le loro mani s’incontrassero. Andò a sedere su di un canapè, rannuvolato in viso, e lanciandole di tempo in tempo occhiate di fuoco. L’Adele che vedeva tutto cotesto armeggío come lo vedono le ragazze, colla coda dell’occhio, se la godeva ch’era un gusto.

La signora Zucchi, che la pretendeva ad elegante di provincia, si dava un gran da fare per mostrarsi disinvolta, ed era sempre in moto, ora ad annoiare il signor Forlani che giocava a scacchi col notaio, ora ad interrompere Velleda mentre suonava, ora a far la bambina con Adele, o la civettuola con Gemmati. Finalmente si pose a sedere sul canapè dove era il marchesino, facendo mille moine per attirarsi l’attenzione del bel biondo, che se ne stava rincantucciato all’altra estremità del canapè, con un certo viso da far credere che fosse in collera colla signora Zucchi.

Uno dei vicini aveva recato una gran notizia: si aspettava la contessa in villa Armandi - la bella contessa Emilia dicevasi.

“Non dev’esser piú giovanissima la bella contessa!” disse l’elegante signora Zucchi.

“Tutta Firenze parla di lei, e piú d’uno ha fatto delle pazzie…”

“Grazie tante!…” rispose la Zucchi assettandosi virtuosamente sul canapè. “Se non è che questo!…”

Il signor Forlani tossí; Velleda suonò un accordo fragoroso che non era segnato sulla carta, e Adele spalancò tanto d’occhi. Anche il notaio borbottò prudentemente: “Hum! hum! tutti i matti non sono all’ospedale!…”.

11

Velleda avea smesso di suonare; Gemmati stava a discorrere con lei sottovoce, ella l’ascoltava, sorridendo a fior di labbro qualche volta. Poi Gemmati s’era avvicinato all’Adele e s’era dato a parlare con lei.

Alberto sentiva non so qual dispetto, né sapeva egli stesso contro di chi; ma guardava di sottecchi la cugina che non si occupava di lui com’egli avrebbe voluto. Infine si alzò, e andò a mettersi accanto alla signorina Manfredini. Costei levò gli occhi dalle fotografie, lo fissò con sicurezza da regina, sí che dovette chinare gli occhi pel primo.

“È un simpatico giovane il suo amico” gli diss’ella.

“Simpatico assai.”

Èlla si rimise a sfogliare l’album; il giovane cercò cogli occhi Gemmati, e lo vide presso il caminetto, discorrendo con Adele che rideva come una pazzerella. Egli si fece rosso e si mosse bruscamente per andarsene, ma invece d’infilare l’uscio ch’era dietro le sue spalle trovò piú corto di fare il giro del giardino per andare in camera sua, e dovette passare cosí vicino alla cugina da darle quasi uno spintone col gomito.