Talvolta Marianne, dopo averlo visto a teatro o in qualche altro posto in compagnia dell’amante, aveva persino avuto parole di lode e quasi di ammirazione per il gusto fine e discreto di lei. Poiché avevano smesso da tempo di giudicare Robert col metro della mentalità borghese ed egli, fin dall’inizio della relazione con Alberta, poteva aver suscitato in coloro che gli erano vicini una impressione di maggiore serenità e felicità rispetto agli anni precedenti, non dubitava che la famiglia non avrebbe visto di malocchio un suo matrimonio con Alberta. Nessuno, neppure Marianne, poteva immaginare che lui poi avesse commesso la sciocchezza di cedere a un altro quella graziosa creatura senza opporre resistenza, e la cosa in quel momento sembrò a lui stesso più che mai inconcepibile.
Tentò di richiamare alla memoria l’ultimo colloquio con Alberta. Si ricordò delle proprie iniziali osservazioni scherzose sull’americano, dello strano silenzio di lei, del suo sorriso, e infine della rivelazione improvvisa e per lui del tutto imprevista che lo straniero aveva chiesto di sposarla. Si ricordò ancora con molta esattezza di aver avuto per un attimo la sensazione di dover cadere a terra svenuto o colpire Alberta con uno schiaffo in faccia. Ma aveva continuato a recitare la parte dell’uomo sereno e superiore, consigliando ad Alberta, in tono paterno e amichevole, di accettare quella proposta, poiché non voleva esserle di ostacolo per la sua sistemazione futura. Così alla fine erano rimasti intesi che lei quella sera stessa avrebbe comunicato il suo consenso all’americano e Robert sarebbe partito da solo il giorno successivo senza più rivederla. Robert si ricordò anche molto chiaramente di aver pagato il suo conto alle sei del mattino e, con un senso non proprio spiacevole di liberazione, di essere sceso verso il lago percorrendo il sentiero di montagna, dopo aver gettato un ultimo sguardo, appena malinconico, alla finestra dietro le cui tendine chiuse forse Alberta stava ancora dormendo.
Ma la cosa che non riusciva a ricordare affatto era il momento in cui aveva preso definitivamente congedo da Alberta. Si vedeva ancora con lei in uno stretto sentiero che, diramandosi dalla strada più larga, conduceva nel fitto del bosco; si rammentò anche che più tardi, quando ormai era buio, solo e colto da una pesante stanchezza si era seduto su un tronco d’albero; ma non aveva più la minima idea di come avesse ritrovato la strada dell’albergo, di cosa avesse fatto nella sua stanza, come fosse andato a letto e si fosse alzato la mattina seguente. La memoria riprendeva solo dal momento in cui aveva pagato il conto nella hall dell’albergo, dove in quel momento stavano spazzando il pavimento. A un tratto, preso da un’angoscia tormentosa, si domandò se il colloquio con Alberta, dopo quella conclusione all’apparenza tranquilla di cui conservava memoria, non avesse per caso avuto una continuazione di tutt’altra specie, che in quel momento gli sfuggiva; si domandò se non l’avesse davvero colpita -
travolto da selvaggia gelosia - o addirittura strozzata e poi nascosta e seppellita sotto il fogliame marcio. Solo una cosa era sicura: era andato con lei nel bosco ed era tornato senza di lei; non aveva mai saputo se Alberta fosse ritornata più tardi da sola. Se non era rientrata, in albergo certamente se ne sarebbero accorti, ma poteva mai immaginare quali abili bugie lui stesso avesse inventato e raccontato per giustificare l’assenza di lei? Se, come ritenne a un tratto possibile, aveva commesso un assassinio in uno stato di coscienza crepuscolare, allora tutto era parimenti possibile: per prima cosa che avesse messo in atto astuzie e raggiri di ogni sorta per mascherare il proprio delitto.
Era cosciente che tutte quelle idee e considerazioni si erano susseguite nella sua mente nel giro di pochi secondi. Ma quando vide che Marianne lo osservava con uno sguardo che tradiva inequivocabilmente la sua apprensione, sentì di essere diventato pallido come un morto; e pensò che la cosa più importante era non tradirsi. Con un enorme sforzo di volontà riuscì a conferire al suo volto un’espressione tranquilla e pregò Marianne di scusarlo col fratello, poiché aveva fretta di andare nel quartiere di Wieden per rivedere un appartamento che era possibile visitare solo fino a una certa ora. «Per domani però mi invito di nuovo a pranzo da voi, a meno che» aggiunse in fretta «non mi decida davvero ad andare per qualche giorno sul Semmering». «Spirito inquieto» esclamò Marianne salutandolo mentre si allontanava.
Quando uscì dal portone, dall’altra parte della strada, davanti a una grande vetrina che ne rifletteva l’immagine, un signore che fumava un sigaro ed era vestito con un’eleganza dubbia e sospetta, si voltò con sorprendente rapidità quando Robert lo fissò negli occhi.
Siamo a questo punto? pensò Robert per un attimo. Ma poi rise.
Sarebbe davvero una bella novità, disse fra sé, essere arrestato e trascinato in giudizio a causa di un’idea delirante. Poiché in quel momento era di nuovo pienamente convinto che poco prima era stato assalito soltanto da stupide ubbìe. Ma non doveva tuttavia, per precauzione, scrivere in Svizzera alla direzione dell’albergo? Non foss’altro per avere una conferma sicura, da opporre a eventuali sospetti, che quella sera anche Alberta era rientrata ed era partita il giorno dopo in compagnia di un altro uomo. Gettò uno sguardo di lato. Quello strano signore elegante era sparito.
Robert si rimise in cammino e si sforzò di pensare a qualcosa di irrilevante. Cercò di richiamare alla memoria il contenuto del suo ultimo lavoro - sulla statistica dell’istruzione elementare nella Bassa Austria - e lo tranquillizzò il constatare che alcuni particolari, ai quali non aveva più pensato da mesi e che in effetti non lo avevano mai interessato gran che, si presentassero oggi con la più grande chiarezza alla sua mente riposata.
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