Poi c’era da pensare all’istruzione (certo, forse la signora Ramsay aveva una sua rendita) per non parlare della quotidiana usura delle scarpe e delle calze di cui quei “ragazzoni”, tutti giovani alti, angolosi, scatenati, dovevano aver bisogno. 

Quanto a distinguerli uno dall’altro, o a sapere in quale ordine si seguissero, era superiore alle sue forze. Tra sé e sé li chiamava con i soprannomi dei re e delle regine inglesi; Cam la Perfida, James il Temerario, Andrew il Giusto, Prue la Bella — perché Prue sarebbe stata bella, pensava, come avrebbe potuto non esserlo? — e Andrew sarebbe stato saggio. Mentre camminava lungo il sentiero e Lily Briscoe diceva sì o no e approvava i suoi commenti (poiché era innamorata di loro tutti, era innamorata del mondo intero) soppesava il caso di Ramsay, si doleva per lui, lo invidiava, come se lo avesse veduto spogliarsi delle glorie della solitudine e dell’austerità che lo avevano incoronato in gioventù per appesantirsi irrimediabilmente di ali palpitanti e pigolante domesticità. Gli davano qualcosa — Bankes lo riconosceva; sarebbe stato piacevole se Cam gli avesse infilato un fiore nella giacca o gli si fosse arrampicata sulla spalla, come faceva con il padre, per guardare un quadro dell’eruzione del Vesuvio; ma avevano anche, i suoi vecchi amici non potevano non sentirlo, distrutto qualcosa. Che cosa avrebbe pensato ora un estraneo? Che cosa pensava Lily Briscoe? Era possibile non notare che si lasciava prendere dalle abitudini? forse da eccentricità, debolezze? Era stupefacente che un uomo della sua intelligenza potesse abbassarsi come faceva — ma l’espressione era troppo dura — potesse dipendere tanto dalla lode della gente. 

«Oh, ma» disse Lily «pensi al suo lavoro!» 

Quando “pensava al suo lavoro”, Lily vedeva sempre con chiarezza un grande tavolo da cucina. A causa di Andrew. Gli aveva chiesto di che cosa parlassero i libri del padre. «Soggetto, oggetto e la natura della realtà» aveva detto Andrew. E quando lei aveva risposto Cielo! non so proprio che cosa significhi, «Allora, pensi a un tavolo da cucina» aveva detto lui «quando non è in cucina.» 

Così, quando pensava al lavoro di Ramsay, vedeva sempre un tavolo da cucina ben pulito. Si trovava ora nell’incavo di un albero di pere, perché avevano raggiunto l’orto. E con un doloroso sforzo di concentrazione, fissò la sua mente non sulla corteccia sbalzata d’argento dell’albero o sulle foglie allungate a forma di pesce, ma su un fantomatico tavolo da cucina, uno di quei tavoli di legno ruvido, nodosi, la cui virtù sembra essere stata messa a nudo da anni di muscolosa integrità, piantato là, con le quattro gambe all’aria. Naturalmente, se si trascorrevano le proprie giornate vedendo forme angolari, riducendo serate incantevoli, con le nuvole rosa e bianche e argentee, a un bianco tavolo d’abete a quattro gambe (e farlo rivelava una mente delle migliori), naturalmente non si poteva venir giudicati una persona come tutte le altre. 

A Bankes piaceva che lei lo avesse esortato a “pensare al suo lavoro”. Ci aveva pensato molto spesso. Infinite volte aveva detto: «Ramsay è uno di quegli uomini che danno il meglio di sé nel lavoro prima dei quarant’anni». Aveva dato un contributo definitivo alla filosofia in un breve libro quando aveva appena venticinque anni; quanto era venuto dopo era più o meno un ampliamento, una ripetizione. Ma il numero degli uomini che danno un contributo definitivo a qualsiasi cosa è molto limitato, disse fermandosi accanto all’albero di pere, ordinato, scrupolosamente preciso, superbamente imparziale. Di colpo, come se il gesto della mano di lui lo avesse liberato, il carico delle impressioni che Lily aveva accumulato su di lui barcollò, e rovesciò in una grossa valanga tutto quel che Lily provava per lui. Quella fu una sensazione. Poi, in una fumata, si innalzò l’essenza del suo essere. Quella era un’altra. Lily si sentì trafitta dall’intensità della sua percezione; era la sua severità; la sua bontà. La rispetto (gli si rivolgeva senza parlare) in ogni atomo; lei non è vanitoso; è perfettamente impersonale; è migliore del signor Ramsay; è la persona migliore che io conosca; non ha né moglie né figli (senza provare alcun desiderio sessuale, voleva intensamente poter confortare quella solitudine), vive per la scienza (involontariamente, le balzarono davanti agli occhi immagini di patate sezionate); le lodi sarebbero un insulto per lei; uomo eroico, generoso, dal cuore puro! Ma nello stesso tempo ricordava che si era portato dietro un cameriere 

personale; che non voleva cani sulle poltrone; che sproloquiava per ore (fino a quando Ramsay usciva dalla stanza sbattendo la porta) sul sale nella verdura e sulla nequizia dei cuochi inglesi. 

Come funzionavano dunque le cose? Come si giudicavano le persone, come si pensava a loro? Come si sommavano i vari elementi e si traeva la conclusione che quello che si provava era simpatia, o antipatia? E che significato avevano dopo tutto quelle parole? In piedi, come paralizzata, accanto all’albero di pere, si riversavano su di lei impressioni di quei due uomini, e seguire il suo pensiero era come seguire una voce che parla troppo in fretta perché sia possibile trascrivere a matita quel che dice, e la voce era la sua stessa voce che diceva senza alcun suggerimento cose innegabili, permanenti, contraddittorie, così che anche le spaccature e le protuberanze sulla corteccia dell’albero erano irrevocabilmente fissate per l’eternità. Lei ha una autentica grandezza, continuava, ma Ramsay non ne ha alcuna. E' meschino, egoista, vanitoso, egocentrico; è viziato; è un tiranno; distrugge la signora Ramsay; tuttavia ha quello che lei (si rivolgeva a Bankes) non ha; un ardente disinteresse per le cose del mondo; non sa nulla delle piccole cose quotidiane; ama i cani e i bambini. Ne ha otto. Lei non ne ha nessuno. Non è forse sceso con due giacche l’altra sera e non ha lasciato che la signora Ramsay gli tagliasse i capelli con una scodella? Tutto questo danzava su e giù, come uno sciame di zanzare, ognuna separata dall’altra ma tutte mirabilmente trattenute in una invisibile rete elastica — danzava su e giù nella mente di Lily, tra i rami dell’albero di pere e attorno ai rami, dove ancora era sospeso in effigie il tavolo da cucina di legno grezzo, simbolo del suo profondo rispetto per la mente di Ramsay, e infine il suo pensiero, che si era andato tessendo sempre più veloce, esplose per la sua stessa intensità; si sentì liberata; là nei pressi risuonò uno sparo, e, volando via dai frammenti, dispersi, in tumulto per lo spavento, giunse uno stormo di stornelli. 

«Jasper!» esclamò Bankes. Si voltarono in direzione del volo degli stornelli, oltre la veranda. Seguendo il volo degli uccelli che si disperdevano veloci nel cielo, attraversarono il varco nell’alta siepe e piombarono su Ramsay, che tuonò con voce tragica: «Qualcuno aveva sbagliato!». 

suoi occhi, appannati dall’emozione, animati da un tragico, intenso sguardo di sfida, incontrarono per un istante i loro, e parvero riconoscerli con un fremito; quindi, alzando la mano verso il viso come a allontanare, a cancellare, in una spasmodica, stizzosa vergogna, il loro sguardo normale, come volesse pregarli di allontanare per un istante quel che sapeva inevitabile, come volesse stampare bene in loro il suo infantile risentimento per l’interruzione, pure, anche nell’istante in cui veniva scoperto, non intendesse cedere a una completa sconfitta, ma fosse risoluto a non rinunciare a alcuna parte di quella deliziosa emozione, quella impura rapsodia di cui si vergognava, ma di cui godeva — si volse bruscamente, sbattè contro di loro la porta della sua intimità; e Lily Briscoe e Bankes, guardando con imbarazzo il cielo, videro che lo stormo di stornelli che Jasper aveva messo in fuga con il fucile si era posato in cima agli olmi. 

5 

«E anche se domani non sarà bello» disse la signora Ramsay alzando lo sguardo a fissare William Bankes e Lily Briscoe mentre passavano «sarà un altro giorno. E ora» disse pensando che tutto il fascino di Lily stava nei suoi occhi da cinese, allungati nel visetto bianco, avvizzito, ma ci sarebbe voluto un uomo intelligente per capirlo «e ora alzati e lasciati misurare la gamba» poiché dopo tutto era possibile che andassero al Faro, e doveva vedere se la calza non doveva essere un po’ più lunga nella gamba. 

Sorridendo, poiché proprio in quell’istante l’aveva colpita un’idea splendida — William e Lily avrebbero dovuto sposarsi — prese la calza color erica, con l’incrocio dei ferri all’imboccatura, e la misurò contro la gamba di James. 

«Stai fermo, caro» disse, perché James, per gelosia, scontento di dover servire da unità di misura per il figlio del guardiano del Faro, si agitava deliberatamente; e se lui si agitava, lei come poteva, chiese, vedere se la calza era troppo lunga o troppo corta? 

Alzò lo sguardo — quale demone lo afferrava, lui, il suo più giovane, il più caro?— e vide la stanza, vide le seggiole, le trovò terribilmente logore. Le viscere, come aveva detto l’altro giorno Andrew, erano sparse sul pavimento; ma d’altro canto a quale scopo, si chiedeva, comprare seggiole nuove perché si rovinassero durante l’inverno quando la casa, custodita soltanto da una vecchia, trasudava letteralmente umidità? Pazienza: l’affitto era di due pence e mezzo; ai ragazzi piaceva; per suo marito era un bene trovarsi a tremila, o se voleva essere precisa, a trecento miglia dalla sua biblioteca e le sue lezioni e i suoi allievi; e c’era spazio per gli ospiti.