Quando devo prevenire i lettori contro la tigre, non devo censurarne lo splendido manto variegato senza privare per questo la tigre delle sue caratteristiche fondamentali. Alla stessa stregua, un uomo che in sé assomma la crudeltà allo stato puro non è affatto un soggetto artistico, e invece di avvincere l’attenzione del lettore ne suscita l’immediata ripulsione. Si vorrebbe voltar pagina e saltare le sue battute. Un animo nobile non è disposto a tollerare a lungo queste acute dissonanze di ordine morale, come l’orecchio si rifiuta di sottoporsi alla tortura di un coltello che incide una lastra di vetro. Sono proprio questi i motivi che mi inducono a sconsigliare, a teatro, l’allestimento di questo dramma. Per farlo è necessario che, da una parte e dall’altra, sia da parte dell’autore che da parte del lettore, ci sia un’autentica forza morale. L’autore non deve né edulcorare né stemperare i contorni del vizio mentre il lettore non deve lasciarsi sopraffare dal lato estetico del vizio dal momento che deve essere in grado di valutare anche l’orrore che ne costituisce l’intima essenza.

Per quanto personalmente mi concerne, lascio che sia un terzo a decidere, benché non mi senta molto tranquillo nei confronti dei miei lettori. La plebe (un concetto in cui non includo soltanto gli spazzini) possiede, diciamolo in confidenza, radici che scendono nel profondo e, sfortunatamente, determinano l’unanimità dei giudizi. Troppo miope per scorgere l’essenza inscindibile del mio Tutto, troppo misera e povera di spirito per comprendere la mia Grandezza, troppo crudele per voler conoscere un’infima parte di ciò che personalmente definisco il Bene, ho paura che finirebbe per distorcere completamente le mie intenzioni. Io temo che possa facilmente sbagliarsi scambiando la mia ferma condanna per apologia del vizio, e che finisca per far scontare amaramente la propria ingenuità al povero autore, cui in genere si concede di tutto, tranne la giustizia. È, insomma, l’eterno da capo di Abdera e Democrito, e i nostri ottimi Ippocrati dovrebbero estirpare intere piantagioni di elleboro se volessero eliminare il caos e il disordine per mezzo di salutari decotti. Che tutti gli amici della verità si mettano insieme per insegnare ai loro concittadini dal pulpito e dalla scena: la plebe rimarrà plebe in eterno, anche se il sole e la luna dovessero cambiare radicalmente e il cielo e la terra consumarsi irreparabilmente come un abito logoro e consunto. Forse, per assecondare i gusti del pubblico, avrei dovuto essere più infedele alla Natura ma quando quell’insetto a noi ben noto riesce a ridurre le perle a una schifosa poltiglia, ed è ampiamente assodato che il fuoco brucia e l’acqua fa annegare, forse questo è un motivo sufficiente a mettere al bando il fuoco, l’acqua, le perle? Posso quindi, a ragione, annoverare il mio libro tra i libri morali, a causa della catastrofe che gli ho imposto come finale: qui infatti il vizio incontra la fine che gli compete.

Ciò che si colloca al di là della legge rientra nell’ambito della legge. La virtù trionfa. Se adesso c’è qualcuno disposto a rendermi giustizia al punto di leggermi fino in fondo e a voler comprendere il mio pensiero, da lui mi aspetterò che non ammiri incondizionatamente l’autore ma mi valuti nella mia autentica natura di individuo morale.

 

Pasqua 1781

 

FRIEDRICH SCHILLER

 

PERSONAGGI

 

 

 

MAXIMILIAN, conte e feudatario di Moor

KARL, figlio di Maximilian

FRANZ, figlio di Maximilian

AMALIA VON EDELREICH

SPIEGELBERG, libertino, poi masnadiero

SCHWEIZER, libertino, poi masnadiero

GRIMM, libertino, poi masnadiero

RAZMANN, libertino, poi masnadiero

SCHUFTERLE, libertino, poi masnadiero

ROLLER, libertino, poi masnadiero

KOSINSKY, libertino, poi masnadiero

SCHWARZ, libertino, poi masnadiero

HERMANN, bastardo di un gentiluomo

DANIEL, domestico del conte Moor

Il pastore MOSER

Un frate

La banda dei MASNADIERI

Popolo

 

L’azione si svolge in Germania e dura circa due anni.

 

ATTO PRIMO

 

 

 

Scena prima

 

 

Franconia. Una sala nel castello dei Moor. Franz, il vecchio Moor.

 

FRANZ

Vi sentite bene, padre? Sembrate così pallido.

 

MOOR

Sto benissimo, figlio mio. Cosa volevi dirmi?

 

FRANZ

È arrivata la posta. Una lettera del nostro corrispondente di Lipsia.

 

MOOR (avidamente)

Ci sono notizie di mio figlio Karl?

 

FRANZ

Hm! Hm! Sì, certo. Ma ho paura… non so se io… E la vostra salute? State proprio bene, padre mio?

 

MOOR

Come un pesce nell’acqua. Scrive qualcosa di mio figlio? Perché sei così agitato? Mi hai fatto la stessa domanda due volte.

 

FRANZ

Se siete malato, se avete il minimo presentimento di una disgrazia, consentitemi di tacere. Ve ne parlerò in un momento più opportuno. (A bassa voce) Questa notizia non può essere sopportata da un corpo tanto debole.

 

MOOR

Dio! Dio! Cosa sentirò mai?

 

FRANZ

Permettete che, prima, mi volti a versare una lacrima pietosa sulla sorte del fratello perduto. Dovrei tacere per sempre, dato che si tratta di vostro figlio. Dovrei nascondere per sempre la sua vergogna, perché è mio fratello. Ma il mio primo, triste dovere è quello di obbedirvi. Perdonatemi, vi supplico.

 

MOOR

O Karl! Karl! Se sapessi come la tua condotta strazia il mio cuore paterno! E come una sola buona notizia da parte tua mi regalerebbe dieci anni di vita, restituendomi la giovinezza! Mentre ogni notizia che ricevo, ahimè, mi avvicina inesorabilmente alla tomba!

 

FRANZ

Se le cose stanno così, allora addio, vecchio padre. Noi tutti, a partire da oggi, cominceremo a strapparci i capelli per il dolore sulla vostra bara.

 

MOOR

Resta! C’è solo un passo, un passo insignificante da compiere - e sia fatto secondo la sua volontà. (Sedendosi) I peccati dei padri saranno puniti fino alla terza e alla quarta generazione. Lascia che il suo destino si compia!

 

FRANZ (tirando fuori di tasca la lettera)

Voi conoscete il nostro corrispondente.