Io mangio. Meglio essere il dente che l’erba. Questa è la mia saggezza. Dopodiché vada come vada, il becchino è là che aspetta, per noi il Pantheon, e tutto finisce nel grande buco. Fine. Finis. Liquidazione totale. È qui che si finisce nel nulla.
Date retta a me, la morte è morte. Che al di là ci sia qualcuno che ha qualcosa da dirmi, ma non fatemi ridere. Tutte invenzioni delle balie.
L’orco per i bambini e Jeova per i grandi. No: il nostro domani è la notte.
Oltre la tomba ci sono soltanto dei nulla, tutti uguali. Che voi siate stato Sardanapalo o Vincenzo de’ Paoli, sempre lo stesso nulla. Questa è la verità. Quindi vivete, soprattutto. Servitevi del vostro io finché l’avete. In verità, signor vescovo, ho la mia filosofia e ho i miei filosofi. Non mi lascio contare delle frottole. Dopodiché, è bene che ci sia qualcosa per quelli che sono in basso, per i nullatenenti, per gli arrotini, per i poveretti.
E diamogli da succhiare le leggende, le chimere, l’anima, l’immortalità, il paradiso, le stelle. Nutritevi! E spalmateci il pane secco. Chi non ha nulla, ha il buon Dio. È il meno che si possa avere. Per me va anche bene, ma il signor Naigeon me lo tengo stretto. Il buon Dio è buono per il popolo».
Il
vescovo
applaudì.
«Questo sì che si chiama parlare!», esclamò. «Ottima cosa, meravigliosa davvero, questo materialismo! Non tutti riescono ad averlo.
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