Siamo un poco in imbarazzo.

L’inverno in questo paese è molto brutto e dobbiamo ben fare qualcosa per i poveretti. Noi, bene o male, abbiamo di che far luce e riscaldarci. E

sapete che queste sono grandi comodità.

«Mio fratello ha le sue abitudini. Dice che un vescovo deve essere così. Pensate che la porta di casa non viene mai chiusa. Chi vuole entra, e va direttamente da mio fratello. Non ha paura di niente, neanche di notte. È

il suo coraggio, dice lui.

«Non vuole che né io né la signora Magloire ci diamo pensiero per lui. Si espone a tutti i pericoli e non vuole che neppure abbiamo l’aria di accorgercene. Bisogna saperlo capire.

«Esce con la pioggia, cammina nell’acqua, si mette in viaggio in pieno inverno. Non ha paura del buio, delle strade equivoche, dei brutti incontri.

«L’anno scorso se ne è andato tutto solo in un paese di briganti. Non ha voluto portarci con lui. Se ne è stato via quindici giorni. Quando è tornato, non gli era capitato nulla, e noi che lo credevamo morto, e stava bene, e ha detto: “Ecco come mi hanno derubato!”. E ha aperto una valigia piena di tutti i tesori della cattedrale di Embrun, che gli avevano donato i ladri.

«Quella volta, sulla strada del ritorno, non ho potuto fare a meno di sgridarlo un poco, avendo cura però di parlare solo quando la carrozza faceva rumore, perché nessuno potesse sentire.

«Nei primi tempi mi dicevo: “Non c’è pericolo che lo fermi, è terribile”. Ora ho finito per abituarmi. Faccio segno alla signora Magloire perché non lo infastidisca. Che rischi come vuole. Chiamo la signora Magloire, rientro in camera mia, prego per lui e mi addormento. Sono tranquilla perché so bene che se gli capitasse qualche disgrazia, sarebbe anche la mia fine. Me ne andrei dal buon Dio con mio fratello e il mio vescovo. Per la signora Magloire è più difficile che per me abituarsi a quelle che lei chiama: le sue imprudenze, ma ora anche lei ci ha fatto l’abitudine. Preghiamo tutte e due, tutte e due abbiamo paura e ci addormentiamo.