- Bah!... Noi non siamo uomini da spaventarci. Impugnate le sciabole e seguitemi.

Girò intorno al tronco di un albero enorme che torreggiava in mezzo alle palme, poi sostò in mezzo ad un gruppo di foglie giganti scrutando le tenebre.

Lo scrosciare delle foglie secche era cessato, tuttavia al suo orecchio giunse un tintinnio metallico e poco dopo un colpo secco come se il cane d'un fucile venisse alzato.

- Fermi! Qui vi è qualcuno che ci spia e che aspetta il momento opportuno per farci fuoco addosso.

- Che ci abbiano veduti sbarcare? - borbottò Carmaux, con inquietudine. - Questi spagnuoli hanno spie dappertutto.

Il Corsaro aveva impugnata colla destra la spada e colla sinistra una pistola e cercava di girare quell'ammasso di foglie, senza produrre il minimo rumore. Ad un tratto Carmaux e Wan Stiller lo videro slanciarsi innanzi e piombare, con un solo salto, addosso ad una forma umana, che si era improvvisamente alzata in mezzo ad un cespuglio.

L'assalto del Corsaro era stato cosi improvviso ed impetuoso che l'uomo che si teneva imboscato era andato a gambe levate, percosso in pieno viso dalla guardia della spada.

Carmaux e Wan Stiller si erano subito precipitati su di lui, e mentre il primo s'affrettava a raccogliere il fucile che l'uomo imboscato aveva lasciato cadere, senza avere avuto il tempo di scaricarlo, l'altro puntava la pistola dicendo:

- Se ti muovi sei un uomo spacciato.

- È uno dei nostri nemici, - disse il Corsaro che si era curvato.

- Un soldato di quel dannato Wan Guld, - rispose Wan Stiller. - Che cosa faceva imboscato in questo luogo? Sarei curioso di saperlo.

Lo spagnuolo, che era stato stordito dalla guardia della spada del Corsaro, cominciava a riaversi, accennando ad alzarsi.

- Carrai! - borbottò con un tremito nella voce. - Che sia caduto tra le mani del diavolo?

- L'hai indovinato, - disse Carmaux. - Giacché a voi piace chiamare così noi filibustieri.

Lo spagnuolo provò un brivido così forte, che Carmaux se ne accorse.

- Non aver tanta paura, per ora, - gli disse, ridendo. - Risparmiala per più tardi, per quando danzerai nel vuoto un fandango disordinato con un bel pezzo di solida canapa stretto alla gola.

Poi volgendosi verso il Corsaro, che guardava in silenzio il prigioniero, gli chiese:

- Devo finirlo con un colpo di pistola?

- No, - rispose il capitano.

- Preferite appiccarlo ai rami di quell'albero?

- Nemmeno.

- Forse è uno di quelli che hanno appiccato i Fratelli della Costa ed il Corsaro Rosso, mio capitano.

A quel ricordo un lampo terribile balenò negli occhi del Corsaro Nero, ma subito si spense.

- Non voglio che muoia, - disse con voce sorda. - Può esserci più utile d'un appiccato.

- Allora leghiamolo per bene, - dissero i due filibustieri.

Si levarono le fasce di lana rossa che portavano ai fianchi e strinsero le braccia del prigioniero, senza che questi osasse fare resistenza.

- Ora vediamo un pò chi sei, - disse Carmaux.

Accese un pezzo di miccia da cannone che teneva in tasca e l'accostò al viso dello spagnuolo.

Quel povero diavolo, caduto nelle mani dei formidabili corsari della Tortue, era un uomo di appena trent'anni, lungo e magro come il suo compatriota Don Chisciotte, con un viso angoloso, coperto da una barba rossiccia e due occhi grigi, dilatati dallo spavento.

Indossava una casacca di pelle gialla con qualche rabesco, corti e larghi calzoni a righe nere e rosse e calzava lunghi stivali di pelle nera. Sul capo invece portava un elmetto d'acciaio adorno di una vecchia piuma, la quale non aveva più che rade barbe e dalla cintura gli pendeva una lunga spada, la cui guaina era assai irruginita alle sue estremità.

- Per Belzebù mio patrono!... - esclamò Carmaux, ridendo. - Se il Governatore di Maracaybo ha di questi prodi vuol dire che non li nutre di certo con capponi, poiché è più magro di un'aringa affumicata. Credo, capitano, che valga la pena d'appiccarlo.

- Non ho detto d'appiccarlo - rispose il Corsaro.

Poi toccando il prigioniero con la punta della spada gli disse:

- Ora parlerai se ti preme la pelle.

- La pelle è già perduta - rispose lo spagnuolo. - Non si esce vivi dalle vostre mani e quando io avessi narrato a voi quanto vorreste sapere, non sarei certo di rivedere egualmente l'indomani.

- Lo spagnuolo ha del coraggio, - disse Wan Stiller.

- E la sua risposta vale la sua grazia, - aggiunse il Corsaro. - Via, parlerai?

- No, - rispose il prigioniero.

- Ti ho promesso salva la vita.

- E chi vi crederà?

- Chi?... Ma sai chi sono io?

- Un filibustiere.

- Sì, ma che si chiama il Corsaro Nero.

- Per la nostra Signora di Guadalupa! - esclamò lo spagnuolo, diventando livido. - Il Corsaro Nero qui!... Siete venuto per sterminarci tutti e vendicare il vostro fratello, il Corsaro Rosso?

- Sì, se non parlerai, - rispose il filibustiere con voce cupa. - Vi sterminerò tutti e di Maracaybo non rimarrà pietra su pietra!

- Por todos santos!... Voi qui? - ripeté il prigioniero, che non si era ancora rimesso dalla sorpresa.

- Parla!...

- Sono morto; è quindi inutile.

- Il Corsaro Nero è un gentiluomo, sappilo, ed un gentiluomo non ha mai mancato alla parola data, - rispose il capitano con voce solenne.

- Allora interrogatemi.

Inizio

 

 

Capitolo Terzo

 

IL PRIGIONIERO

 

Ad un cenno del capitano, Wan Stiller e Carmaux avevano sollevato il prigioniero e l'avevano seduto ai piedi d'un albero, senza però slegargli le mani, quantunque fossero certi che non avrebbe commesso la pazzia di tentare la fuga.
Il Corsaro gli sedette di fronte, su di una enorme radice che sorgeva dal suolo come un serpente gigantesco, mentre i due filibustieri si erano messi in sentinella alle estremità di quel macchione, non essendo ancora bene sicuri che il prigioniero fosse solo.

- Dimmi, - disse il Corsaro, dopo alcuni istanti di silenzio. - È ancora esposto mio fratello?...

- Sì, - rispose il prigioniero. - Il governatore ha ordinato di tenerlo appeso tre giorni e tre notti, prima di gettare il cadavere nella foresta, a pasto delle fiere.

- Credi che sia possibile rubare il cadavere?

- Forse, non essendovi di notte che una sentinella a guardia della Plaza de Granada. Quindici appiccati non possono ormai fuggire.

- Quindici!... - esclamò il Corsaro, con accento cupo. - Dunque quel feroce Wan Guld non ne ha risparmiato neppure uno?

- Nessuno.

- E non teme la vendetta dei filibustieri della Tortue?

- Maracaybo è ben munita di truppe e di cannoni.

Un sorriso di disprezzo sfiorò le labbra del fiero Corsaro.

- Che cosa fanno i cannoni a noi? - disse. - Le nostre sciabole d'arrembaggio valgono bene di più; lo avete veduto ancora all'assalto di S. Francisco di Campeche, a S. Agostino della Florida ed in altri combattimenti.

- È vero, ma Wan Guld si tiene al sicuro in Maracaybo.

- Ah sì!... Ebbene, lo vedremo quando mi sarò abboccato coll'Olonese.

- Coll'Olonese!...