— Che colpa ha egli dunque commesso?— Egli era il suo complice, e ricettatore — rispose il capo degli sgherri — il quale gli prestava soccorso nelle sue ciurmerie e furti, dividendo seco lui le sue rapine. Bentosto ella ne sarà persuasa. — Rivoltosi intanto a’ suoi satelliti: — Sia perlustrata tutta la casa, ed immantinente mi si rechi notizia di quanto sarà ritrovato.Allora il Principe si guardò intorno per vedere l’Armeno, ma non era piú presente: nella comune confusione cagionata da questo accidente, egli aveva trovato il mezzo di allontanarsi inosservato. Il Principe era inconsolabile; egli volea tosto mandargli appresso tutta la sua gente; voleva ricercarlo egli stesso, e condurselo seco. Io corsi alla finestra; tutta la casa era circondata da curiosi colà spinti dal rumore di questo avvenimento. Egli era impossibile di traversar la folla. Io ne feci la rappresentanza al Principe.— Se l’assunto di questo Armeno si è quello di celarsi a noi, egli sa indubbiamente i nascondigli meglio di noi, e tutte le nostre indagini saranno infruttuose. Piuttosto rimaniamo qui ancora, Altezza. Forse questo ministro di giustizia potrà darci di lui qualche ulterior ragguaglio, poiché a lui, s’io mal non m’apposi, egli si è scoperto.Allora soltanto ci accorgemmo che eravamo ancora senz’abiti indosso. Corremmo alla nostra camera per vestirci in fretta. Nel ritornarcene, la perlustrazione della casa era già terminata.Dopo aver rimosso l’altare, e spezzati i mattoni del pavimento della sala, fu scoperta un’ampia nicchia o vòlto, in cui poteva stare comodamente seduta una persona, con una porticella, che per una piccola scala conduceva alla cantina. In questa nicchia fu ritrovata una macchina elettrica, un orologio ed un campanello d’argento, il quale non meno della macchina elettrica, avea comunicazione con l’altare e col Crocefisso stabilito di sopra. Un’imposta del balcone situato dirimpetto al camino era traforata, e munita d’un tubo posticcio per introdurre, come di poi si seppe, una lanterna magica nella sua apertura da cui la figura che bramavasi vedere, andava a riflettere sulla parete del camino. Dal solajo e dalla cantina portavansi diversi tamburi, cui erano appiccate con cordoni grosse palle di piombo, probabilmente per produrre il rimbombo del tuono che avevamo udito. Visitati gli abiti del Siciliano, furono ritrovate in un astuccio diverse polveri, come pure del mercurio in boccette e scatole, del fosforo in un fiasco di vetro, un anello, che tosto riconobbimo essere magnetico, perché rimase attaccato ad un bottone di acciaio cui accidentalmente venne approssimato; nelle tasche dell’abito una corona, una barba d’ebreo, un paio di pistole ed un pugnale.— Vediamo se sono cariche — disse uno degli sgherri prendendone una, e scaricandola sotto al camino.— Gesú Maria! — gridò una voce umana e rauca, cioè quella stessa che avevamo udita alla prima apparizione, e nello stesso momento vedemmo cadere un corpo insanguinato dalla cappa del camino.— Né ancora sei ito in pace, povero spirito? — gridò l’Inglese mentre che noi altri ci ritiravamo spaventati. — Vanne alla tua tomba. Tu sei comparso ciò che non eri: ora sarai ciò che tu sembrasti.— Gesú Maria! io sono ferito — replicò l’uomo del camino. La palla gli avea spezzata la gamba destra. Si procurò di tosto fasciargli la ferita.— Ma chi sei tu dunque, e qual Demone maligno t’ha qui condotto?— Sono un povero zoccolante — rispose il ferito. — Un signore forestiero mi ha offerto uno zecchino affinché io qui… recitassi qualche formola!— E perché non sei tu partito immediatamente dopo?— Egli doveva darmi un segno quando io avrei dovuto continuar a parlare; ma questo segno mancò, e quando volli discendere trovai che la scala era stata levata via.— E cosa esprimeva la formola di cui ti avea istruito?Mentre attendevasi la risposta di quest’uomo, gli sopravvenne un deliquio, per cui non si poté piú cavargli una parola. Considerandolo piú da vicino, lo riconobbimo per quello stesso, che la sera precedente si era affacciato al Principe ed avealo apostrofato sí solennemente.Frattanto il Principe erasi rivolto al capo degli sgherri.— Voi ci avete — gli diss’egli, mettendogli in mano alcune monete d’oro — voi ci avete salvati dai lacci d’un impostore, e ci avete resa giustizia anche senza conoscerci. Volete voi obbligarci compiutamente scoprendoci chi fosse l’incognito, cui bastarono due sole parole per farci mettere in libertà?— Di chi intende ella parlare? — disse il bargello con una cera che apertamente indicava l’inutilità di tale domanda.— Intendo parlare di quel signore vestito in uniforme russa, che poc’anzi vi ha tirato in disparte, vi ha mostrato non so che in iscritto, e vi ha detto alcune parole all’orecchio; dopo di che voi ci avete tosto rimessi in libertà.— Non conosce ella dunque quel signore?— domandò ancora il bargello. — Non era egli nella di lei compagnia?— No — disse il Principe — e per ragioni di molta importanza bramerei di conoscerlo piú minutamente.— Piú minutamente — rispose il bargello — non lo conosco neppur io stesso. Mi è ignoto persino il suo nome, l’ho veduto oggi per la prima volta dacché sono al mondo.— Come? E in cosí breve tempo, con due parole, ha avuto tanto potere sopra di voi da farvi dichiarare che lui e noi tutti eravamo innocenti?— Assolutamente con una sola parola.— E questi chi era? Confesso che lo saprei volentieri assai.— Quell’incognito, Altezza — riprese il bargello librando nella mano le monete d’oro — ella è stato troppo generoso con me per potergliene fare piú lungo tempo un mistero… quell’incognito era… un ufficiale dell’Inquisizione di Stato.— Dell’Inquisizione di Stato quegli!— Non altro, Altezza, e di ciò mi convinse la carta che mi mostrò.— Quell’individuo dite voi? Ciò non è possibile.— Le dirò anche di piú, Altezza; egli è stato quello appunto per la cui denunzia io fui qui mandato a catturare lo scongiuratore degli spiriti.Noi ci guardammo l’un l’altro con sempre maggiore sorpresa.— Noi potremmo da ciò arguire — disse alfine l’Inglese — per qual motivo il povero diavolo dello scongiuratore si rannicchiò cosí spaventato, allorché colui gli fissò gli occhi in viso. Egli lo riconobbe per una spia, e perciò alzò quel grido, e gli si prostrò a’ piedi.— Non può essere — gridò il Principe — quest’uomo è tutto quello che vuol essere, e tutto quello che il momento esige ch’egli sia. Niuno può sapere cosa realmente egli è. Non avete voi osservato il Siciliano perdere affatto la tramontana allorché gli disse all’orecchio quelle parole: “Tu non evocherai piú alcuno spirito!”. Qui v’è sotto ben altra cosa. Niuno potrà persuadermi che per qualche cosa di umano si abbia a concepire tanto terrore.— Sopra di ciò il Mago stesso ci potrà meglio d’ogni altro chiarire — disse il Lord — se questo signore — rivolgendosi al bargello — ci vuol procurare un’occasione di parlare al suo detenuto.Il bargello ce lo promise, e noi facemmo coll’Inglese l’accordo che andremmo a fargli visita all’indomani. Quindi ce ne ritornammo a Venezia.Al primo spuntar del giorno Lord Seymour (cosí chiamavasi l’Inglese) fu da noi, e tosto dopo comparve una persona fidata, speditaci dal bargello per esserci guida alle carceri.
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