C’era un signore che somigliava a Barbetta e, quando loro se ne andavano, salutava Amelia con la mano. Le dava del voi, e Amelia disse a Ginia che non era un pittore. Un giovanotto alto che si fermava davanti ai portici con l’automobile e aveva insieme una signora molto elegante, venne qualche volta al banco, e Amelia non lo conosceva, ma diceva che non era un pittore. - Non sono mica molti, cosa credi? - disse a Ginia. - Chi lavora veramente, non viene al caffè -. Tutto sommato, Amelia conosceva più i camerieri che gli avventori, ma Ginia che si divertiva a sentir quelli scherzare, stava attenta a non dar troppa confidenza a nessuno. Uno che spesso era seduto con Amelia e la prima volta salutò Ginia senza neanche guardarla, era un giovanotto peloso, dalla cravatta bianca e dagli occhi nerissimi che si chiamava Rodrigues. Difatti non sembrava un italiano e parlava raschiando, e Amelia lo trattava come un ragazzo, dicendogli che se invece di spendere quella lira al caffè l’avesse tenuta, in dieci giorni si sarebbe pagata la modella. Ginia ascoltava divertita, ma l’altro ricominciava con la sua voce malsicura a trattare Amelia di bella donna e di bambina capricciosa. Lei rideva, ma qualche volta si seccava e gli diceva di andarsene. Allora Rodrigues cambiava tavolino, tirava fuori la matita e si metteva a scrivere, guardandole di traverso. - Non fargli attenzione, - diceva Amelia, - ci godrebbe -. Poco alla volta, anche Ginia s’abituò a non farne più caso.
Una sera uscirono insieme senza nessuna meta. Avevano passeggiato, poi s’era messo a piovere e si ripararono sotto un portone. Faceva freddo, specialmente a star ferme con le calze bagnate. Amelia aveva detto: - Se Guido è in casa, vuoi che andiamo da lui? - Chi è Guido? - Amelia aveva messo fuori il naso, torcendosi il collo a guardare le finestre della casa di fronte. - È acceso; andiamo, staremo al riparo -. Avevano salito almeno sei piani, erano alle soffitte, quando Amelia s’era fermata ansimando, e aveva detto: - Hai paura?
- Perché paura? - disse Ginia, - non lo conosci?
Mentre toccavano la porta, sentirono ridere nella stanza, una risata sottovoce e sgradevole che a Ginia ricordò Rodrigues. Sentirono dei passi, la porta si schiuse e non si vide nessuno. - Permesso, - disse Amelia entrando.
C’era proprio Rodrigues, buttato su un sofà contro il muro, sotto una luce cruda. Ma c’era un altro in piedi, un soldato in maniche di camicia, biondo e infangato, che le guardò ridendo. Ginia batté gli occhi in quella luce che sembrava acetilene. Quadretti e tende coprivano tre pareti; la quarta era tutta finestra.
Amelia diceva a Rodrigues tra seria e ridendo: - Ma lei è proprio dappertutto? - Quello la salutò con la mano e brontolò: - La seconda si chiama Ginia, Guido -. Allora il soldato tese la mano anche a lei, squadrandola impertinente e sorridendo.
Ginia capì che ci voleva disinvoltura, e sopra la testa di Amelia e di Guido cominciò a guardare quei quadri sulle pareti. Sembravano paesaggi con piante e montagne, e intravide qualche ritratto. Ma la lampadina appesa senza riflettore, come nelle case non finite, accecava senza far luce. Vide appena che qui non c’erano tanti tendaggi come da Barbetta, salvo uno - un tendone rosso - che chiudeva la stanza in fondo, e Ginia capì che dietro doveva esserci un’altra stanza.
Guido disse se volevano bere. Sul gran tavolo in mezzo alla stanza c’era una bottiglia e dei bicchieri. - Siamo venute per scaldarci, - disse Amelia. - Abbiamo l’acqua fino alle ginocchia -.
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