Immaginava di salire, bussare, e trovare quel Guido coi suoi calzoni da soldato, e ridergli in faccia per rompere il ghiaccio. Il bello di quel pittore era che non sembrava un pittore. Ginia si ricordava di quando le aveva stretto la mano con un sorriso incoraggiante, e poi la sua voce nella stanza buia, e la sua faccia, quando accendeva la luce, che la guardava come se loro due fossero una coppia a parte da Rodrigues e Amelia. Ma adesso Guido non c’era, e bisognava fare i conti con l’altro.

Al caffè, l’indomani chiese ad Amelia se almeno la domenica Guido era libero. - Una volta l’avrei saputo, disse Amelia. - Ma non lo vedo più da un pezzo.

- Rodrigues mi ha detto di andare al suo studio quando voglio.

- Guarda guarda, - fece Amelia.

Ma per diversi giorni non lo videro al caffè. - Vuoi scommettere che aspetta che andiamo noi a trovarlo, adesso che dispone di un letto, per farci una scena e riceverci? È da lui, - disse Amelia.

- Sta fresco, - rispose Ginia.

Ripensandoci, si convinse che il gesto d’Amelia di mettersi a letto e di far buio in presenza di terzi, non era poi così sfacciato, tant’è vero che Guido e Rodrigues non ne avevano fatto caso. Quel che la tormentava era l’idea di ciò che su quel letto Amelia poteva aver fatto in altri tempi, quando la stanza era solo di Guido.

- Quanti anni ha Guido? - le chiese.

- Una volta aveva i miei.

Ma Rodrigues non si vedeva, e Ginia, un mattino che uscì in commissioni, passò per la strada di quella notte. Guardò in alto e riconobbe la facciata triangolare dello studio Senza pensarci tanto, salì le scale - non finivano più - ma, entrata nell’ultimo corridoio, c’erano diverse porte e non seppe decidersi. Capì che Guido non era famoso, perché non aveva neanche la targhetta, e discendendo pensava intenerita alla lampadina di quella sera che per un pittore doveva essere una morte. Quando poi vide Amelia, non le parlò della visita.

Un giorno che discorrevano, le chiese perché gli uomini facevano i pittori. - Perché ci sono di quelli che comprano i quadri, - rispose Amelia. - Ma non tutti, - disse Ginia, - e i pittori che nessuno li compra?

- È un gusto come un altro, - disse Amelia, - ma fanno la fame.

- Dipingono perché c’è soddisfazione, - disse Ginia.

- Fa’ il piacere. Tu ti faresti un vestito per poi non portarlo? Il più furbo è Rodrigues che si dà del pittore, ma nessuno gli ha mai visto un pennello in mano.

Proprio quel giorno Rodrigues si fece trovare al caffè, e disegnava tutto concentrato su un taccuino. - Cosa fa? - disse Amelia e gli prese il foglio. Anche Ginia lo guardò, curiosa, ma videro solo un pasticcio di linee che parevano i bronchi di un uomo. - Cos’è? Una pianta di lattuga? - disse Amelia. Rodrigues non rispose né sì né no, e allora sfogliarono il taccuino dove i disegni erano molti: qualcuno somigliava a degli scheletri di piante, e qualche volta erano facce ma senz’occhi, con chiazze nere tratteggiate; certi non si capiva se erano facce o paesaggi. - Questi sono oggetti veduti di notte alla luce del gas, - disse Amelia. Rodrigues se la rideva, ma a Ginia faceva più pena che rabbia.

- Non c’è niente di bello, - disse Amelia, - se a me facesse un ritratto così, le toglierei il saluto.

Rodrigues guardava senza parlare.

- Una bella modella è sprecata per lei, - disse Amelia. - Dove le trova le modelle?

- Io non adopero modelle, - disse Rodrigues. - Io rispetto la carta.

Allora Ginia gli disse che voleva rivedere i quadri di Guido. Rodrigues si rimise in tasca il taccuino e rispose: - Ai suoi ordini.

Finì che ci andarono tutte e due, la prima domenica, e Ginia saltò un pezzo di messa per fare in tempo. Erano d’accordo per trovarsi sul portone, ma non c’era nessuno e allora Ginia salì. Di nuovo fu incerta fra le quattro porte del corridoio, e non sapeva decidersi e ridiscese la scala fino a metà. Ma poi si diede della stupida; risalì e origliò davanti all’ultima Intanto uscì da un’altra porta una donna spettinata, in vestaglia, che portava un secchio. Ginia fece appena in tempo a rialzarsi, e le chiese dove stava il pittore. Quella non la guardò neanche e non rispose, e se ne andò per il corridoio. Ginia, rossa e tremante, tenne il fiato finché tutto tacque, e poi corse giù dalla scala.

Dal portone ogni tanto entrava e usciva qualcuno, e la guardavano passando. Ginia cominciò a passeggiare disperata, tanto più che dall’altra parte del marciapiede c’era un garzone macellaio appoggiato allo stipite e la fissava maligno.