"Vuole forse che lo travolga con il mio cavallo?". Ma la figura non si mosse. Fu preso allora da una strana sensazione vedendola così quieta ma rallentò al trotto e avanzò guidando il cavallo in quella direzione. Quando fu tanto vicino da toccarla quasi con la staffa il cavallo si impennò e la figura scivolò sul lato del viottolo con un movimento strano che non pareva di questa terra - all'indietro e senza dare l'impressione di usare i piedi - e sparì. Lo zio della moglie di mio fratello esclamò: - Santo cielo! E' mio cugino Harry di Bombay! -.

Spronò il cavallo che subito fu madido di sudore e chiedendosi il perché di un comportamento tanto strano si precipitò di gran carriera verso la casa finché non vi si fermò davanti. Lì vide la stessa figura varcare la soglia delle alte porte-finestre del salotto che si aprivano sul giardino. Lanciò le redini a un domestico e le si affrettò dietro. Sua sorella sedeva lìsola.

- Alice dov'è mio cugino Harry?

- Tuo cugino Harry, John?

- Sì, il mio cugino di Bombay. L'ho incontrato poco fa sul viottolo e proprio ora l'ho visto entrare qui -.

Nessuna creatura era stata vista da nessuno a quell'ora e in quell'attimo però, come poi si venne a sapere, questo cugino moriva in India.

 

Si racconta poi di quella anziana signorina, donna molto saggia, che morì a novantanove anni conservando intatta la lucidità fino alla fine. Lei vide davvero l'Orfanello. Questa storia è stata spesso raccontata con molte inesattezze ma la versione più attendibile - dato che in realtà è una storia che appartiene alla nostra famiglia e l'anziana signorina era una nostra conoscente - è la seguente.

Quando lei aveva più o meno quarant'anni ed era ancora una donna di straordinaria bellezza (il suo amato morì giovane e questo è il motivo per cui lei non si sposò mai anche se riceveva molte offerte di matrimonio) andò ad abitare in una residenza di campagna nel Kent che suo fratello, un mercante della Compagnia delle Indie, aveva di recente acquistato. Correva voce che la proprietà fosse un tempo appartenuta al tutore di un fanciullo del quale era anche l'erede più prossimo e che l'avesse ucciso sottoponendolo a duri e crudeli maltrattamenti. Di questo lei non sapeva niente. Si dice che nella sua camera da letto ci fosse una gabbia nella quale il tutore era solito rinchiudere il ragazzo. Ma una cosa del genere non c'è mai stata. C'è solo uno stanzino. Lei andò a coricarsi e non diede nessun allarme durante la notte e al mattino disse alla cameriera quando entrò nella stanza: - Chi è il grazioso bimbo dall'aria derelitta che per tutta la notte ha fatto capolino da quello stanzino? -

La cameriera rispose lanciando un grido stridulo e abbandonò il campo in men che non si dica. Lei rimase stupita; ma era una donna di forte vigore intellettuale e così si vestì scese a pianterreno e si appartò in privato con il fratello.

- Ebbene, Walter - disse -tutta la notte sono stata disturbata da un grazioso ragazzo dall'aria derelitta che continuamente faceva capolino da quello stanzino che non riesco ad aprire. E' una burla.

- Ho paura di no, Charlotte - lui disse - è la leggenda della casa. E' l'Orfanello. Che faceva?

- Apriva la porta pian pianino - lei rispose - e faceva capolino. Certe volte avanzava uno o due passi nella camera. Allora, quando lo chiamavo e lo invitavo a entrare si faceva più piccolo, si metteva a tremare, sgattaiolava dentro un'altra volta e chiudeva la porta.

- Lo stanzino, Charlotte - disse il fratello - non comunica con nessun'altra parte della casa e la porta è inchiodata -.

Cosa sicuramente vera, poiché ci vollero due falegnami e un'intera mattinata per aprirlo e poterlo così ispezionare. Allora lei fu convinta di aver visto l'Orfanello. Ma la parte più raccapricciante e terribile della storia è che il fanciullo fu visto anche da tre dei figli del fratello l'uno di seguito all'altro, che morirono tutti in tenera età. Ogni volta che si era ammalato ogni bambino era tornato a casa dodici ore prima in preda a grande eccitazione e aveva detto:

- Oh mamma, ho giocato sotto quel tale albero di noce in quel tale prato con uno strano ragazzo... un grazioso ragazzo dall'aria derelitta molto timido che mi ha fatto dei cenni! -.

Per la loro fatale esperienza i genitori arrivarono a capire che costui era l'Orfanello e che il destino del bambino che egli aveva scelto per suo piccolo compagno di giochi era irrimediabilmente segnato.

 

Sono tantissimi i castelli tedeschi dove vegliamo in solitudine in attesa dello Spettro; dove veniamo accompagnati in una camera relativamente allegra per il nostro arrivo; dove seguiamo con lo sguardo le ombre gettate sulle nude pareti dal fuoco scoppiettante; dove ci sentiamo davvero soli quando il proprietario della locanda del villaggio e la sua graziosa figlia si ritirano dopo aver deposto una nuova provvista di legna nel focolare e avvicinato sul tavolino una ricca imbandigione per cena, composta di arrosto freddo di cappone, pane, uva e un fiasco di vino invecchiato del Reno; dove le porte si richiudono sbattendo l'una dopo l'altra sui loro recessi segreti come i ripetuti scoppi del lugubre tuono; e dove intorno alle ore piccole della notte facciamo la conoscenza di tanti misteri soprannaturali. Moltissimi sono gli studenti tedeschi ossessionati dai fantasmi in compagnia dei quali ci trasciniamo ancora più vicini al fuoco, mentre lo scolaro nell'angolo sgrana tanto d'occhi e solleva lo sgabellino che si è scelto per sedile... mentre la porta accidentalmente si spalanca.

 

 

 

Occhio agli spiriti!

 

L'autore del presente articolo, nell'accingersi a riferire fedelmente tre esperienze spiritiche delle quali è stato testimone, ritiene essenziale precisare che fino al momento di godere di tanto privilegio non aveva creduto nei colpi battuti o nei tavoli mossi dagli spiriti. Nella sua idea grossolana del mondo spirituale, si immaginava i suoi abitanti verosimilmente progrediti anche oltre la supremazia intellettuale di Peckham o di New York; e considerando la quantità di ignoranza presunzione e follia di cui si gloria questa Terra, pensava fosse assolutamente inopportuno evocare gli esseri immateriali per divertire il genere umano con brutti svarioni d'ortografia e insidiosi nonsensi.