La guerra dei mondi



H. G. Wells


LA GUERRA DEI MONDI


(The war of the worlds,

1897 - 1898)






LE GEMME DELL'INFINITO

VOLUME 48


LE GEMME DELL'INFINITO - Classici della Fantascienza. Volume n. 48

A cura di The High Castle


LA GUERRA DEI MONDI scritto da H. G. Wells

Titolo originale: THE WAR OF THE WORLDS

© 1897, 1898 by H. G. Wells

Traduzione di Adriana Motti

LIBRO PRIMO.

L'ARRIVO DEI MARZIANI.

1. LA VIGILIA DELLA GUERRA.

 

Alla fine del diciannovesimo secolo nessuno avrebbe creduto che le cose della terra fossero acutamente e attentamente osservate da intelligenze superiori a quelle degli uomini e tuttavia, come queste, mortali; che l'umanità intenta alle proprie faccende venisse scrutata e studiata, quasi forse con la stessa minuzia con cui un uomo potrebbe scrutare al microscopio le creature effimere che brulicano e si moltiplicano in una goccia d'acqua. Gli uomini, infinitamente soddisfatti di se stessi, percorrevano il globo in lungo e in largo dietro alle loro piccole faccende, tranquilli nella loro sicurezza d'esser padroni della materia. Non è escluso che i microbi sotto il microscopio facciano lo stesso. Nessuno pensava minimamente che i più antichi mondi dello spazio potessero rappresentare un pericolo per gli uomini, o pensava ad essi soltanto per escludere la possibilità o anche solo la probabilità che esistesse sulla loro superficie una qualunque forma di vita. E' curioso ricordare alcune idee di quei giorni lontani. Gli abitanti del nostro pianeta si figuravano al massimo che su Marte potessero esserci altri uomini, forse inferiori a loro e pronti ad accogliere a braccia aperte una missione di civilizzazione. Tuttavia, di là dagli abissi dello spazio, menti che stanno alle nostre come le nostre stanno a quelle degli animali bruti, intelletti vasti, freddi e spietati guardavano la terra con invidia e preparavano, lentamente ma con fermezza, i loro piani contro di noi. E agli inizi del ventesimo secolo si ebbe il grande disinganno.

Il pianeta Marte - è appena necessario ricordarlo al lettore - gira intorno al sole a una distanza media di duecentoventicinque milioni di chilometri, e riceve dal sole esattamente la metà della luce e del calore che riceve il nostro mondo. Quel pianeta deve essere, se l'ipotesi delle nebulose è esatta, più vecchio del nostro, e il corso della vita deve essere cominciato sulla sua superficie molto prima che la terra avesse finito di solidificarsi. Il fatto che il suo volume sia appena un settimo di quello della terra deve avere accelerato il suo raffreddamento fino alla temperatura in cui la vita può avere inizio. Esso è provvisto di aria e di acqua, e di tutto ciò che è necessario al mantenimento dell'esistenza animale.

Ma l'uomo è così vano e così accecato dalla propria vanità, che nessuno scrittore, sino alla fine del diciannovesimo secolo, espresse mai l'idea che lassù la vita intelligente si fosse potuta sviluppare molto di là dal livello umano. Pochi, infatti, capivano che, poiché Marte è più vecchio della terra, misura appena un quarto della sua superficie, ed è più lontano dal sole, ne segue che, non soltanto è più lontano dall'origine della vita, ma è anche più vicino al suo termine.

Il raffreddamento secolare che colpirà un giorno o l'altro il nostro pianeta è già molto avanzato nel nostro vicino. Le sue condizioni fisiche sono ancora quasi totalmente un mistero, ma sappiamo che anche nella sua regione equatoriale la temperatura meridiana raggiunge appena quella dei nostri inverni più freddi. La sua atmosfera è più rarefatta della nostra, i mari si sono ritirati sino a coprire solo un terzo della sua superficie, e seguendo il corso lento delle sue stagioni, grandi cappucci di neve si accumulano e si sciolgono intorno ai due poli inondando periodicamente le sue zone temperate. Quest'ultimo stato di esaurimento, che per noi è ancora incredibilmente lontano, è diventato un problema immediato per gli abitanti di Marte. L'urgenza della necessità ha stimolato i loro intelletti, aguzzato le loro facoltà, e indurito i loro cuori. Guardando attraverso lo spazio, con strumenti e intelligenze che noi non immaginiamo neppure, essi vedono, più vicino di tutti gli altri, a cinquantacinque milioni di chilometri, simile a una stella mattutina della speranza, il nostro pianeta, più caldo, con la vegetazione verde e le acque grigie, con un'atmosfera nuvolosa - chiaro indice di fertilità - con larghe estensioni di popolosi paesi e mari stretti solcati da bastimenti che di tanto in tanto s'intravedono tra le ondulanti masse di vapori.

E noi uomini, le creature che abitano questa terra, dobbiamo essere per loro tanto estranei ed infimi quanto per noi lo sono le scimmie e i lemuri. Intellettualmente, l'uomo già ammette che la vita è una lotta incessante per l'esistenza, e si direbbe che identica sia l'opinione delle intelligenze su Marte. Il loro mondo è molto avanti nel suo corso di raffreddamento, e il nostro mondo è ancora pieno di vita, ma soltanto della vita di coloro che essi considerano come animali inferiori. Portare guerra a chi sta più vicino al sole è in realtà il loro unico scampo dalla distruzione che, decennio dopo decennio, li sta stringendo in una morsa.

Prima di giudicarli troppo severamente, dobbiamo ricordare quale spietata e completa distruzione la nostra specie ha compiuto, non solamente di animali, come lo scomparso bisonte e il dodo, ma delle stesse razze umane inferiori. I tasmaniani, nonostante le loro sembianze umane, furono completamente annientati in una guerra di sterminio sostenuta dagli immigrati europei per ben cinquant'anni.