Senza sollevare il volto, la vecchia scosse vivacemente la testa. Il medico di corte udì come, mordendosi le mani, essa cercasse di soffocare i singhiozzi.
La sua fotografia alla parete sembrava fissarlo - di riverbero, uno specchio quasi opaco vicino alla finestra gettava un raggio di luce obliqua sulla serie dei ritratti; erano tutti giovani e snelli cavalieri, da lui già conosciuti e che sapeva in parte vivere ancora, come incanutite e severe figure di principi e di baroni - e, insieme, lui stesso, dagli occhi lieti e sorridenti, in una uniforme dai galloni d’oro, con un tricorno sotto il braccio.
Già prima, nell’accorgersi che quello era il suo ritratto, gli era venuta l’idea di portarselo via di nascosto. Involontariamente, fece un passo nella direzione del muro, ma subito si vergognò della sua intenzione e si fermò.
Il pianto soffocato muoveva ancora le spalle e il dorso della vecchia. Egli la fissò a lungo e un senso di profonda, cocente pietà lo invase.
Dimenticò il suo disgusto per quei capelli sudici e le posò la mano sulla testa, piano, come se non osasse toccarla, accennando una timida carezza.
La vide calmarsi e divenire a poco a poco tranquilla come un bimbo.
«Lisa» - cominciò con voce bassissima, dopo qualche minuto, - «Lisa, guarda, non prendertela tanto… cioè, sì, voglio dire, se le cose ti vanno così male, sai…» - cercava le parole - «già sai, è… è la guerra. E… e noi tutti combattiamo con la fame adesso, in… in guerra» - parlava imbarazzato, inghiottendo le parole, perché sapeva di mentire: lui, non aveva mai avuto fame, mai aveva saputo che cosa fosse la fame; da «Zum Schnell» ogni giorno gli si facevano perfino trovare, di nascosto, sotto la salvietta, dei grissini freschi al sale fatti di farina bianca. - «Ebbene, ed ora che so che le cose ti vanno così male, non devi più preoccuparti, Lisa; naturalmente, io ti aiuterò, io. -
Già, e la guerra» - egli cercò di dare alla voce un certo tono lieto per sollevarla - «la guerra può darsi che già dopodomani sia finita, e i tuoi guadagni…» - s’interruppe, perplesso: tornava a ricordarsi di colpo ciò che quella donna era divenuta e come non fosse più il caso di parlare di «guadagni»
- «hm, già, potrai insomma trovare una sistemazione», concluse a mezza voce dopo una breve pausa, non trovando niente di meglio da dire.
Essa gli afferrò la mano e la baciò silenziosamente, piena di gratitudine. Il Pinguino sentì le sue lacrime sulle dita; «ma su, via», volle dire, ma non fu capace di pronunciare. Si mise a guardare perplesso qua e là.
Tacquero entrambi, per un certo tempo. Egli la udì mormorare qualcosa, che però non riuscì a capire.
«Io… io… io ti ringrazio», singhiozzò alfine la Lisa, con voce strozzata, -
«io… io ti ringrazio, Ping…, io ti ringrazio, Taddeo. No, no, niente danaro», continuò vivacemente, quando egli si fece a ripetere, che l’avrebbe aiutata - «no, non ho bisogno di nulla» - si raddrizzò rapidamente e volse il capo verso la parete, affinché egli non potesse vederle il viso sconvolto dal dolore, tenendogli però convulsivamente stretta la mano, «e sto già bene. Sono così felice che tu… che tu non abbia orrore di me. No, no, davvero, sto bene e tutto va bene. Sai, è… è così spaventoso ricordarsi di quel che fu, una volta». Per un momento, le prese nuovamente un nodo alla gola ed essa si passò la mano intorno al collo, come se le mancasse il respiro. «Sai, che… che non si possa divenire vecchi, questa è la cosa più terribile».
Il Pinguino la guardò spaventato, credendo che vaneggiasse: solo a poco a poco, quando lei prese a parlare con più calma, intese quel che voleva dire.
«Prima, quando sei entrato, Taddeo, mi è sembrato che tu fossi ancora giovane e che mi volessi ancora bene», continuò a bassa voce, «e ciò mi accade spesso: talvolta, per un intero quarto d’ora. Specialmente quando vado per le strade, dimentico chi sia e credo che la gente mi guardi così perché sono giovane e bella. Ma poi, quando odo quel che i ragazzacci mi gridano dietro…», si coprì il viso con le mani.
«Non prendertela tanto, Lisa», disse, consolandola, il medico di Corte, «i ragazzi sono sempre cattivi senza sapere quel che fanno.
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