<Ibid., 254 d-e>238

 

Come nell’immagine della caverna, anche qui irriducibile quantità di dolore. E come nella caverna, due specie distinte di dolori; una volontaria, movimento imposto al corpo anchilosato, tirata di morso inflitta al cavallo cattivo; l’altra completamente involontaria, legata alla grazia stessa, la quale, benché sia l’unica fonte di gioia pura, è causa di dolori finché non si sia raggiunto lo stato di perfezione. Abbagliamento degli occhi, prurito alle ali.

Il dolore volontario ha solo un impatto del tutto negativo, è semplicemente una condizione. – Per definirne la natura, Platone si serve di un’immagine mirabile, quella dell’addestramento. Tale immagine è implicita nella metafora del carro, che risale a una antichità straordinariamente remota, dato che la si trova anche in antichi testi sanscriti.239

L’addestramento si fonda su quelli che oggi si chiamano riflessi condizionati. Associando a questa o quella cosa piacere o dolore, si suscitano nuovi riflessi che finiscono per prodursi automaticamente. In tal modo possiamo costringere l’animale che è in noi a un comportamento che non disturbi l’attenzione quando questa si volge alla fonte della grazia. I cani da circo si addestrano con colpi di frusta e zuccherini, ma molto più rapidamente e facilmente con la frusta, senza contare che non sempre si ha dello zucchero. Il mezzo principale è dunque il dolore. Ma il dolore in sé non ha alcun valore. Si può frustare un cane per un’intera giornata senza che impari nulla. I dolori che ci si infligge non sono utili ad alcunché, anzi possono nuocere se non procedono da un metodo funzionale allo scopo perseguito, ovvero: che la carne non turbi l’azione della grazia. Solo il metodo importa. All’animale che è in noi non bisogna dare un solo colpo di frusta in più rispetto allo stretto necessario che lo scopo esige. Ma neppure un solo colpo in meno.

Si noti che il cavallo cattivo è tanto un aiuto quanto un intralcio. È lui a trascinare irresistibilmente il carro verso il bello. Quando è completamente domato, il prurito alle ali è per il cocchiere un movente che basta. Ma all’inizio il cavallo cattivo è indispensabile.

Persino i suoi errori sono utili, giacché ciascun errore rappresenta un’occasione per progredire nell’operazione di addestramento. In definitiva il semplice accumularsi delle punizioni lo conduce a una completa docilità. Si noti bene che l’addestramento è un’operazione finita. Il cavallo può avere un temperamento assai difficile, e tale può rimanere a lungo, senza che vi sia un sensibile progresso, ma si è assolutamente certi che, punizione dopo punizione, diverrà infine di una docilità perfetta.

Tale è la fonte della certezza e il fondamento della virtù della speranza. Il male in noi è finito, così come lo siamo noi stessi. Il bene con l’ausilio del quale lo combattiamo è fuori di noi e infinito. È quindi assolutamente certo che il male si esaurirà.

Si noti che, se si tratta di un’operazione volontaria e di conseguenza naturale, questo addestramento avviene però solo se l’anima è toccata dal ricordo delle cose di lassù e le ali cominciano a spuntare. Ed è un’operazione negativa.

Quanto a ciò che opera la salvezza, la grazia accompagnata da gioia e dolore, è qualcosa che si riceve senza avervi parte alcuna, eccetto quella di mantenersi esposti alla grazia; vale a dire mantenere l’attenzione orientata con amore verso il bene. Il resto, penoso o soave, si opera in noi senza di noi.

 

*Il fatto che vi sia il secondo elemento dimostra che si tratta veramente di una mistica.*240

 

«orientato verso l’immenso mare della bellezza».241 <Simposio, 210 d>

I. <LA VIA DEL «SIMPOSIO»>242

«Colui che ha considerato243 le cose belle nell’ordine e come si conviene, giungendo al compimento dell’amore, all’improvviso contempla un bello di essenza soprannaturale (θαυμαστóν), quello per cui è andato incontro a tutte quelle pene. Esso è eternamente reale, non diviene né perisce, non aumenta né diminuisce. Non è in parte bello e in parte brutto, né a volte bello e a volte no, né bello sotto un certo aspetto e brutto sotto un altro, né bello qui e brutto là, né bello per gli uni e brutto per gli altri. Né il bello appare come un fantasma, come accade per i volti, per le mani, per tutte le cose corporee, e per ogni parola particolare, e per ogni scienza particolare.