Poi che i due bramini che erano saliti con me, eran scesi alla stazione ferroviaria di quella città sorreggendo una donna che pareva fosse stata colpita da un grave malore e portando in braccio una bambina bionda.

Il giorno seguente la nutrice era stata trovata morta in mezzo a un bosco di banani, con un fazzoletto di seta nera stretto al collo.

I Thugs l'avevano strangolata!

- Miserabili! - esclamò Yanez, stringendo i pugni.

- Ciò però non prova che siano stati i Thugs di Suyodhana a rapire la piccola Darma, - osservò Sandokan. - Possono essere stati dei banditi volgari che...

- No, signore, - disse il maharatto, interrompendolo. - Sono i Thugs di Suyodhana che hanno fatto il colpo perché una settimana dopo il mio padrone trovò nella sua stanza una freccia, che doveva essere stata scagliata dalla strada, la cui punta era formata da un piccolo serpente colla testa di donna, l'emblema dei settari della mostruosa Kalí.

- Ah! - esclamò Sandokan, aggrottando la fronte.

- E non è tutto, - prosegui Kammamuri. - Un mattino trovammo sulla porta della nostra abitazione un foglietto di carta con sopra dipinto l'emblema dei Thugs, sormontato da due pugnali incrociati fra un S.

- La firma di Suyodhana? - chiese Yanez.

- Sí, - rispose il maharatto.

- La polizia inglese non ha scoperto nulla?

- Ha proseguite le indagini per qualche settimana ancora, poi lasciò morire la cosa. Sembra che non desideri troppo imbarazzarsi coi Thugs.

- Non ha fatto ricerche nelle Sunderbunds? - chiese Sandokan.

- Si è rifiutata, col pretesto che non poteva disporre di uomini per organizzare una spedizione abbastanza forte per assicurare un buon successo.

- Non ha piú soldati dunque il governo del Bengala? - chiese Sandokan.

- Il governo anglo-indiano in questo momento è troppo occupato per pensare ai Thugs. L'insurrezione si allarga sempre piú, e minaccia di travolgere tutti i possedimenti inglesi dell'India.

- Ah! Vi è stata un'insurrezione in India? - chiese Yanez.

- E diventa di giorno in giorno piú terribile, signore. I reggimenti dei cipayes si sono rivoltati in piú luoghi, a Merut, a Delhi, a Lucknow, a Cawnpore e dopo d'aver fucilato i loro ufficiali accorrono sotto le bandiere di Tantia Topi e della bella e coraggiosa Rani.

- Ebbene, - disse Sandokan, alzandosi e facendo un giro attorno alla tavola con una certa agitazione, - giacché né la polizia, né il governo del Bengala possono occuparsi dei Thugs in questo momento, ci penseremo noi, è vero, Yanez?

Abbiamo cinquanta uomini, cinquanta pirati, scelti fra i piú valorosi di Mompracem, che non temono né i Thugs, né Kalí, armi di buona portata, una nave che può sfidare anche le cannoniere inglesi e dei milioni da gettar via.

Con tuttociò si può sfidare la potenza dei Thugs e dare a quel mostro di Suyodhana un colpo mortale.

La Tigre dell'India alle prese con la Tigre della Malesia! Ci sarà da divertirsi.

Vuotò il bicchiere colmo di quel delizioso liquore, stette un momento immobile cogli occhi fissi sul fondo della tazza, poi, girando bruscamente su se stesso e guardando il maharatto, chiese:

- Tremal-Naik crede che i Thugs siano tornati nei loro misteriosi sotterranei di Rajmangal?

- Ne ha la convinzione, - rispose Kammamuri.

- Dunque la piccola Darma deve essere stata condotta là?

- Certo, signor Sandokan.

- Tu conosci Rajmangal?

- E anche i sotterranei. Vi dissi già che rimasi per sei mesi prigioniero dei Thugs.

- Sí, me ne ricordo. Sono vasti quei sotterranei?

- Immensi, signore, e si estendono sotto tutta l'isola.

- Sotto mi hai detto! Ecco una bella occasione per affogare là dentro tutte quelle canaglie.

- E la piccola Darma?

- Li affogheremo piú tardi, quando saremo riusciti a strappare a loro la piccola, mio bravo Kammamuri.

- Da quale parte si discende in quei sotterranei?.

- Da un foro aperto nel tronco principale d'un immenso banian.

- Ebbene, andremo a visitare le Sunderbunds, - disse Sandokan. - Mio caro Suyodhana, avrai ben presto notizie di Tremal-Naik e della Tigre della Malesia.

In quel momento si udirono un fragor di catene e un tonfo, poi dei comandi, quindi si sentí una scossa piuttosto brusca.

- Hanno gettato le ancore, - disse Yanez, alzandosi. - Saliamo, Sandokan.

Vuotarono le tazze e rimontarono sulla tolda.

La notte era scesa già da un paio d'ore, avvolgendo le pagode della città nera e i campanili, le cupole ed i grandiosi palazzi della città bianca, ma miriadi di fanali e di lumi scintillavano lungo le ampie gettate, nello Strand e nei superbi squares che sono annoverati tra i piú belli del mondo.

Sul fiume, che in quel luogo era largo piú d'un chilometro, un numero infinito di navi a vapore ed a vela, provenienti da tutte le parti del mondo, ondulavano sulle loro ancore, coi fanali regolamentari accesi.

La Marianna si era ancorata verso gli ultimi bastioni del forte William, la cui massa imponente giganteggiava fra le tenebre.

Sandokan si assicurò se le ancore avevano preso buon fondo, fece abbassare le immense vele che sfioravano le grab vicine poi ordinò di calare la bandiera.

- È quasi mezzanotte, - disse a Kammamuri. - Possiamo recarci dal tuo padrone?

- Sí, ma vi consiglierei di indossare un costume meno vistoso per non allarmare le spie dei Thugs. Io ed il mio padrone abbiamo la certezza di essere sorvegliati dai banditi di Suyodhana.

- Ci vestiremo da indiani, - rispose Sandokan.

- E meglio ancora da sudra - disse Kammamuri.

- Che cosa sono questi?

- Servi, signore.

- L'idea è buona. Le vesti non mancano a bordo; vieni ad acconciarci in modo da poter ingannare le spie e cominciamo la nostra campagna.

- Se la Tigre dell'India è furba, quella della Malesia non lo sarà meno. Vieni, Yanez.

 

 

Capitolo III

TREMAL-NAIK

 

Mezz'ora dopo la baleniera della Marianna scendeva il fiume, montata da Sandokan, Yanez, Kammamuri e da sei robusti malesi dell'equipaggio.

I due comandanti del praho si erano camuffati da servi indiani, annodandosi intorno ai fianchi un largo pezzo di tela, il dootée, e coprendosi le spalle con una specie di mantello di tela grossolana, di color marrone, il dubgah.

Entro la fascia però avevano nascoste un paio di pistole dalla canna lunga e il kriss malese, quel terribile pugnale a lama serpeggiante lungo piú d'un piede, che produce delle ferite orribili che di rado guariscono perfettamente.

La città era ormai immersa nelle tenebre, essendo stati spenti tutti i fanali delle gettate e degli squares; solamente i fanali delle navi rispecchiavano le loro luci bianche, verdi e rosse nelle oscure acque del fiume.

La baleniera filò fra i velieri, le grab, i pariah, le pinasse ed i piroscafi che ingombravano le due rive, poi si diresse verso i bastioni meridionali del forte William, approdando dinanzi alla spianata che in quel momento era buia e deserta.

- Ci siamo, - disse Kammamuri. - La via Durumtolah è a pochi passi.

- Abita un bengalow? - chiese Yanez.

- No, un vecchio palazzo indiano che un tempo era abitato dal defunto capitano Macpherson e che ereditò dopo la morte di Ada.

- Guidaci, - disse Sandokan.

Scese a terra, poi volgendosi verso i malesi, disse:

- Voi rimarrete qui ad aspettarci.

- Sí capitano, - rispose il timoniere, che aveva guidata la baleniera.

Kammamuri si era messo in marcia inoltrandosi attraverso la vasta spianata. Sandokan e Yanez lo avevano seguito tenendo una mano sotto il dubgah per essere piú pronti a estrarre le armi nel caso che fosse stato bisogno di servirsene.

La spianata però era deserta o almeno appariva tale, poiché in quell'oscurità non era facile poter distinguere un uomo.

Dopo pochi minuti imboccarono la via Durumtolah, fermandosi dinanzi ad un vecchio palazzo di stile indiano, di forma quadrata, sormontato da tre piccole cupole e da terrazze.

Kammamuri trasse una chiave e la introdusse nella toppa. Stava per aprire la porta, quando Sandokan, la cui vista era piú acuta di quella dei compagni, scorse un'ombra umana staccarsi da una delle colonne che reggevano una piccola veranda e allontanarsi rapidamente, scomparendo fra le tenebre.

Per un momento ebbe l'idea di precipitarsi sulle tracce del fuggitivo; però si trattenne temendo di cadere in qualche agguato.

- L'avete scorto quell'uomo? - chiese a Kammamuri e a Yanez.

- Chi? - domandarono a una voce il portoghese e il maharatto.

- Un uomo che si teneva celato dietro a una di quelle colonne. Avevi ragione Kammamuri di sospettare che i Thugs sorveglino la casa. Ne abbiamo avuto or ora la prova. Poco importa; quello spione non ha potuto vederci in viso con questa oscurità, e poi non mi conosce. Cercheremo però di sorprenderlo.

Kammamuri aprí la porta che poi richiuse senza far rumore e salita una scala di marmo che era ancora illuminata da una specie di lanterna cinese, introdusse i due comandanti del praho in una saletta ammobiliata semplicemente all'inglese, con sedia e tavola di bambú artisticamente lavorate.

Un globo di cristallo azzurro, sospeso al soffitto, proiettava una luce dolcissima, facendo scintillare le pietre lucidissime del pavimento, graziosamente intarsiate in nero, in rosso ed in giallo.

Erano appena entrati, quando una porta s'apri e un uomo si precipitò fra le braccia di Sandokan prima, poi fra quelle di Yanez, esclamando:

- Miei amici! Miei valorosi amici! Quanto vi ringrazio di essere venuti. Voi mi renderete la mia Darma, è vero?

L'uomo che cosí parlava era un bellissimo tipo d'indiano bengalino, di trentacinque o trentasei anni, dalla taglia elegante e flessuosa senz'essere magra, dai lineamenti fini ed energici colla pelle lievemente abbronzata e lucentissima e gli occhi nerissimi e pieni di fuoco.

Vestiva come i ricchi indiani modernizzati della Young-India, i quali hanno ormai lasciato il dootée e il dubgah pel costume anglo-indiano, piú semplice, ma anche piú comodo: giacca di tela con alamari di seta, fascia, ricamata e altissima, calzoni stretti, pure bianchi e turbantino ricamato.

Sandokan e Yanez avevano contraccambiato l'abbraccio dell'indiano, poi il primo gli aveva risposto con voce affettuosa:

- Calmati, Tremal-Naik, se noi abbiamo lasciata la nostra selvaggia Mompracem e siamo qui, vuol dire che siamo pronti a impegnare la lotta contro Suyodhana e tutti i suoi sanguinari banditi.

- La mia Darma! - gridò l'indiano con un singhiozzo straziante, mentre si comprimeva gli occhi come per impedire alle lacrime di sgorgare.

- La ritroveremo, - disse Sandokan. - Tu sai che cosa è stata capace di fare la Tigre della Malesia, quando tu eri prigioniero di James Brooke, il rajah di Sarawak.

Se io ho detronizzato quell'uomo che si chiamava lo sterminatore dei pirati e che con una sola parola faceva tremare tutti i sultani e i rajah del Borneo, saprò vincere anche Suyodhana e costringerlo a renderti la figlia.

- Sí, - disse Tremal-Naik, - tu e Yanez soli potreste misurarvi contro quei settari maledetti, contro quei sanguinari adoratori di Kalí e vincerli. Ah! Se dovessi perdere anche la figlia, dopo d'aver perduto la mia Ada, la sola donna che io abbia amata al mondo, sento che non sopravviverei e che impazzirei.

Aver tanto lottato e sofferto per strappare a quei mostri la donna che doveva diventare un giorno mia moglie e veder ora nelle loro mani mia figlia. È troppo! Sento che il mio cuore scoppia.

- Tranquillizzati, Tremal-Naik, - disse Yanez, che era vivamente commosso pel profondo dolore dell'indiano. - Non si tratta ora di piangere, bensí d'agire e di mettersi in campagna senza perdere tempo.

Udiamo, mio povero amico: sei tu convinto che i Thugs si siano nuovamente riuniti nei sotterranei di Rajmangal?

- Ne ho la certezza, - rispose l'indiano.

- E che Suyodhana sia là?

- Si dice che sia tornato fra di loro.

- Dunque la piccola Darma sarà stata portata a Rajmangal? - disse Sandokan.

- Non ne ho la certezza.

Essa però deve aver rimpiazzato il posto che occupava un giorno sua madre, mia moglie.

- Può correre qualche pericolo?

- Nessuno: la «Vergine della pagoda» incarna sulla terra la mostruosa Kalí e la si adora e la si teme come una divinità autentica.

- Dunque nessuno ardirebbe farle alcun male.

- Nemmeno Suyodhana, - rispose Tremal-Naik.

- Quanti anni ha la tua Darma?

- Quattro anni.

- Che strana idea di fare d'una bambina una divinità! - esclamò Yanez.

- Era la figlia della «Vergine della pagoda» che per sette anni rappresentò Kalí nei sotterranei di Rajmangal, - disse Tremal-Naik, con un singhiozzo soffocato.

- Fratellino mio, - disse Yanez, volgendosi verso Sandokan, - Tu mi hai parlato d'un progetto.

- E l'ho anche maturato, - rispose la Tigre della Malesia. - Solamente vorrei, prima di metterlo in esecuzione, avere la certezza che i Thugs si trovino realmente nei sotterranei di Rajmangal. Ciò è necessario.

- Come fare dunque?

- Bisogna impadronirci di qualche thug e costringerlo a confessare. Suppongo che a Calcutta ve ne saranno.

- E non pochi, - disse Tremal-Naik.

- Cercheremo di scovarne qualcuno.

- E poi? - chiese Yanez.

- Se si sono nuovamente radunati a Rajmangal, andremo a fare una partita di caccia fra quelle jungle.