Non vedo quasi mai nessuno; penso a te contando i giorni».

- Perché questa gente che sembra ricca e intelligente non pensa a chieder la grazia? - si domandò il Direttore; e passeggiando nell’orto, ove la primavera toscana trionfava con splendide fioriture di rose bianche, gialle e vermiglie, e dove fra l’intenso verde degli erbacci i berrettini rossi degli ortolani reclusi fiammeggiavano come papaveri, pensò assai stranamente alla soave e forte sorella del n. 245. Se la figurava alta e bruna come il fratello, col pallido viso arabo marcato da quella fatale fisionomia che distingueva il detenuto; e la vedeva 14

curva sul suo arazzo pazientemente istoriato, e slanciata al trotto d’un piccolo cavallo sardo, con gli occhi socchiusi al dardeggiante sole del maggio isolano.

Poi si meravigliò, si vergognò della sua puerile romanticheria e provò una di quelle sorde e occulte collere che spesso violentando la sua naturale freddezza gli ribollivano nel sangue scarso, lasciandolo poi esausto e più che mai indifferente.

Passò la primavera e vennero altre tre o quattro lettere di Paola: nell’ultima ella prometteva di mandar il ritratto, purché fosse sicura che avrebbero permesso a Cassio di riceverlo.

- È permesso - scrisse nervosamente in calce alla lettera il Direttore, prima di farla consegnare al detenuto.

Per una, due, tre lunghe settimane vi furono nello stabilimento - sotto il gran cielo azzurro pervaso da un sole ardente che cangiava le celle in fornaci snervanti - due anime che attesero passionatamente, sebbene in diversa aspettazione, quel ritratto di donna.

L’attesa di Cassio era dolce e profonda: nella rassegnazione dolente che l’abitudine e la speranza cominciavano a infondergli nel cuore, l’attesa di quel ritratto gli dava quasi un sentimento di felicità: si svegliava prestissimo pensando che quel giorno avrebbe forse ricevuto; e in attesa della guardia che venisse a condurlo all’ufficio, tornava all’inferriata e protendeva ancor fuori le bianche mani, quasi volendo raccoglier entro le palme tutta la frescura del mattino: e pensava sempre al ritratto. Fuori le rondini scendevano e salivano sempre, gorgheggiando, con le ali e la coda perlate di vividi riflessi di luce: la campagna gialla circondava di aurei tappeti il verde lucente dei lontani vigneti; e in fondo l’Appennino vigilava fra le cerule luminosità del mattino.

Il detenuto ricordava le rosse aurore delle sue montagne fulgenti di ginestre fiorite, pensava al ritratto e provava un vago sentimento di gioia. Il Direttore s’alzava da letto col volto più che mai terreo e pensava anch’egli al ritratto, ma la sua attesa era composta di inquietudine, di amarezza, di collera contro sé stesso, che non sapeva vincere la sua sciocca curiosità, il suo sciocco sentimentalismo, lo sciocco interesse che quella gente gli destava (così egli dicevasi). E scendeva negli orti, e risaliva in Direzione, e faceva il suo dovere, e sbrigava il suo arido lavoro, e passava con gli occhi freddi e le mani nelle tasche del soprabito estivo (anche nei giorni più ardenti indossava un leggero soprabito nero) attraverso quegli uomini dalla fronte marchiata sotto il sanguinante vergognoso berretto, ma aspettava il ritratto. In fondo in fondo, sotto la sua collera nascosta, sotto il suo crudele malumore, gli brillava un punto di dolcezza, una scintilla come quella che brillava smarrita nella fredda trasparenza dei suoi occhi verdi, vaga e incerta, sì, ma scintilla. E questa scintilla, questo punto di luce occulto e indefinito raggiò altamente all’arrivo del ritratto. Un ritratto vivo, splendido, non parlante ma sorridente d’un affascinante sorriso.

Ella non era come la fantasia se la figurava: era bionda, non bruna, bianca e delicatamente bella: negli occhi oscuri, non molto grandi ma graziosamente obliqui, nella bocca lunga ed infantilmente arcuata e nel mento diviso da una profonda fossetta, ardeva e scintillava un sorriso ineffabile. Quel sorriso era la bontà e la dolcezza delle sue lettere, era l’indefinita fragranza che le sue parole esalavano, era il misterioso e suggestionante fascino che aveva preso e conquistato da lontano la piccola anima di quell’ometto taciturno che passava per crudele ed era temuto e odiato solo perché era un povero sognatore.

La lettera che accompagnava la fotografia era, al solito, buona e dolce; a un certo punto diceva:

«Mi ho fatto il ritratto pensando a te, e sorridendoti: che il mio sguardo e il mio sorriso ti rechino un po’ di gioia e ti confortino a sperare in giorni migliori di questi. Leggi nei miei occhi quanto ancora vorrei dirti».

Il Direttore, a questo punto, guardò ancora gli occhi del ritratto, poi finì di legger la lettera, poi guardò nuovamente la fotografia, volgendola alla luce: e nel riflesso della luce l’immagine ebbe quasi parvenza di realtà, i begli occhi splendettero, le pure labbra sorrisero.

- Oh Dio, come sono sciocco! - disse a sé stesso il signor Longino; ma in fondo all’anima pensava: - Come scriverà al suo innamorato, questa creatura elegante e fine, se scrive così ad un fratello? -. E tosto, tristemente, pensò ch’egli era 15

piccolo, brutto, apparentemente vecchio, odiato e temuto da tutti quei disgraziati che il freddo suo occhio dominava.

Rilesse la lettera, tornò a guardare la lucente figura di Paola e… per quel giorno né l’una né l’altra furon consegnati al detenuto.

Di notte il signor Direttore ebbe un sogno bizzarro: gli sembrava avvenisse una rivolta fra i reclusi; alcuni urlavano contro di lui, spezzavano le catene e gli si avventavano sopra. Egli teneva fra le mani il ritratto di Paola, e non poteva muoversi, né difendersi, perché ciò facendo il ritratto sarebbe caduto per terra e il n. 245 si sarebbe accorto dell’appropriazione indebita del signor Direttore. Ma mentre stava per esser soffocato dagli artigli dei reclusi, appunto Cassio si gettò fra loro gridando: «Lasciatelo, perché egli sposerà mia sorella! Allora diverrà buono con voi perché ella è tanto buona!…».

Si svegliò sudato e commosso, né poté riattaccar sonno né trovar riposo.

Cassio, intanto, continuava nella sua attesa alla cui dolcezza cominciava però a frammischiarsi una vaga inquietudine: aspettò ancora una settimana, e il ritratto non giunse.