Quando i due giunsero a portata di voce (proprio sotto gli occhi della ragazza), l’uomo più vecchio s’inchinò e s’avvicinò all’altro con molto ossequio. Non pareva che l’argomento del suo discorso fosse molto importante; infatti, dai suoi gesti, sembrava in certi momenti che chiedesse soltanto la strada; ma la luce lunare gli illuminava la faccia mentre parlava, e la ragazza si compiaceva a osservarlo, perché spirava una cortesia tanto innocua e di vecchio stampo, pur con qualcosa di altero, come un ben radicato orgoglio. Ora lo sguardo della donna passò all’altro uomo, e fu sorpresa di riconoscere in lui un certo signor Hyde, che era venuto un giorno in casa del suo padrone, e per il quale aveva provato disgusto. Il signor Hyde aveva in mano un pesante bastone, con il quale giocherellava; ma non rispondeva nulla, e pareva ascoltare con una malcelata impazienza. Poi, d’improvviso, scoppiò in un impeto d’ira, battendo il piede a terra, brandendo il bastone e comportandosi (secondo la descrizione della ragazza) come un pazzo. Il vecchio signore fece un passo indietro, con l’aria di chi è molto sorpreso e anche un poco offeso; allora il signor Hyde oltrepassò ogni limite, e lo gettò in terra. Poi, con scimmiesca furia, lo calpestò, tempestandolo con una gragnuola di colpi, sotto i quali si udivano scricchiolare le ossa e il corpo rimbalzava sulla strada. All’orrore di quella vista e di quel rumore, la domestica svenne.
Erano le due quando riprese i sensi, e chiamò la polizia. L’assassino era ormai lontano; ma la vittima giaceva lì in mezzo al vicolo, incredibilmente sfigurata. Il bastone con il quale era stato commesso il delitto, benché fosse di legno molto raro e solido e pesante, s’era rotto a metà sotto la foga di quella insensata ferocia; uno dei pezzi era rotolato nel rigagnolo vicino, e l’altro, senza dubbio, era stato portato via dall’assassino. Addosso al cadavere vennero rinvenuti un porta-moneta e un orologio d’oro; ma nessuna carta, tranne una busta sigillata e affrancata, che probabilmente il malcapitato stava portando alla posta, e che portava il nome e l’indirizzo del signor Utterson.
La busta fu recapitata all’avvocato la mattina dopo, prima che si alzasse; egli appena la ebbe sotto gli occhi, e seppe dell’accaduto, si lasciò sfuggire una solenne imprecazione. «Non dirò nulla sinché non avrò visto il cadavere,» disse. «Può essere una faccenda molto seria: abbiate la gentilezza di aspettare che mi vesta.»
E con la stessa aria preoccupata consumò in fretta la prima colazione e si fece condurre al posto di polizia ove il cadavere era stato trasportato. Appena entrato, l’avvocato annuì. «Sì,» disse «lo riconosco. Mi duole dire che si tratta di Sir Danvers Carew.»
«Dio buono, signore,» esclamò l’ufficiale «è possibile?»
Poi i suoi occhi s’illuminarono di ambizione professionale. «La faccenda farà molto chiasso;» disse «e forse voi potreste aiutarci a scoprire l’assassino.» E prese a narrare brevemente quello che la ragazza aveva visto, mostrando il bastone rotto.
Il signor Utterson aveva già sussultato all’udire il nome di Hyde; ma, quando gli misero davanti il bastone, non ebbe più dubbi: rotto e rovinato come era, lo riconobbe per un bastone che lui stesso aveva regalato molti anni prima al dottor Jekyll.
«Questo signor Hyde è una persona di bassa statura?» domandò.
«Particolarmente basso e particolarmente cattivo, così almeno lo descrive la cameriera,» disse l’ufficiale.
Il signor Utterson rifletté un attimo; poi, alzando la testa, disse: «Se venite con me nella mia carrozza, credo di potervi condurre alla sua abitazione.»
Erano circa le nove di mattina, e c’era la prima nebbia della stagione. Un gran mantello color cioccolato si stendeva nel cielo, ma il vento spazzava continuamente via quel cumulo di vapori; perciò mentre la carrozza avanzava per le vie, il signor Utterson poteva contemplare varie sfumature e gradazioni di luce; in certi punti era nero come al calar della notte, in altri era denso, sporco, marrone come luci di una strana conflagrazione; in altri ancora, per un attimo la nebbia si lacerava completamente e un pallido raggio di luce ammiccava attraverso i vapori inquieti. Il cupo quartiere di Soho, visto sotto quei riflessi mutevoli, con le umide vie e i passanti sudici, i lampioni, che non erano mai stati spenti, o che erano stati accesi di nuovo per combattere la nuova tetra invasione di oscurità, pareva all’avvocato il ghetto di una città d’incubo. Pure i pensieri dell’avvocato erano profondamente tetri; e, gettando un’occhiata al compagno di viaggio, si rese conto di provare quel terrore della legge e dei suoi funzionari, che può alle volte assalire anche l’uomo più onesto.
Quando la carrozza si arrestò davanti alla porta indicata, la nebbia si sollevò un poco e lasciò vedere una strada lurida, una taverna, una trattoria francese d’infimo ordine, un negozio di vendita al minuto di erbaggi, molti bimbi cenciosi radunati sulle soglie, e molte donne di varie nazionalità che passavano con la loro chiave in mano, per andare a bere un cicchetto mattutino; poi la nebbia calò di nuovo, color dell’ombra, e lo isolò da quel volgare scenario. Quella era la casa dell’amico prediletto di Henry Jekyll, dell’erede di un quarto di milione di sterline.
Una vecchia dalla faccia color avorio e dai capelli argentei aprì la porta. Aveva un’espressione cattiva, smussata dall’ipocrisia, ma i suoi modi erano compiti. Sì, disse, quella era la casa del signor Hyde, ma lui non si trovava in casa; quella notte era tornato molto tardi, ed era uscito di nuovo dopo neppure un’ora; non c’era nulla di strano in quel fatto; le abitudini del signor Hyde erano molto irregolari, ed era spesso assente; a esempio, erano quasi due mesi che non lo si vedeva, prima del ritorno di quella notte.
«Benissimo, allora, vorremmo vedere la sua abitazione» disse l’avvocato; e, quando la donna cominciò a protestare ch’era impossibile, aggiunse: «Farei meglio a dirvi chi è questa persona: è l’ispettore Newcomen di Scotland Yard.»
Un lampo di feroce gioia apparve sulla faccia della donna. «Ah!» disse «si trova nei guai! Cosa ha fatto?»
Il signor Utterson e l’ispettore si scambiarono una occhiata.
«Non sembra che il signor Hyde sia molto benvoluto» osservò il secondo.
«E ora, mia buona donna, lasciate che questo signore e io diamo uno sguardo intorno.»
Di tutta la casa, abitata solo dalla vecchia, il signor Hyde usava unicamente due stanze; ma queste erano ammobiliate con lusso e buon gusto. Uno stanzino era pieno di vini; i piatti erano d’argento e le tovaglie eleganti; un bel quadro era appeso alla parete, dono, come Utterson suppose, del dottor Jekyll, che era un buon intenditore; i tappeti erano pregiati e di colori gradevoli. In quel momento però le stanze rivelavano d’essere state messe sottosopra da poco, e in fretta: a terra giacevano indumenti, con le tasche rivoltate; i cassetti erano aperti, e sul focolare era un mucchio di cenere grigia, come se molte carte fossero state bruciate. Da quelle ceneri l’ispettore trasse l’estremità di un libretto verde di assegni, che aveva resistito all’azione del fuoco; l’altra metà del bastone fu trovata dietro una porta; e, poiché questa scoperta confermava i suoi sospetti, l’ispettore si dichiarò soddisfatto. Una visita alla banca, dove parecchie migliaia di sterline risultarono depositate a credito dell’assassino, completò la sua soddisfazione.
«Potete essere certo, signore,» egli disse al signor Utterson «ora è nelle mie mani. Deve aver perduto la testa, altrimenti non avrebbe mai lasciato lì quel bastone, né, soprattutto, avrebbe bruciato il libretto di assegni. Il denaro è la vita dell’uomo.
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