Sempre la stessa… Come vorrei che tutto questo appartenesse a noi due », sospirò Susy.

8.

Non fu colpa della signora Vanderlyn se, una volta arrivata, il suo palazzo sembrò appartenere sempre meno ai Lansing.

Arrivò così grondante di benevolenza che per Susy, quando si trovarono finalmente sole, fu impossibile esprimerle, se non nella luce più benevola, la propria opinione sul suo recente comportamento.

« Lo sapevo che ti saresti occupata di tutto come un vero angelo, tesoro, perché sapevo che mi avresti capito… e in particolare adesso », dichiarò, abbandonando le affusolate mani in quelle dell’amica, con i grandi occhi (tanto simili a quelli di Clarissa) sfavillanti di piaceri vissuti nel passato e di progetti da realizzare nel futuro.

La sua manifestazione di fiducia risultò imprevedibilmente fastidiosa per Susy Lansing, che non aveva mai prestato un orecchio tanto freddo a così calorosi riconoscimenti. Era sempre stata convinta – come sembrava esserlo anche la signora Vanderlyn – che l’essere felici rendesse più tolleranti nei confronti della felicità altrui, per quanto essa potesse essere determinata da fattori discutibili; per cui si vergognava quasi di corrispondere con tanta apatia alle effusioni dell’amica. Dal canto suo, però, non aveva nessun desiderio di confidare la propria felicità a Ellie: come avrebbe potuto, la stessa Ellie, non accorgersi di una simile reticenza?

«E stato tutto perfetto… vedi, tesoro, sono stata fatta per essere felice », continuò la signora, come se il disporre di una caratteristica tanto inusuale la destinasse a privilegi particolari.

Susy replicò con una certa bruschezza che aveva sempre supposto che ciò valesse per tutte le donne.

«Oh, no, carissima: non per governanti, suocere, dame di compagnia e simili. Anche se tentassero, non saprebbero come fare. Mentre tu e io, tesoro… »

«Oh, io non mi considero in alcun modo fuori dalla norma », ribatté Susy. E avrebbe avuto una gran voglia di aggiungere: « Non nel tuo modo, comunque », ma qualche minuto prima la signora Vanderlyn le aveva detto che il palazzo era a sua disposizione per il resto dell’estate: lei si sarebbe fermata – sempre che lei glielo consentisse – soltanto il tempo sufficiente per mettere insieme le sue cose e ripartire per St. Moritz. Il ricordo di tale dichiarazione ebbe l’effetto di mettere il freno all’ironia di Susy e di farle spostare la conversazione sull’argomento più sicuro, seppure meno coinvolgente, del numero di abiti da giorno e da sera necessari per trascorrere una stagione a St. Moritz.

Mentre ascoltava la signora Vanderlyn – non meno eloquente su questo tema che sull’altro – Susy cominciò a valutare la frattura che si era aperta tra il suo passato e il suo presente. « È la vita che facevo anch’io, sono le cose per cui vivevo anch’io », pensò, davanti al glorioso dispiegarsi del guardaroba dell’amica. Non che non gliene importasse più nulla: non poteva guardare i pizzi, le sete e le pellicce di Ellie senza immaginare di averli addosso lei stessa e chiedersi attraverso quale nuovo miracolo di arte dell’arrangiarsi avrebbe potuto conferirsi il tono di essere abbigliata dagli stessi consumati artisti. Ma ormai erano diventati interessi di secondo piano: gli ultimi mesi le avevano dato una nuova prospettiva, la cosa che più la rendeva perplessa e sconcertata nei confronti di Ellie era il fatto che per lei amore, biancheria, bridge e cene fuori sembravano tutte cose da porre sullo stesso piano.

L’esame degli abiti durò a lungo e fu contrassegnato da molte variazioni di umore da parte della signora Vanderlyn, su una gamma che andava da una relativa speranzosità alla disperazione per la totale inadeguatezza del suo guardaroba. Non era certamente il caso di andare a St. Moritz a fare la figura della stracciona, ma d’altra parte non c’era tempo per farsi mandare qualcosa da Parigi; e comunque, qualsiasi cosa facesse, non aveva nessuna intenzione di farsi vedere con addosso qualsivoglia capo rimodernato alla bell’e meglio in casa. Ma improvvisamente ebbe un’illuminazione che le fece congiungere le mani per la gioia. «Ma certo! Me li porta Nelson… Mi ero completamente dimenticata di lui! Se gli mando subito un telegramma ci sarà appena il tempo necessario. »

« Nelson ti raggiunge a St. Moritz? » chiese Susy, sorpresa.

« Cielo, no! Viene qui a prendere Clarissa per portarla a non so quale barbosa cura termale in Austria con la nonna. Che fortuna: ho appena il tempo di telegrafargli che mi porti le mie cose. Non avevo nessuna intenzione di rimanere qui ad aspettarlo, ma non mi farà tardare più di un paio di giorni. »

Susy si sentì sprofondare il cuore. Di Ellie da sola non aveva paura più di tanto, ma insieme a Nelson costituiva una minaccia incalcolabile. Nessuno poteva dire quale scintilla di verità sarebbe potuta scaturire da una loro collisione. E lei sapeva di essere in grado di gestire i due pericoli separatamente e in momenti diversi, ma non insieme e contemporaneamente.

« Ma perché dovresti rimanere qui ad aspettare Nelson, Ellie? Sono sicura che troverò qualcuno che viene a St. Moritz e che può portarti là le tue cose, se tuo marito le porta qui. » Argomento che lì per lì parve convincere la signora Vanderlyn. « È vero; dicono che tutti gli alberghi sono strapieni. Come sei sempre pratica, mia cara! » E si strinse l’amica al profumato seno. « Inoltre, sai, tesoro, sono sicura che sarete ben felici di liberarvi di me… tu e Nick! Adesso non fare l’ipocrita e non dire ’sciocchezze’! Vedi, io capisco… ho pensato moltissimo a voi due… durante le benedette settimane in cui anche noi due eravamo soli… »

Le lacrime improvvise, che traboccarono dai begli occhi di Ellie e che minacciarono di far colare i sottostanti cerchi azzurri nel contiguo carminio, riempirono Susy di contrizione.

«Poverina… oh, poverina! » pensò; quindi, sentendosi chiamare da Nick che stava aspettando di portarla fuori per il solito tramonto sulla laguna, si sentì pervadere da un’ondata di pietà per l’illusa creatura che non avrebbe mai gustato la più elevata delle gioie immaginabili. « Comunque », rifletté poi, mentre si precipitava a raggiungere il marito, «sono contenta di averla convinta a non aspettare Nelson.