Re Lear Read Online
RE LEAR, sovrano di Britannia | |
IL RE DI FRANCIA | |
IL DUCA DI BORGOGNA | |
IL DUCA DI CORNOVAGLIA | |
IL DUCA D’ALBANIA | |
IL CONTE DI KENT | |
IL CONTE DI GLOUCESTER | |
EDGARDO, suo figlio | |
EDMONDO, suo figlio bastardo | |
UN VECCHIO, suo vassallo | |
CURANO, cortigiano | |
OSVALDO, maggiordomo di Gonerilla | |
UN MEDICO | |
IL MATTO, buffone di corte | |
UN UFFICIALE, al servizio di Edmondo | |
UN GENTILUOMO, al servizio di Cordelia | |
UN ARALDO | |
GONERILLA | |
REGANA | figlie di Re Lear |
CORDELIA | |
Servi del Duca di Cornovaglia | |
Cavalieri del seguito di Lear | |
Ufficiali | |
Messaggeri | |
Soldati | |
Persone del seguito |
SCENA: in Britannia.
ATTO PRIMO
SCENA I – Sala nel palazzo di Re Lear. Un grande tavolo con sedie nel mezzo.
Entrano KENT, GLOUCESTER e EDMONDO
KENT - | Mi pareva che il re prediligesse il Duca d’Albania al Cornovaglia.(2) |
GLOUCESTER - | Così anche a noi; senonché ora, nella spartizione che vuol fare del regno, non appare quale dei duchi ei voglia prediligere; son sì ben bilanciate le lor parti, ch’anche il più minuzioso scrutatore non saprebbe indicare quale scegliere. |
KENT - | (Indicando il giovane Edmondo) Vostro figlio, signore? |
GLOUCESTER - | A me è toccato crescerlo, signore. Il riconoscerlo come mio figlio m’ha procurato ormai tanti rossori che ormai ci ho fatto la faccia di bronzo. |
KENT - | Come?… Mi pare di non concepire… |
GLOUCESTER - | Oh, quanto a concepire,(3) signor mio, ci riuscì benissimo la madre di questo bellimbusto, e per l’appunto divenne tanto rotondetta in grembo da ritrovarsi un figlio nella culla prima d’avere un marito nel letto. Che, vi pare mal fatto? |
KENT - | Anzi, tutt’altro; mi spiacerebbe che fosse disfatto, visto il bel frutto. |
GLOUCESTER - | Ho, però, un altro figlio, signore, fatto a rispetto di legge, più o meno un anno maggiore di lui, che non tengo però in maggior conto, nonostante che sia venuto al mondo piuttosto alla sprovvista, il birboncello voglio dire, senz’esservi chiamato; ma sua madre era bella, e il fabbricarlo è stato un bel trastullo; ed il bastardo va riconosciuto. Conosci questo gentiluomo, Edmondo? |
EDMONDO - | No, signore. |
GLOUCESTER - | È Lord Kent. D’ora in avanti ti devi ricordare di lui come d’un mio onorato amico. |
EDMONDO - | (A Kent) Servitore di vostra signoria. |
KENT - | Ti dovrò voler bene, giovanotto, e conoscerti meglio, con il tempo. |
EDMONDO - | Farò di meritarlo, mio signore. |
GLOUCESTER - | È stato via nove anni, e dovrà presto partire di nuovo. |
(Squilli di tromba all’interno)(4) | |
Ma ecco, arriva il re. | |
Entra uno che reca su un cuscino di velluto rosso una corona; dietro a lui, nell’ordine, RE LEAR, il DUCA D’ALBANIA, il DUCA DI CORNOVAGLIA, GONERILLA, REGANA, CORDELIA e persone del seguito. | |
LEAR - | Gloucester,(5) andate voi ad occuparvi dei signori di Francia e di Borgogna. |
GLOUCESTER - | Va bene, mio sovrano. |
(Esce insieme con Edmondo) | |
LEAR - | Nel frattempo vi renderemo note qui le nostre segrete decisioni. Ecco la mappa. |
(Dispiega sul tavolo un rotolo con la mappa del regno) Voglio che sappiate che abbiam diviso il nostro regno in tre e che è nostro preciso intendimento scrollarci dalle nostre vecchie spalle tutte le cure e gli affari di Stato per affidarli a più giovani forze, mentre, sgravati ormai d’ogni fardello, ci avviamo alla morte. Figlio nostro di Cornovaglia, e voi non meno caro figlio d’Albania, è nostra ferma volontà in quest’ora notificarvi quel che avranno in dote le nostre figlie, sì da prevenire sin d’ora ogni futura lor discordia. I principi di Francia e di Borgogna, rivali illustri nel chieder la mano della nostra più giovane figliola, hanno protratto ormai fin troppo a lungo l’amoroso soggiorno in questa corte, e bisognerà dar loro risposta. Ordunque ditemi, figliole mie,(6) poiché siamo in procinto di spogliarci da oggi d’ogni nostra potestà, come di ogni possesso materiale e d’ogni altro interesse dello Stato, ditemi dunque quale di voi tre dovremo dire ci vuol più bene, sì che la nostra liberalità si possa estendere in maggior misura a quella nel cui animo l’affetto naturale di figlia rivaleggia con il merito.(7) Parla tu per prima, Gonerilla, che sei nata per prima. | |
GONERILLA - | Signore, il bene mio è ben maggiore di quanto possa dirvi la parola; v’ho più caro della mia stessa vista, del mio spazio, della mia libertà, più d’ogni cosa al mondo, per preziosa e per ricca che si stimi; io non v’ho meno caro d’una vita che sia fatta di grazia, di salute, di bellezza, d’onore; v’amo il massimo che possa amare un figlio il padre, e il padre essere amato: v’amo d’un amore che la mia lingua è povera e impotente a dire: v’amo oltre ogni misura.(8) |
CORDELIA - | (Tra sé) Che potrà dir Cordelia? Tacere, solo, ed amare in silenzio. |
LEAR - | (A Gonerilla) Di quanto è incluso tra questi confini, da questa linea a questa: un territorio ricco di ombrose selve e di campagne, con abbondanti fiumi e vasti prati, noi ti facciamo da oggi signora: restino essi in perpetuo possesso dei discendenti tuoi e d’Albania. (A Regana) Che cosa dice la nostra seconda, la dilettissima nostra Regana sposa di Cornovaglia? Parla, figlia. |
REGANA - | Io sono fatta dello stesso conio di mia sorella, e mi stimo moneta di egual valore. Trovo nel mio cuore uno stesso sincero atto d’amore, ma il mio è senza limiti o confini; perché professo d’essere refrattaria a ogni altra gioia che possa venirmi dal più prezioso equilibrio dei sensi e di trovare l’unica mia gioia nell’amore per vostra cara altezza. |
CORDELIA - | (c. s.) Ah, povera Cordelia!… Anzi, non povera, perché il mio amore, sono sicura, è ricco, assai più ricco di quanto possa esserlo la lingua. |
LEAR - | (A Regana) Resti dunque assegnato a te e ai tuoi in possessione e perpetuo retaggio questo terzo di tutto il nostro regno, non inferiore, sia per estensione che per valore e rendita fondiaria, a quello destinato a Gonerilla. Ed ora a te, Cordelia, gioia nostra, ultima nell’età ma non nel cuore, il cui giovane amore i vigneti di Francia si contendono col latte di Borgogna:(9) che sai dire per ottenere un terzo del mio regno più ricco ed opulento rispetto a quelli delle tue sorelle? Parla! |
CORDELIA - | Nulla, signore. |
LEAR - | Come, nulla! |
CORDELIA - | Nulla. |
LEAR - | Da nulla non può uscire nulla.(10) Su, parla ancora. |
CORDELIA - | Infelice ch’io sono, non so portare il cuore sulle labbra! Amo vostra maestà, né più né meno. che mi detta il mio vincolo di figlia. |
LEAR - | Su, Cordelia, su, su, correggi un poco questo tuo parlare, se non vuoi rovinar le tue fortune. |
CORDELIA - | Signore, voi m’avete generata, allevata ed amata. Questi debiti io vi ripago al lor giusto valore: io vi obbedisco, vi amo e vi onoro su ogni altra cosa al mondo. Perché le mie sorelle hanno un marito, se dicono di amare voi soltanto? Io, se mi sposerò, il mio signore con la stessa mano che avrà preso la mia come mio pegno porterà via con sé anche metà dell’amor mio per voi, delle mie cure e di tutto il mio debito di figlia.. Certo non mi sposerò, come professano le mie sorelle, per riservare poi tutto l’amore, solo a mio padre. |
LEAR - | Parli con il cuore? |
CORDELIA - | Con il cuore, mio buon signore, sì. |
LEAR - | Così giovane, e già così impassibile? |
CORDELIA - | Così giovane, sì, e così sincera. |
LEAR - | E così sia! La tua sincerità sia pure allora tutta la tua dote! Ché, per il sacro fulgore del sole, per i misteri d’Ecate e la notte, e per tutti gli influssi dei pianeti per cui viviamo o cessiamo di vivere, io qui rinnego ogni paterna cura, propinquità e affinità di sangue con te, e d’ora in poi consìderati estranea per sempre a me ad al mio cuore. D’ora in poi troveranno maggiore simpatia, pietà ed aiuto nell’animo mio il barbarico Scita o chi per cibo si divora la carne dei suoi figli,(11) di te, non più mia figlia. |
KENT - | Mio buon re… |
LEAR - | Taci, Kent! Non venire ad interporti fra il drago e la sua furia! Costei l’ho amata più delle altre due, e pensavo d’affidar quel che mi resta da vivere alle cure sue gentili di figlia. (A Cordelia) Via di qua, togliti da dinnanzi alla mia vista! Così spero aver pace nella tomba com’è certo che il cuore di suo padre oggi costei l’ha perduto per sempre! |
Chiamate il re di Francia!… Chi si muove?… E il Duca di Borgogna! Voi due, Cornovaglia ed Albania, con la dote dell’altre mie due figlie spartitevi fra voi anche la terza. Se la prenda per moglie il suo orgoglio, ch’ella chiama sincerità e schiettezza. Investo qui in voi due, congiuntamente, i miei poteri, la dignità regia e l’insieme degli ampi privilegi che s’accompagnano alla maestà. Noi fisseremo presso ognun di voi la nostra residenza, a mesi alterni, con cento cavalieri al nostro seguito, che saran mantenuti a vostre spese. Riterremo per noi soltanto il titolo ed ogni onore che s’addice a un re; ma il potere sovrano, le finanze e il governo di tutto il rimanente siano ormai vostri, miei diletti figli. A conferma queste decisioni, spartisco tra voi due questa corona. | |
(Si toglie la corona dal capo e la porge ai due duchi che l’afferrano contemporaneamente e la poggiano sul tavolo sulla mappa del regno) | |
KENT - | Regale Lear, da me sempre onorato come mio re, come padre amato, sempre seguìto come mio padrone ed invocato nelle mie preghiere come mio gran patrono e protettore… |
LEAR - | L’arco è piegato, Kent, la corda è tesa, bada a schivar lo strale! |
KENT - | E invece scoccalo, dovesse pur la sua forcuta punta penetrarmi nel cuore! Sia Kent irriguardoso al suo sovrano, se Lear è insensato! Che intendi fare, vecchio, su di me? Credi tu che il rispetto debba starsene zitto per paura, quando vede la maestà d’un re inchinarsi così all’adulazione? È dell’uomo d’onore parlar chiaro, quando la maestà si fa follia. Conserva in mano tua il tuo potere, e frena, in più maturo tuo consiglio, questa mostruosa precipitazione. Son convinto, e son pronto con la vita a risponder di questo mio giudizio che la più giovane delle tue figlie non t’ama meno delle sue sorelle; non è vuoto quel cuore la cui voce non ripercuote vacui rimbombi.(12) |
LEAR - | Smettila, Kent, se t’è cara la vita! |
KENT - | La mia vita l’ho sempre ritenuta come un pegno d’onore, mio signore, contro i nemici tuoi;(13) perciò di perderla non ho paura, quando si tratti della tua salvezza. |
LEAR - | Fuori dalla mia vista! |
KENT - | La tua vista, faccia lo sforzo, Lear, di veder meglio, e rimanga io sempre del tuo occhio l’autentico bersaglio.(14) |
LEAR - | Ah, per Apollo!… |
KENT - | Non bestemmiare, re, gli dèi invano. |
LEAR - | Insolente vassallo! |
(Mette mano alla spada, ma i duchi lo fermano) | |
ALBANIA /CORNOVAGLIA - | (Insieme) Fermo, sire! trattenetevi! |
KENT - | Uccidi, Lear, il medico e paga con la spada la parcella al male della tua insensatezza! Revoca in nulla questa donazione, altrimenti finché avrò fiato in gola, ti griderò che quel che fai è male. |
LEAR - | Ascolta, rinnegato, ascolta bene, per l’obbedienza che sempre mi devi: per aver tu tentato, come hai fatto, d’indurci a venir meno a un giuramento - cosa che mai osammo fino ad ora - e di frapporti, con caparbio orgoglio, fra la nostra condanna pronunciata ed il nostro potere di eseguirla, - cosa che né la nostra dignità né la nostra natura può accettare -, ricevi dalla nostra autorità il guiderdone che per ciò ti spetta: ti concediamo ancora cinque giorni per provvederti di quanto t’occorra per ripararti dalle avversità del mondo fuori dai nostri confini: al sesto dovrai volgere le spalle, le tue odiate spalle al nostro regno. Se il dì seguente(15) si ritroverà in alcuno dei nostri territori codesta tua carcassa di bandito, sarà per te la morte. Via, per Giove! E non ci sarà revoca per questo! |
KENT - | Buona fortuna, allora, a te, maestà; se è così che ti vuoi manifestare, libertà vive altrove, e qui è l’esilio. (A Cordelia) Gli dèi t’accolgano, cara fanciulla, sotto la loro sacra protezione, ché giusto è il tuo pensare e giustissimamente l’hai espresso. (A Gonerilla e Regana) Possano i vostri atti esser coerenti con i vostri discorsi roboanti, e buoni risultati possan nascere da tante vostre affettuose parole. Così, principi, Kent rivolge a tutti il suo adieu: andrà in altra terra a proseguire il suo vecchio cammino. |
(Esce) | |
Squilli di tromba. Rientra GLOUCESTER insieme con il RE DI FRANCIA, il DUCA DI BORGOGNA e altri nobili. | |
GLOUCESTER - | I principi di Francia e di Borgogna son qui da voi, mio nobile signore. |
LEAR - | Mio signor di Borgogna, ci rivolgiamo in primo luogo a voi che insieme a questo re siete rivali nel chiedere in isposa nostra figlia: quale minima dote, insieme a lei, richiedereste voi, per non desistere dalla vostra profferta di sposarla? |
BORGOGNA - | Io, regale maestà, non chiedo più di quanto offerto già da vostra altezza, né vorrete, confido, offrire meno. |
LEAR - | Nobilissimo Duca di Borgogna, quello era per noi il suo valore finché ella ci è stata cara al cuore; ora il suo prezzo è calato di molto. Signore, eccola là: se c’è qualcosa, in quel po’ di apparenza, di sostanza, o anche nel suo tutto,(16) che, unitamente al nostro disfavore, possa riuscire accetto a vostra grazia, senza aggiungervi altro, eccola, è vostra. |
BORGOGNA - | Quand’è così, non so cosa rispondere. |
LEAR - | La volete, con tutti i suoi difetti, senza parenti, figlia nuovogenita del nostro odio, e per sua sola dote la paterna maledizione e il padre che vi giura che ella gli è estranea? Così ella è: o prenderla o lasciarla. |
BORGOGNA - | Perdonatemi, mio regale signore, ma a tali condizioni non v’è scelta. |
LEAR - | E allora rinunciate a lei, signore! V’ho detto, per Colui che m’ha creato, il patrimonio ch’ella porta in dote. (Al re di Francia) In quanto a voi, gran re, io non mi sento proprio di alienarmi a tal punto la vostra simpatia da volervi congiunto in matrimonio a una che detesto; rivolgete, pertanto, ve ne supplico, il favor vostro su più degna via, che non su una meschinità di donna che la Natura stessa si vergogna quasi di riconoscere per sua. |
FRANCIA - | È davvero assai strano, monsignore, che colei ch’era fino a poco fa per voi la cosa più preziosa al mondo, l’oggetto della vostra lode, il balsamo della vostra vecchiaia, la migliore e la più cara delle vostre gioie, abbia potuto in questo poco tempo commettere un’azione sì mostruosa da strapparsi di dosso, in un momento, tanti drappeggi del vostro favore. C’è da pensare che la sua mancanza sia di natura così innaturale, da farne un mostro, oppur che il vostro affetto fino a poc’anzi fosse in lei malposto. Creder questo di lei, è, francamente, un tale atto di fede, cui la ragione non potrebbe indurmi se non con un miracolo. |
CORDELIA - | Vostra maestà, vi supplico… - io non ho l’arte untuosa e disinvolta del dire senza intenzione di fare: quello che intendo fare sono usa a farlo ancor prima di dirlo - vi supplico di render noto a tutti che non è stata in me macchia d’infamia, di vizio o di delitto, o azione impura o gesto disdicevole a privarmi così del favor vostro, ma l’assenza di ciò la cui mancanza mi fa ricca: un occhio adescatore ed una lingua che sono felice di non avere, s’anche il non averla m’abbia alienata dalle vostre grazie. |
LEAR - | Meglio non fossi nata ch’esserti dimostrata con tuo padre sì poco compiacente. |
FRANCIA - | È dunque solo questa la sua colpa? Solo una naturale ritrosia che molto spesso lascia nel silenzio ciò che vuol fare?… Signor di Borgogna, che altro avete voi da dire ancora a questa dama? Amore non è amore se commisto con scrupoli e interessi estranei al suo vero fondamento. La volete? Ella sola è già una dote. |
BORGOGNA - | (A Lear) Regale Lear, purché le diate in dote la parte che voi stesso avete offerto, io prendo qui la mano di Cordelia, duchessa di Borgogna. |
LEAR - | Nulla, ho detto! L’ho giurato; io sono irremovibile. |
BORGOGNA - | (A Cordelia) Quand’è così, sono molto spiacente che dopo aver così perduto un padre dobbiate perdere ora un marito. |
CORDELIA - | Si dia pur pace il Duca di Borgogna. Poiché il suo amore non è fatto d’altro che di scrupoli e beni materiali, io non sarò sua moglie. |
FRANCIA - | E sarò io, bellissima Cordelia, tanto più ricca adesso perché povera, tanto più amata perché disprezzata, e sarò io, allora, a impossessarmi ora di te e delle tue virtù: io, a raccogliere, mi sia legittimo, quel ch’è gettato via! O dèi, o dèi, è strano che dal lor freddo rigetto io senta divampare l’amor mio in ardente rispetto. O re, tua figlia, respinta senza dote alla mia sorte, sarà regina, la nostra regina, dei nostri e della nostra bella Francia! Tutti i duchi dell’umida Borgogna non si potranno ricomprar da me questa dama di prezzo inestimabile. Di’ loro addio, Cordelia, in cortesia, per quanto furono con te scortesi. Tu perdi qui, per trovar meglio altrove. |
LEAR - | Tu l’hai, Francia; sia tua, se tu la vuoi, perché noi non l’abbiamo più per figlia, né mai più rivedremo la sua faccia. Va’ dunque, fuori dalla nostra grazia, fuori dal nostro amore, dalla nostra benedizione! Via! Venite, nobile Borgogna, andiamo. |
(Tromba. Escono Lear, i Duchi di Borgogna, d’Albania, di Cornovaglia, Gloucester e seguito) | |
FRANCIA - | (A Cordelia) Prendi commiato dalle tue sorelle. |
CORDELIA - | (A Gonerilla e Regana) Gemme di nostro padre, a voi Cordelia gli occhi molli di pianto, dice addio. Io so quello che siete; e, da sorella, sento disgusto a chiamare per nome i vostri vizi. Amate nostro padre! Ai vostri cuori che con tanta enfasi gli avete offerto lo lascio affidato; anche se, essendo – ahimè – nelle sue grazie, preferirei per lui luogo migliore. Addio a entrambe. |
REGANA - | Non è certo il caso che ci prescriva tu gli obblighi nostri. |
GONERILLA - | Adoprati piuttosto a far contento il tuo signore che t’ha ricevuta come elemosina della fortuna. Sei stata troppo avara d’obbedienza e ben ti meriti d’esser privata di ciò di cui sei priva.(17) |
CORDELIA - | Il tempo scoprirà quel che l’astuzia cela tra le sue pieghe; la vergogna si fa alla fine scherno di chi sa ricoprire i propri vizi. Buona fortuna a entrambe. |
FRANCIA - | Venite, andiamo, mia bella Cordelia. |
(Escono il re di Francia e Cordelia) | |
GONERILLA - | Sorella, avrei non poco da ridire su quel che ci riguarda da vicino sia te che me nella stessa maniera. Penso che nostro padre se n’andrà via di qua stanotte stessa. |
REGANA - | È più che certo, e verrà a star da te; il mese prossimo starà da noi. |
GONERILLA - | Ecco: tu vedi come è capricciosa la sua vecchiaia; anche poco fa ne abbiamo avuto non piccola prova Ha sempre amato più nostra sorella, e adesso la ripudia come figlia; con qual mancanza di discernimento, salta agli occhi. |
REGANA - | È il male dell’età; anche se è stato sempre, in verità, scarsamente cosciente di se stesso. |
GONERILLA - | Anche ai suoi tempi migliori e più sani è stato tutto un’impulsiva asprezza; perciò dobbiamo attenderci, in vecchiaia, non solo riacuiti quei difetti che gli si sono radicati dentro, sì bene quella cieca testardaggine che l’età cagionevole e biliosa porta sempre con sé naturalmente. |
REGANA - | Ah, sì, dobbiamo attenderci da lui di questi suoi accessi subitanei, come quello d’aver bandito Kent. |
GONERILLA - | Ci saranno ulteriori convenevoli di commiato tra lui e il re di Francia. Muoviamoci, ti prego, di concerto: se nostro padre vorrà seguitare a far valere la sua autorità con l’umore che adesso si ritrova, questa sua abdicazione si risolverà solo a nostro danno. |
REGANA - | Ci penseremo sopra a miglior tempo. |
GONERILLA - | No, no, dobbiamo far qualcosa, e subito. |
(Escono) |
SCENA II – Sala nel castello del Conte di GLOUCESTER
Entra EDMONDO, con un foglio in mano
EDMONDO - | Tu sei, Natura, l’unica mia dea; alla tua legge son solo legati i miei servigi. Perché dovrei io acconciarmi a dannate convenzioni e lasciare ai sofismi delle genti(18) di privarmi del mio, solo perché tra mio fratello e me ci corron dodici o tredici lune? Perché bastardo? Perché sarei ignobile, se le mie membra sono ben costrutte, il mio ingegno altrettanto vivace,(19) la mia struttura altrettanto verace che quelli d’un qualsiasi altro rampollo di un’onesta madama? Perché ci devono marchiar d’“ignobili”, di “bassa nascita”, di “bastardia”? Ignobili, bastardi… noi che dal clandestino godimento dell’umana natura abbiamo tratto più forte tempra e più fiero vigore di quello che s’impiega a procreare tra sonno e veglia, in letti pigri e stracchi, tra fredde, frolle e squallide lenzuola un’intera tribù di smidollati? Allora, dunque, legittimo Edgardo, la tua terra mi spetta, come a te. Nostro padre vuol ugualmente bene al bastardo Edmondo e al legittimo… Bella parola, questo tuo “legittimo”!… Ebbene, mio legittimo, se questa lettera coglie nel segno, e mi riesce il colpo, il basso Edmondo scavalcherà il legittimo Edgardo. Io salgo, prospero. È ora, o dèi, che vi ergiate in favore dei bastardi! |
Entra GLOUCESTER | |
GLOUCESTER - | (Tra sé, prima di vedere Edmondo) Kent bandito così… Il Francia andato via incollerito… Il re partito anche lui questa notte, dopo aver rinunziato ai suoi poteri, confinato in pensione… E tutto questo all’improvviso, come sotto un pungolo…(20) (Vede Edmondo) Oh, Edmondo, che nuove? |
EDMONDO - | (Cercando frettolosamente di nascondere in tasca la lettera) Nessuna, se vi piaccia, mio signore. |
GLOUCESTER - | Perché con tanta fretta cerchi di mettere via quella carta? |
EDMONDO - | Oh, niente, mio signore. |
GLOUCESTER - | Che cos’è quella carta che leggevi? |
EDMONDO - | Nulla signore. |
GLOUCESTER - | Nulla? Allora perché tutta quella fretta nel cacciartela in tasca? Il nulla, per sua stessa qualità, non ha tanto bisogno di nascondersi. Vediamo, su: se è nulla posso far anche a meno degli occhiali. |
EDMONDO - | Vi supplico, signore, dispensatemi. È uno scritto di mio fratello a me, che non avevo finito di leggere; ma da quel poco che ho potuto scorrerlo, non mi par conveniente sottoporvelo. |
GLOUCESTER - | Su, dammi quella lettera, ragazzo. |
EDMONDO - | A darvela e non darvela faccio egualmente male. Il contenuto, per quello che ne ho potuto capire, non è niente di buono. |
GLOUCESTER - | Beh, vediamolo! |
EDMONDO - | Spero, a discarico di mio fratello, che l’abbia scritta solo per saggiare o porre al vaglio la mia lealtà. |
GLOUCESTER - | (Leggendo la lettera) “Questa pratica d’esser riguardosi “della vecchiaia rende il mondo amaro “ai nostri anni migliori; “tien lontani da noi i nostri beni “fino a quando saremo troppo vecchi “per goderli. Una tale tirannia “mi comincia a pesare francamente “come una schiavitù sciocca e infingarda, “non già per il potere ch’essa esercita, “ma pel fatto che viene sopportata. “Vieni da me e te ne dirò di più. “Se nostro padre dovesse dormire “fin quando non andassi io a svegliarlo, “tu ti potresti godere in perpetuo “la metà dei suoi beni, “e viver, vita natural durante, “con l’affetto del tuo fratello EDGARDO.” Oh, ma questo è un complotto! “… se nostro padre dovesse dormire “fin quando non andassi io a svegliarlo, “tu ti potresti godere in perpetuo…” Questo, mio figlio Edgardo? Ed ha potuto scriver di sua mano… ha potuto egli avere cuore e mente a concepirlo? Quando t’è arrivata questa lettera? Chi te l’ha portata? |
EDMONDO - | Non me l’hanno portata, mio signore. È lì l’astuzia. Me la son trovata ch’era stata buttata nel mio studio da fuori alla finestra. |
GLOUCESTER - | È la calligrafia di tuo fratello? Puoi dir di riconoscerla? |
EDMONDO - | Se fosse cosa buona, mio signore, oserei ben giurare ch’è la sua; ma di fronte ad un tale contenuto, preferirei pensare che non è. |
GLOUCESTER - | È la sua! |
EDMONDO - | La sua mano, sì, signore; ma spero non ci sia dentro il suo cuore. |
GLOUCESTER - | T’aveva mai sentito prima d’ora su questo affare? |
EDMONDO - | No, mai, mio signore. Ma l’ho udito sovente sostenere che, una volta venuti adulti i figli e fatti vecchi i padri, sarebbe giusto che fossero i padri a porsi sotto tutela dei figli, e questi amministrassero i lor beni. |
GLOUCESTER - | Ah, canaglia, canaglia! Esattamente come nella lettera! Aborrita canaglia! Malcreato, malnato, snaturato, traditore, peggio che bestia! Va’, ragazzo, cercalo e portamelo qui. Lo fo arrestare! Canaglia abominevole! Dov’è? |
EDMONDO - | Non lo so di preciso, mio signore. Ma se vi piacerà di trattenere la vostra indignazione fino a quando non abbiate ottenuto da lui stesso miglior ragguaglio sulle sue intenzioni, vi mettereste sulla giusta via; mentre a procedere impulsivamente contro di lui, rischiate di fraintendere quelli che sono i suoi veri propositi, e ciò potrebbe aprire una gran falla nel vostro cuore e manderebbe in pezzi il cuore stesso della sua obbedienza. Scommetterei la vita che l’ha scritta sol per sondare il mio attaccamento alla vostra onorevole persona, senza ulteriori fini criminosi. |
GLOUCESTER - | Sei sicuro di ciò? |
EDMONDO - | Se vostro onore lo crede opportuno, io vi potrò far appostare in luogo da dove ci potrete ben sentire mentre parliamo insieme della cosa, e chiarire così i vostri dubbi mediante accertamento auricolare; e questo non più tardi di stasera. |
GLOUCESTER - | Ma no, che non può essere un tal mostro… |
EDMONDO - | Sicuramente, no. |
GLOUCESTER - | … verso suo padre, che lo ama così teneramente e con tutto l’affetto!… Cielo e terra!… Edmondo, va’ a cercarlo; insinuati, ti prego, nel suo animo, per me, e vedi di condur la cosa secondo che saggezza ti consiglia. Sarei pronto a spogliarmi del mio rango pur di veder risolti i miei sospetti. |
EDMONDO - | Ve lo cercherò subito, signore, e farò di condurre la faccenda con ogni mezzo e col massimo impegno. Ve ne terrò informato puntualmente. |
GLOUCESTER - | Queste eclissi del sole e della luna verificatesi recentemente non presagiscono nulla di buono: per quante spiegazioni razionali ne sappia dar la scienza, la natura, è afflitta dagli effetti che ne seguono: si raffredda tra gli uomini l’amore, si rompono amicizie, fratellanze: sommovimenti nelle città, discordie nelle campagne, intrighi nei palazzi, infranti i vincoli tra padri e figli. E questo sciagurato figlio mio rientra anch’egli nella profezia: è il figlio contro il padre; il re contro il suo corso naturale;(21) ed ecco ora il padre contro il figlio. Avremo visto i nostri anni migliori: ormai macchinazioni, tradimenti, falsità, ogni sorta di disordini senza più tregua ci accompagneranno fino alla tomba… Va’, Edmondo,va’ vedi di rintracciar quel miserabile; in quanto a te, non devi aver paura che possa derivartene alcun danno. Mettici tutta la tua diligenza… Il nobile e fedele Kent, bandito!… Sua colpa, l’onestà!… Che strano mondo! |
(Esce) | |
EDMONDO - | Questa è la somma stoltezza del mondo: che quando la fortuna ci vacilla - spesso perché l’abbiam troppo ingozzata - diamo al sole, alla luna ed alle stelle la colpa della nostra malasorte, come se, per necessità del fato fossimo le canaglie che noi siamo; |
fossimo stolti per celeste impulso, o malfattori, ladri, traditori per volontà delle celesti sfere; o mentitori, adulteri, beoni in forza d’una imposta sommissione all’influsso maligno dei pianeti; quasiché tutta la malvagità ch’è in noi ci venga infusa dagli dèi. Bella scusa, per l’uomo puttaniere, imputare i suoi istinti da caprone all’influenza di qualche pianeta!(22) Mio padre s’è accoppiato con mia madre sotto il segno della “Coda del Drago”, ed io che son nato sotto l’influsso dell’“Orsa maggiore”, sarei per questo violento e lascivo… Bubbole senza senso! Sarei stato lo stesso quel che sono anche se sopra la mia bastardia fosse venuto a fare l’occhiolino l’astro più vergine del firmamento… | |
Entra EDGARDO | |
(A parte) … Arriva a punto, come la catarsi della commedia antica. La mia parte ora è quella(23) del furfante triste, col sospiro doloroso, alla maniera di Tom di Betlemme(24)… Eh, questi eclissi son proprio presagi di certe dissonanze… Fa-sol-la… | |
EDGARDO - | Ehi, là, fratello Edmondo! In quali profondissimi pensieri ti trovo assorto? |
EDMONDO - | Stavo ripensando, fratello, ad un pronostico che ho letto alcuni giorni fa su questi eclissi. |
EDGARDO - | E t’interessa tanto? |
EDMONDO - | Sì, gli effetti di cui scrive quel libro si producono, te lo garantisco, e sono veramente disgraziati, come: brutalità innaturali tra padri e figli, morti, carestie, dissoluzione d’antiche amicizie, divisioni all’interno degli Stati, minacce, oltraggi al re, alla nobiltà, sospetti sorti senza fondamento, messa al bando di amici, scioglimento di corpi militari, infedeltà di sposi, ed altro ancora. |
EDGARDO - | Eh, da quant’è che ti sei fatto adepto della scienza astrologica? |
EDMONDO - | Lascia stare. Su, su, parliamo d’altro. Da quanto tempo non vedi mio padre? |
EDGARDO - | Da ieri sera. |
EDMONDO - | Vi siete parlati? |
EDGARDO - | Per due ore di seguito. Perché? |
EDMONDO - | E vi siete lasciati in buona pace? Non hai notato nelle sue parole, nel suo contegno, alcuna ostilità? |
EDGARDO - | Neanche l’ombra. |
EDMONDO - | Ripensa in te stesso in che cosa potresti averlo offeso; e se vuoi ascoltare un mio consiglio, evita per un poco d’incontrarlo, finché non sia smorzato in lui il fuoco dell’ira, che ora infuria così forte, che per calmarla non gli basterebbe sfogarla sulla stessa tua persona. |
EDGARDO - | Questa è opra di qualche farabutto che avrà voluto nuocermi alle spalle. |
EDMONDO - | È quel che temo anch’io. Ti prego tuttavia di contenerti e d’essere paziente fino a tanto che non sia placata la sua collera; intanto, dammi retta, ritirati con me nelle mie stanze, da dove, al buon momento, ti farò ascoltar con le tue orecchie quel che dice di te. Va’ prima tu. |
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