Edoardo, vinto da sì nobile resistenza, ma sempre preso, profferì la mano e la persona a colei che gli aveva ispirato sì viva passione. E il matrimonio si compì.”.
(92) Per Buckingham il letto in cui nasce è “illegittimo” (“unlawful”) solo per comodità dialettica, perché in realtà Edoardo nasce in virtù di matrimonio.
(93) Si tratta, storicamente, della piccola Margaret, contessa di Salisbury, nata nel 1473, e quindi in età di 10 anni al momento del dramma; la madre è Isabella Nevill, sorella maggiore di Anna, figlie entrambe del famoso conte Riccardo di Warwick detto il “Creatore di re” (“Kingmaker”).
(94) Si capisce qui che il matrimonio con Riccardo di Gloucester è già avvenuto; non però l’incoronazione di Anna a regina, che avverrà nel cuore del dramma.
(95) “… go, cross the seas and live with Richmond, from the reach oh hell”: questo Richmond, per la storia, è Enrico, conte di Richmond, ultimo rappresentante della casa Lancaster, nipote, per parte di padre, di Caterina di Francia, presso la quale si trova rifugiato dopo la disfatta definitiva subita dai Lancaster nella battaglia di Tewksbury. Su di lui i partigiani della “rosa rossa” (la rosa dei Lancaster) fermarono l’attenzione per rimetterlo sul trono e liberarsi dalla tirannia di Riccardo III. Ma la congiura fallì. Richmond riprenderà poi le armi contro Riccardo e sarà quello che lo ucciderà nella battaglia di Bosworth, diventando re col nome di Edoardo VII.
(96) Richmond non era figlio ma figliastro di Lord Stanley. Sembra chiaro che le parole di Stanley: “You shall
have letters from me to my son in your behalf” non può intendersi, come leggono molti: “Porterete con voi lettere da me a mio figlio…”; non si capisce come possa Dorset, recando egli stesso un messaggio a Richmond, fargli sapere di venirgli incontro per la strada, una volta sbarcato in Francia. A Calais non c’era posta pneumatica!
(97) “To feed my humour, wish thyself no harm.”: cioè: “Non voglio uccidere in me l’equilibrio dei sensi, impazzire, abbandonandomi alla collera e all’invidia contro di te”. È un improvviso sprazzo di filosofia greca. Secondo Ippocrate, nel corpo umano sono presenti quattro liquidi (“humours”): il sangue, sede della passionalità; la bile, sede della collera; la flemma, sede del sentimento omonimo, e l’atrabile, sede della malinconia. Secondo che nell’uomo predomini l’uno o l’altro di questi “umori” si rompe l’equilibrio del suo essere. Elisabetta dice che se dovesse mettersi ad augurare male ad Anna, nutrirebbe uno dei suoi umori, la bile, a danno di altri e finirebbe con lo squilibrare il suo temperamento. Al tempo in cui Shakespeare scriveva il “Riccardo III” (il lavoro figura depositato allo “Stationer’s Register” nel 1597), il suo amico Ben Jonson scriveva la sua commedia “Ciascuno col suo umore” (“Every Man in His Humour”), rappresentata nel 1598; è probabile che questo accenno di Elisabetta agli “humours” ne sia un’eco.
(98) Riccardo York odia il padre di Anna, Warwick (Sir Richard Nevill, conte di Warwick, detto il “Creatore di re”, “The Kingmaker”, v. sopra la nota 93) perché questi, nel dare in sposa la figlia Anna al principe Edoardo, figlio di Enrico IV e di Margherita, aveva avuto in animo di rimettere sul trono d’Inghilterra la casa Lancaster.
(99) La didascalia che figura in tutti i testi è: “The trumpets sound a sennet”: il “sennet” è uno dei tre segnali musicali presenti nel teatro di Shakespeare, gli altri due sono il “flourish” e l’“alarm” (o “alarum”). Il “sennet” dei tre è il più solenne: annuncia solitamente l’entrata in scena in gran pompa di personaggi regali. Consiste, secondo la ricostruzione congetturata (non v’erano registratori di suoni all’epoca), in una serie di squilli di tromba o di corno, o degli uni e degli altri insieme. È anche usato per salutare l’entrata in scena di cortei, processioni, tornei, ecc. La sua durata pare non dovesse essere meno di due interi minuti. È detto anche “Fanfara”.
Il “flourish” è invece un semplice squillo di tromba, usato per circostanze analoghe, ma meno solenni o pompose.
L’“alarm” è normalmente un rullo di tamburo, usato per annunciare una battaglia in corso, l’ingresso di un esercito in marcia, un funerale. Può accompagnarsi con gli altri due segnali.
Quali forme musicali avessero questi segnali è, naturalmente, ignoto.
(100)All’epoca, tra le famiglie nobili si promettevano in sposa, e talvolta si maritavano anche, bambine non ancora puberi.
(101) Il testo ha un generico: “Go by this token”, dove “token” è qualunque cosa che possa darsi come pegno, campione, segno di riconoscimento, ecc. Alcuni intendono “con questo anello”. Il fatto è che ciò che Riccardo consegna a Tyrrell non si sa: è una di quelle cose che Shakespeare lascia alla fantasia del regista o di chi legge.
(102) “Rise and lend thine ear”: è da intendere che Riccardo sia sempre seduto in trono, e Tyrrell si sia inginocchiato ai suoi piedi.
(103) Quel che Riccardo sussurra all’orecchio di Tyrrell ce lo farà sapere il racconto di questi nella scena seguente: Riccardo gli dice come deve uccidere i bimbi: soffocandoli. Con quale dinamica, però, non si sa. “We smothered”- dirà l’altro sicario Dighton; ed è lo stesso verbo che si ritrova nell’“Otello” nella didascalia della scena finale: “Smothers her”; dove, in verità, non fu mai pacifico tra i critici se si tratti di soffocamento mediante strozzamento, o mediante la pressione di un cuscino sulla bocca. Nel film di Laurence Olivier, Riccardo, a questo punto, per mostrare a Tyrrell come procedere, afferra un cuscino e glielo tiene pressato sulla bocca. Ma anche qui, regista e lettore immaginino a loro agio e talento.
(104) Castello normanno sull’altura che sovrasta la città di Exeter, nel Devonshire.
(105) Brecon, nella Contea del Galles, nella valle dell’Usk, feudo della famiglia Buckingham, con un famoso castello medioevale.
(106) “I lor cadaveri, ancora caldi, furono portati a pié della scala, dove furono sepolti in una fossa all’uopo scavata. Tale è il racconto che fecero gli assassini alcuni anni dopo; ed alcune ossa trovate nel sito indicato durante il regno di Carlo I non permettono di dubitare della loro veridicità” (G. Galibert & C.Pellé, op. cit., I, pag. 415).
(107) V. sopra la nota 70.
(108) Edoardo IV, oltre ai due figli maschi, che Riccardo ha fatto trucidare alla Torre, aveva avuto da Elisabetta cinque femmine.
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