Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 52
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Rinaldo
Canto terzo Q
41
Sì che vedendo vana ogni fatica pur riuscirsi, e vano ogni disegno, indi ritrar fe’ la sua cara amica in carta, in tela, in bronzo, in marmo e ‘n legno.
Gli artefici fur tai ch’oggi a fatica altri si troveria di lor più degno; ed opra fe’ ciascun che viva sembra a l’aria, agli atti, al garbo de le membra.
42
Con quei cari ritratti egli a se stesso fece più giorni dilettosa froda.
Al fine il crudo Amor non gli ha concesso che di sì dolci inganni omai più goda; ma gli ha fero desio nel petto impresso, nel petto che più sempre arde ed annoda, desio di non fruire il falso e l’ombra, ma ‘l vivo e ‘l vero che gl’inganni sgombra.
43
Sì che omai non potendo il suo desire sofferir più, ch’ognor cresce e s’avanza, ha mandato al gran Carlo ad offerire domar de’ Mori ei sol l’alta possanza, e fargli tosto dall’Europa uscire, togliendo lor del ritornar baldanza, s’egli per moglie li darà la bella Clarice, ch’è del re guascon sorella.
44
Egli sa ben che sia Clarice suora d’Ivon, ch’a la Guascogna il freno impone, e che di quello il magno Carlo ancora come di re vassallo suo dispone; parte di ciò lesse nel tempio allora che di novello amor restò prigione, e parte ancor d’un suo baron n’intese, cui ben è noto ogni signor francese.
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ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Rinaldo
Canto terzo Q
45
Se Carlo gliela dà, come si crede, e come in campo chiaro grido suona, ei le concederà che la sua fede ritegni, se le par verace e buona: e nascendo di loro alcuno erede a la real d’Armenia alta corona, vol che di Cristo ancora sia quel seguace, com’è ciascun ch’al franco re soggiace.
46
Io tai condizioni ho già proposto in nome di Francardo al magno Carlo, né gli ho tenuto il rimanente ascosto: che s’ei ricusarà di sodisfarlo, ha l’invitto mio sir tra sé disposto di congiungersi a’ Mori, e di spogliarlo di quanto tiene, e poi Clarice tôrsi, mal grado di ciascun che voglia opporsi.
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Ma benigna risposta il re m’ha dato, piena di cortesia, piena di spene.
Al fin nulla ha concluso e s’è scusato, ché ‘l risolvermi a lui non si conviene; onde ad Ivone io ne son poscia andato, a cui dispor di ciò più s’appertiene: rispost’ha quel che, pria ch’affermi o nieghi, vol saper se Clarice il cor vi pieghi.
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Vol pria che si risolva, esso mi dice, saper qual la sorella aggia pensiero, e qual la lor antiqua genitrice, c’ha sovra lei via più d’ogn’altro impero.
Mi mossi io stesso a ritrovar Clarice per far quanto conviensi a messaggiero, e quei che ‘l re mi diede in compagnia, nel passar l’alpi mi smarrir tra via.
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ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Rinaldo
Canto terzo Q
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Or questa, o cavalier, è la cagione che mi trasse dal campo in queste parti, e diedi alto principio al mio sermone, perciò ch’in tutto a pien bramo appagarti; e perch’ancor venendo occasione, se vali in ciò, possi con quella oprarti, sì che non sdegni in Asia esser reina, né tiri Francia a l’ultima ruina. -
50
Mentre parlava il cavalier pagano, d’ira Rinaldo ardeva e di dispetto, e du’o tre volte a farli un fero e strano gioco fu quasi da lo sdegno astretto.
Poi che si tacque, disse: – Ahi! quanto insano e cieco il tuo signore ha l’intelletto, se pur si crede con sua spada e lancia porre spavento ai cavalier di Francia.
51
Venga oltre pur con le sue genti indotte, vili e poco atte al bel mistier di Marte, che fian le corna a sua superbia rotte e l’alto orgoglio suo dómo in gran parte.
Ma se dormir non brama eterna notte, ed ha di sana mente alcuna parte, tra noi moglie giamai più non ricerchi, né la sua morte con minaccie or merchi. -
52
Così detto, da quel commiato prende col cavaliero ispan in compagnia, il qual di gir con lui tanto contende ch’ei gli concede quel che men desia; tacito vanne, e l’aria intorno accende di cheto foco che del petto uscia, di cheto foco ne’ sospiri accolto, che muti uscian dal cor tra pene involto.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 55
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Rinaldo
Canto terzo Q
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Volve e rivolve quanto dianzi gli have de la Sirena il cavalier narrato, e gli apre in questa Amor con dura chiave a pensier varii il core arso e piagato; desira e spera e ‘n un dubbioso pave, da varii affetti afflitto e conturbato: ed ora quello a questo, or questo a quello cede, e fan nel suo petto aspro duello.
54
Non quando avien che ne l’aereo regno aspro furore i venti a pugna tiri, e ‘n dubbio stato a l’inimico sdegno or l’uno ceda, or l’altro, e si ritiri, gira intorno sì spesso il mobil segno, che d’alto mostra a noi qual aura spiri; come a diversi affetti egli sovente raggira e piega l’aggitata mente.
55
Con occhi chini e ciglia immote e basse gran pezzo andò ‘l garzon poco giocondo, sin che trovò per via cosa che ‘l trasse e lo destò da quel pensier profondo; e fe’ che gli occhi a rimirar alzasse spettacol vago, a pochi altri secondo: due feroci guerrier d’arme guarniti, che dotta mano in bronzo avea scolpiti.
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Sta l’uno contra l’altro a dirimpetto in vista altera, audace e minacciosa; tengon con l’una man lo scudo stretto, e l’altra in resta pon lancia nerbosa; di ferro ella non è, ma del perfetto mastro è pur opra, come ogni altra cosa; lor per mezzo attraversa un breve motto, l’un “Tristan” dice, e l’altro “Lancillotto”.
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