Osare contraddirmi, hai scelto proprio il momento giusto... Bravi, amici miei, avete ballato benissimo... Sei un presuntuoso, ma adesso basta, su, o... Più luce, più luce... è una vergogna, te la farò finire io... allegri, allegri, ragazzi miei!
TEBALDO La pazienza imposta, mescolandosi contro natura con una collera irrefrenabile, rende tutta tremante la mia carne. Me ne andrò via: ma questa intrusione, che ora sembra dolce, si muterà in amarissimo fiele.
ROMEO Avessi profanato con la mia mano indegna questo sacro santuario, rimedio al mio peccato: queste mie labbra, pellegrini rossi di vergogna, con un bacio correggono quel tocco indelicato.
GIULIETTA Buon pellegrino, la vostra mano giudicate con più calma, che solo umile devozione, in fondo, ha mostrato: anche i santi hanno mani che i pellegrini han toccato, e chi torna dal Santo Sepolcro usa unire palma a palma.
ROMEO Non hanno labbra i santi? e i devoti palmieri?
GIULIETTA Sì pellegrino, ma le devono usare in devozione.
ROMEO Oh cara santa, lascia allora che le labbra imitino la [preghiera delle mani, se non vuoi che la fede si muti in disperazione.
GIULIETTA Non si muovono i santi anche quando ascoltano le altrui preghiere.
ROMEO E allora resta immobile, mentre colgo il frutto delle mie preghiere. (La bacia.) Cosi le tue labbra cancellano il peccato dalle mie.
GIULIETTA Allora le mie labbra hanno il peccato che han tolto.
ROMEO II peccato dalle mie labbra? Oh, colpa dolcemente denunziata. Ridammi il mio peccato. (La bacia di nuovo.) GIULIETTA Tu baci a regola d'arte.
NUTRICE Giulietta, vostra madre vuole parlarvi.
ROMEO Chi è sua madre?
NUTRICE Come, ragazzo mio, sua madre è la padrona di casa, una buona signora, saggia e virtuosa. Io ho allevato sua figlia, con cui avete parlato sino ad ora, e vi posso dire che chi se la prenderà avrà roba sonante.
ROMEO È una Capuleti? Che terribile prezzo dovrò pagare. Debbo la vita a una nemica.
BENVOLIO Su, andiamocene, la festa è al culmine.
ROMEO Sì , lo temo proprio, il resto sarà il mio tormento.
CAPULETI Fermatevi, non andatevene così , signori, abbiamo ancora da offrirvi un piccolo desinare. Gli dicono qualcosa all'orecchio. Ho capito, se è così , vi ringrazio tutti, vi ringrazio, signori, buona notte. Portate delle torce, qui. Avanti, andiamocene a letto! Ah, perdiana, in fede mia, si fa tardi, io vado a riposarmi.

(Escono Capuleti, Donna Capuleti, gli ospiti, i gentiluomini e le maschere.)

GIULIETTA Vieni qui, balia: chi è quel gentiluomo?
NUTRICE II figlio e l'erede del vecchio Tiberio.
GIULIETTA E chi è quello che sta uscendo adesso?
NUTRICE Vergine! Credo che sia il giovane Petruccio.
GIULIETTA E l'altro, dietro a lui, che non ha mai ballato?
NUTRICE Non lo so.
GIULIETTA Va a doman dargli il nome . Se è sposato la tomba sarà forse il mio letto nuziale.
NUTRICE II suo nome è Romeo, ed è un Montecchi, l'unico figlio del vostro grande nemico.
GIULIETTA II mio unico amore nato dal mio unico odio! Uno sconosciuto troppo presto visto e troppo tardi conosciuto! Nascita d'amore tra le più strane e rare, che un odioso nemico io debba amare.
NUTRICE Cosa dici? cosa succede?
GIULIETTA Sono dei versi appena imparati, da uno con cui ho ballato.
Una voce dall'interno:
NUTRICE Eccoci, eccoci, su, svelta, se ne sono andati via tutti.

Escono.

ATTO II

Prologo    (Torna all'indice)

(Entra) Il Coro.

CORO È adesso la passione antica sul suo letto di morte, e un nuovo sentimento aspira ad esserne erede; la bella per cui l'amante piangeva e voleva morire, paragonata alla tenera Giulietta non è più bella. Ora Romeo è amato e ama a sua volta, incantati entrambi dai reciproci sguardi, anche se lui deve lamentarsi con chi crede sua nemica, e lei rubare la dolce esca dell'amore da ami terribili. Creduto nemico, egli non può avvicinarla per sussurrarle quelle promesse che gli amanti son soliti giurare, e per lei, ugualmente innamorata, è ancor più difficile incontrarsi in qualche posto col suo nuovo amore. Ma la passione presta loro la forza, il tempo i mezzi, per incontrarsi, mitigando disagi estremi con dolcezze estreme.

(Esce.)

Scena I    (Torna all'indice)

Entra Romeo da solo.

ROMEO Come posso andare avanti, se il mio cuore è qui? Torna indietro stupida argilla, e trova il tuo centro.
(Si ritira.)

Entrano Benvolio e Mercuzio.

BENVOLIO Romeo! Cugino mio, Romeo! Romeo!
MERCUZIO E un furbone, scommetto sulla mia vita che se ne è scappato a casa ed è già a letto.
BENVOLIO Correva da questa parte, e l'ho visto saltare il muro di questo giardino. Chiamalo ancora, Mercuzio.
MERCUZIO Farò di più, lo evocherò: tu, Romeo, malinconico, pazzo innamorato, appari sotto forma d'un sospiro, di' una rima soltanto, e sarò soddisfatto. Esala un semplice "Ahimè", accoppia un "cuore" con “amore”, trova una dolce parola per comare Venere, e un soprannome per il suo cieco figlio ed erede, il nudo, vagabondo Cupido, giovane da secoli, che fece centro quando il re Cofetua s'innamorò della bella mendicante. Non sente, non si muove, non risponde. Dev'essere morto quello scemo, dovrò evocarlo davvero: ti prego, per gli occhi luminosi di Rosalina, per la sua fronte alta e le sue labbra scarlatte, per i suoi piedini, per le sue lunghe gambe e le sue cosce eccitate, per quei territori lì confinanti, ti prego, riprendi le tue forme e compari davanti a noi!
BENVOLIO Se ti sente lo farai arrabbiare.
MERCUZIO Non può arrabbiarsi per quello che dico. Avrebbe ragione se nel centro della sua amata facessi drizzare un qualche spirito estraneo, e lo lasciassi eretto finché lei 1'avesse sfinito ed esorcizzato, sgonfiandolo. Allora potrebbe lamentarsi, non per la mia evocazione, che è onesta e leale: ho invocato la sua donna, è vero, ma per costringere lui a tirar fuori la testa.
BENVOLIO Vieni, si deve esser nascosto tra quegli alberi per unirsi all'umida notte. II suo amore è cieco, gli si addice l'oscurità.
MERCUZIO Se l'amore è cieco, non arriverà mai a bersaglio. Romeo sarà seduto sotto un nespolo, a sognare che la sue belle gli die quel frutto che le fanciulle quando sole ridono tra loro chiamano nespola: oh, Romeo, fosse lei una nespola aperta e tu il suo cetriolo! Buona notte Romeo, mi ritiro sulfa mia branda. Questo letto da campo è troppo freddo per dormirci. Vieni, Benvolio, andiamocene!
BENVOLIO Andiamocene pure, è inutile cercare chi non vuol farsi trovare.

Escono (Benvolio e Mercuzio).

Scena II    (Torna all'indice)

Romeo si fa avanti.

ROMEO Ride delle cicatrici chi non è mai stato ferito.
(In alto appare Giulietta.) Ma, piano, quale luce erompe da quella finestra? È l'oriente, e Giulietta è il sole! Oh, sorgi bel sole, e uccidi la luna invidiosa che è già malata e pallida di rabbia, perché tu, sue ancella, di lei sei tanto più belle. Non servirla più, quell'invidiosa: la sue vestale porta il malsano costume verde indossato solo dai buffoni.