Ti ho con me lo stesso. (esce dall’anticamera. Rebecca lo segue con lo sguardo)
REBECCA (va alla porta di destra e parla verso l’interno)
Signora Helseth, faccia passare. (si allontana dalla porta e si avvicina alla finestra)
KROLL (saluta silenzioso e compassato, e non depone il cappello)
È andato?
REBECCA
Sì.
KROLL
Di solito resta fuori molto?
REBECCA
Sì. Ma oggi non c’è da contarci. E se non vuole incontrarlo…
KROLL
No. Desidero parlare con lei… da soli.
REBECCA
Approfittiamo allora di questo momento. Prego, si accomodi. (siede sulla poltrona vicino alla finestra e Kroll presso di lei)
KROLL
Non può credere quanto dolore mi abbia recato il cambiamento di Rosmer!
REBECCA
L’avevamo preveduto che nei primi tempi… sarebbe purtroppo stato così.
KROLL
Nei primi tempi…?
REBECCA
Sì, Rosmer sperava che anche lei… in seguito… si sarebbe unito a lui.
KROLL
Io?
REBECCA
Sì, lei e i suoi amici.
KROLL
Da questo si può vedere come gli manchi il senso della realtà.
REBECCA
D’altra parte, egli sente questo bisogno… di rendersi libero sotto ogni aspetto.
KROLL
Ed è appunto questo ch’io non credo.
REBECCA
Che cosa crede lei allora?
KROLL
Io credo, signorina, che lei sola sia la cagione di questo suo mutamento.
REBECCA
E questa è, naturalmente, anche l’idea di sua moglie… vero, signor rettore?
KROLL
Non importa di chi sia. Una sola cosa è certa, se ci si ripensa bene: che il mutamento di Giovanni è cominciato da quando lei è entrata in questa casa.
REBECCA (fissandolo)
Eppure, se non ricordo male, ci fu un tempo in cui lei aveva in me piena, cieca fiducia.
KROLL (abbassando la voce)
E chi non stregherebbe lei, se ci si mette?
REBECCA
Mi ci son messa…?
KROLL
Certo. Non sono tanto sciocco da illudermi che fosse per un sentimento di simpatia per me: voleva entrare a Rosmersholm e si è servita di me. Ora capisco e mi spiego tutto.
REBECCA
Lei però dimentica che io acconsentii ad entrare in questa casa solo dietro le grandi, insistenti preghiere di Beata.
KROLL
Sì. Ma aveva stregato anche lei. L’attaccamento di Beata per lei non era semplice amicizia… ma una specie di adorazione, di idolatria. Finì col degenerare in una forma di amore disperato. Non so definirlo altrimenti.
REBECCA
Si ricordi dello stato mentale di sua sorella… Quanto a me, non credo mi si possa dire che sono una esaltata.
KROLL
No, di sicuro; ma appunto per questo riesce più pericolosa alle persone su cui vuole esercitare il suo dominio. Lei sa agire deliberatamente, con esatto calcolo, perché il suo cuore è freddo.
REBECCA
Ne è proprio sicuro?
KROLL
Sicurissimo. Se così non fosse, non avrebbe potuto perseguire per tanto tempo, e con tanta tenacia, il suo scopo. Ormai l’ha raggiunto… e lui e tutto quanto lo circonda sono in suo potere. Per arrivare a questo, però, non ebbe scrupolo di renderlo infelice.
REBECCA
Non è vero! Non fui io a gettar lo sconforto nel suo cuore; ma lei, rettore: lei.
KROLL
Io?
REBECCA
Lei… facendogli nascere il sospetto d’essere responsabile della terribile fine di Beata.
KROLL
Questo gli ha fatto molta impressione?
REBECCA
Può dubitarne? Un animo delicato come il suo…
KROLL
Credevo che un uomo che si proclama libero pensatore come lui non patisse di questi scrupoli. Ma, in fondo, dovevo aspettarmelo… Un discendente di coloro che vediamo qui intorno a noi non potrà mai liberarsi del tutto da ciò che gli è stato tramandato di generazione in generazione.
REBECCA (abbassando gli occhi, pensosa)
Questo è vero. Giovanni Rosmer ha profondamente radicati nel cuore i sentimenti e le superstizioni della sua famiglia.
KROLL
E se lei avesse avuto un po’ di attaccamento a lui, avrebbe dovuto tenerne conto. Ma non poteva avere simili riguardi. I suoi precedenti sono così diversi da quelli di Rosmer!
REBECCA
A cosa allude?
KROLL
Alle sue origini, signorina West, ai precedenti della sua nascita.
REBECCA
Infatti: io sono nata da genitori modesti, oscuri; tuttavia…
KROLL
Non pensavo a questo, ma ai precedenti morali.
REBECCA
Precedenti morali? Ma sotto che aspetto…?
KROLL
Per spiegare ciò che è diventata.
REBECCA
Cosa mi vien dicendo?
KROLL
Vi insisto, perché chiariscono tutta la sua condotta.
REBECCA
Non capisco. Si spieghi meglio.
KROLL
Credevo che sapesse ogni cosa. Altrimenti sarebbe assai strano che si fosse lasciata adottare dal dottor West.
REBECCA (alzandosi)
Ora comprendo tutto il suo pensiero.
KROLL
E con l’adozione, naturalmente, ne prese il nome; perché il nome di sua madre è Ganvik.
REBECCA (passeggiando)
Il nome di mio padre era Ganvik, signor rettore!
KROLL
Sua madre, per la sua professione stessa, aveva spesso rapporti col medico condotto.
REBECCA
Certo.
KROLL
E quando sua madre morì, il vecchio dottore la prese con sé, non è vero, signorina? E lei ci rimase, quantunque egli non la trattasse bene. Sapeva che il dottore, morendo, non le avrebbe lasciato niente… Infatti non ebbe, se non mi sbaglio, che una cassa di libri. E tuttavia non lo abbandonò, sopportando tutto da lui, curandolo e assistendolo fino all’ultimo.
REBECCA (appoggiata alla tavola, guarda Kroll con disprezzo)
E perché feci tutto questo, lei suppone che io sia figlia della colpa?
KROLL
Attribuisco quanto fece per lui a un inconscio istinto filiale. E tutta la sua condotta secondo me, dipende dalla sua origine.
REBECCA (con vivacità)
Signor rettore, non c’è una parola di vero in ciò che dice; e posso facilmente provarlo: il dottor West non era ancor venuto nel Finmarken quando io nacqui.
KROLL
Scusi; Ci era stato però l’anno prima; me ne sono informato.
REBECCA
S’inganna.
KROLL
No; ella stessa, poco tempo fa, disse d’avere compiuto ventinove anni.
REBECCA. Io ho detto…?
KROLL
Proprio lei.
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