I consiglieri legali vestono in nero, gli altri in abito di corte. Camporeal sfoggia, sul mantello, la croce di Calatrava. Priego porta al collo il toson d’oro. Don Manuel Arias, presidente di Castiglia, e il conte di Camporeal parlano tra loro a bassa voce, in proscenio. Gli altri consiglieri formano vari gruppi, in ordine sparso.

 

DON MANUEL ARIAS

Una simile fortuna nasconde un mistero.

 

CONTE DI CAMPOREAL

Gli è stato conferito il toson d’oro. Poi è divenuto segretario universale, ministro e, infine, duca d’Olmedo!

 

DON MANUEL ARIAS

In sei mesi!

 

CONTE DI CAMPOREAL

Evidentemente qualcuno lo aiuta, in segreto.

 

DON MANUEL ARIAS (misteriosamente)

La regina!

 

CONTE DI CAMPOREAL

Sapete che il re, malato, in preda alla follia, convive col sepolcro della sua prima moglie. Si disinteressa dello stato, è chiuso nell’Escuriale e chi fa tutto è la regina!

 

DON MANUEL ARIAS

Caro Camporeal, come la regina regna su di noi, Don Cesare regna su di lei!

 

CONTE DI CAMPOREAL

Eppure vive in un modo insolito. Per quanto concerne la regina, sappiamo che non la frequenta. Sembrano rifuggire l’uno dall’altra. Siete liberi di non credermi ma, dato che da sei mesi spio tutti i loro passi, e con ragione, dovrei riscuotere la vostra fiducia. Inoltre - che strano capriccio! - abita, accanto al palazzo di Tormez in una casa sempre chiusa, dalle finestre sprangate, su cui vegliano due lacchè negri, rigidi difensori di quelle porte sbarrate, che - se non fossero muti - potrebbero fare delle rivelazioni interessanti.

 

DON MANUEL ARIAS

Sono muti?

 

CONTE DI CAMPOREAL

Sì. Tutti gli altri domestici sono qui, negli appartamenti che occupa a palazzo.

 

DON MANUEL ARIAS

È molto strano.

 

DON ANTONIO UBILLA (che si è avvicinato a loro alle ultime battute)

Insomma, è un signore d’alto lignaggio!

 

CONTE DI CAMPOREAL

Ma la sua massima ambizione è di passare per un galantuomo! (A Don Manuel Arias) È il cugino - a questa parentela deve l’appoggio di Santa-Cruz - del marchese Sallustio, che da un anno è caduto in disgrazia. Ma un tempo questo Don Cesare, che oggi ci governa, era il gaudente più scatenato che si fosse mai visto sotto la luna! Era un briccone - può testimoniarlo chi l’ha conosciuto allora - che un bel giorno scambiò il patrimonio per la rendita, e si mise a spendere a piene mani in donne e carrozze. I suoi capricci erano costosi e il suo appetito talmente formidabile che era capace di trangugiare in un anno tutto il Perù. D’improvviso sparì, e non si è mai saputo dove fosse andato a finire.

 

DON MANUEL ARIAS

L’età ha trasformato il folle spensierato in un rigido moralista.

 

CONTE DI CAMPOREAL

Tutte le prostitute, quando rinsecchiscono, dicono le devozioni.

 

DON ANTONIO UBILLA

Io lo ritengo una persona onesta.

 

CONTE DI CAMPOREAL (ridendo)

Oh, come siete ingenuo, Ubilla! Vi lasciate ancora sedurre dall’apparenza! (In tono significativo) La casa della regina, ordinaria e civile, (sottolineando le cifre) costa seicentosessantaquattromila ducati all’anno! È un pozzo senza fondo dove si possono gettare le reti a colpo sicuro! Dove l’acqua è torbida, il pescatore ingrassa!

 

MARCHESE DE PRIEGO (intervenendo) Scusatemi, ma giudico imprudente la vostra condotta… e le vostre parole. Mio nonno, che aveva mensa presso il conte-duca, raccomandava sempre di mordere il re ma di baciare il favorito. Signori, vi prego, occupiamoci degli affari di stato.

 

Tutti prendono posto accanto al tavolo. Alcuni sfogliano degli incartamenti, altri prendono la penna in mano. L’impressione generale è quella di un ozio e un’inerzia assoluti. Una pausa.

 

MONTAZGO (sottovoce, a Ubilla)

Vi ho chiesto una tassa sul culto delle reliquie per poter pagare la nomina ad alcade di mio nipote.

 

DON ANTONIO UBILLA (sottovoce)

E voi mi avevate promesso di nominare al più presto mio cugino Melchior d’Elva balì dell’Ebro.

 

MONTAZGO (insorgendo)

Abbiamo appena elargito la dote a vostra figlia. La cerimonia nuziale è ancora in corso! Ci perseguitate di continuo…

 

DON ANTONIO UBILLA (sottovoce)

Avrete il vostro alcade.

 

MONTAZGO (sottovoce)

E voi il vostro balì. (Si stringono la mano)

 

COVADENGA (alzandosi)

Signori consiglieri di Castiglia, mi sembra il caso - perché nessuno esuli dalla sfera che gli compete - di procedere a una regolamentazione dei diritti e dei contributi rispettivi. Le rendite della Spagna scivolano in migliaia di mani, è una sciagura pubblica cui occorre porre un termine. Alcuni hanno troppo poco mentre altri nuotano nell’oro. Voi avete l’appalto dei tabacchi, Ubilla, mentre voi, marchese di Priego, vi siete preso la concessione dell’indaco e del muschio. Camporeal riscuote l’imposta su ottomila uomini, il dazio sulle merci per le Indie, il sale, mille altre tasse, e il cinque per cento sull’oro, sull’ambra e sul giaietto. (A Montazgo) Voi che mi guardate con occhi tanto spaventati, voi solo, grazie alla vostra ben nota sollecitudine, percepite l’imposta sull’arsenico e il diritto sulla neve, sulle processioni, sulle carte da gioco e sulla lotta; avete l’ammenda sui borghesi puniti col bastone, la decima sul mare, sul piombo e sul legno di rosa! Io signori, non possiedo nulla ed esigo che mi venga restituito qualcosa!

 

CONTE DI CAMPOREAL (scoppiando a ridere)

Oh, che vecchio scostumato! Se riscuote i profitti più alti! A eccezione dell’India, possiede le isole dei due mari. Che avidità smisurata! Ha afferrato con una mano Majorca e con l’altra si aggrappa alla scogliera di Tenerife!

 

COVADENGA (in collera)

Non ho niente, vi ripeto!

 

MARCHESE DE PRIEGO (ridendo)

Ha i negri!

 

Tutti si alzano e si mettono a parlare contemporaneamente. Litigano ferocemente.

 

MONTAZGO

Io, invece, ho un reclamo da esporre all’assemblea: voglio le foreste!

 

COVADENGA (al marchese de Priego)

Datemi l’arsenico e, in cambio, vi cedo i negri!

 

Da qualche istante Ruy Blas, senza essere notato dai presenti è entrato dalla porta di fondo e assiste, in silenzio, alla scena. Abito di velluto nero, mantello di velluto rosso, cappello con una piuma bianca e toson d’oro al collo.