Poscia balbettò: «Perché ci fuggite, signorina?». Avrei desiderato che il suolo si fosse aperto ad inghiottirmi. Per fortuna sopraggiunse mia sorella. mi fu d'uopo uno sforzo miracoloso per calmarmi o piuttosto per imporre al mio viso di mentire, e andai a raggiungere la comitiva che si sollazzava sulla spianata. Giuditta era accanto a lui, gli parlava, rideva, era tranquilla, non tremava... lei!

Oh! il convento! il convento! Ecco quello che mi abbisogna, che è fatto per me. Al di fuori non c'è che turbamento e sofferenze.

Vedi... mi crederanno cattiva lui pel primo! Dio che mi legge in cuore sa che io non sono tale, che io non ci ho colpa se la mia timidità, le mie abitudini tanto diverse dalle loro mi fanno sembrar cattiva! Ma chi mi crederà?... Ieri mentre tutti rientravano in casa, perché il fresco della sera era divenuto frizzante, egli mi si accostò, triste, pallido, mi prese la mano, tremavo talmente che non seppi ritirarla, ero sbalordita... egli mi disse colla sua voce più dolce: «Che vi ho mai fatto, signorina? Perché mi fuggite?...».

Mio Dio! Mio Dio! Avrei voluto buttarmi ai suoi piedi, domandargli perdono, dirgli che s'ingannava, che non era colpa mia... Non so che cosa dissi, non so che cosa balbettai. Sopraggiunse Annetta, mi buttai fra le sue braccia, e mi sfogai in pianto.

Marianna mia, cerca un conforto per me, aiutami!... Anche tu mi abbandoni! Son sola, sono triste, sono infelice!... Prega Iddio che mi faccia presto ritornare alla mia tranquilla e modesta esistenza, e che nel silenzio di quei corridoi si estingua il soffio tempestoso che viene dal mondo a turbare la sbigottita anima mia.

Ti ho scritto cogli occhi velati di lagrime; non so nemmeno quello che ho scritto. Perdonami ed amami, ché ho molto bisogno di essere amata.

 

 

17 Novembre

 

L'altra sera, dopo ch'egli mi disse quelle parole, allorché entrai nella stanza dove stavano radunati i miei parenti coi signori Valentini ero così turbata che tutti se ne avvidero. Mia matrigna fece una scena; mi rimproverò che io sono una ragazza male educata, capricciosa, che mi abbandono a degli impeti di gioia e degli accessi di malinconia ingiustificabili. Mio padre tentò difendermi sostenendo ch'io fossi indisposta.

Tutti gli altri tacevano. Quel supplizio durò quasi mezz'ora. Allorché potei chiudermi nel mio stanzino io ringraziai il Signore e lo pregai fervidamente di chiamarmi a sé.

Passai una cattivissima notte senza nemmeno chiudere occhio. Ho interrogato il mio cuore, ed ho paura.

Marianna mia, se non temessi di far peccato e di addolorare mio padre, Giuditta, mio fratello, te... e tutti quelli che mi vogliono bene... io vorrei morire di coléra.

Addio.

 

 

20 Novembre

 

Marianna! Marianna!... io lo amo! io lo amo! Pietà! pietà di me! Non mi disprezzare! son molto infelice! perdonami!

Mio Dio! perché questo castigo così duro? Ecco che bestemmio! Oh, mio Dio!... quanto ho pianto! Oh! Dio mio... vi ha una donna più sciagurata di me?...

L'amo! È un'orribile parola! è un peccato! è un delitto! ma è inutile dissimularlo a me stessa. Il peccato è più forte. Ho tentato di sfuggirgli, esso mi ha abbrancato, mi tiene in ginocchio sul petto, mi calpesta la faccia nel fango. Tutto il mio essere è pieno di quell'uomo: la mia testa, il mio cuore, il mio sangue. L'ho dinnanzi agli occhi in questo momento che ti scrivo, nei sogni, nella preghiera.

Non posso pensare ad alto; mi pare che ad ogni istante il suo nome mi venga sulle labbra, che ogni parola che profferisco si trasformi nel nome di lui; allorché lo ascolto son felice; quando mi guarda tremo; vorrei stargli vicina ad ogni momento e lo fuggo; vorrei morire per lui. Tutto ciò che sento per quell'uomo è nuovo, è strano, è spaventoso...