Una soprattutto, quella che era seduta davanti a lui, non gli tolse gli occhi di dosso per tutta la strada.
Sebbene la donna fosse velata, la vivacità dei suoi grandi occhi neri allungati dal bistro, il polso fine e delicato carico di braccialetti d’oro che si intravedeva tra i veli, il timbro della voce, i movimenti aggraziati e quasi infantili della testa, tutto faceva supporre che là sotto ci fosse una creatura giovane, graziosa, adorabile…
Il povero Tartarino non sapeva quale contegno prendere. La muta carezza di quei begli occhi orientali lo affascinava, lo turbava…
Che fare? Rispondere allo sguardo? Sì, ma con quali conseguenze? Cosa terribile, un intrigo d’amore in Oriente! Con la sua fantasia accesa di meridionale, il bravo Tarasconese si vedeva già caduto nelle mani degli eunuchi e decapitato; e il suo cadavere cucito in un sacco e buttato in mare..
L’omnibus si fermò. Erano arrivati in piazza del Teatro, all’inizio di via Bab-Azun. Ad una ad una, impacciate dai loro ampi pantaloni e avvolgendosi nei veli con istintiva grazia, le donne arabe scesero. La vicina di Tartarino si alzò per ultima, e nell’alzarsi il suo volto passò così vicino a quello dell’eroe, che lo sfiorò col respiro.
Il Tarasconese non potè più dominarsi. Pronto a tutto, si precipitò dietro l’Araba… Al rumore delle sue armi, la donna si volse, mise un dito sul velo come per dire: zitto! e con l’altra mano gli gettò una coroncina profumata fatta di fiori di gelsomino. Tartarino di Tarascona si chinò a raccoglierla; ma siccome il nostro eroe era di grossa corporatura e carico di arnesi da guerra, l’operazione richiese un certo tempo. Quando si rialzò, con la coroncina di gelsomini sul cuore, l’Araba era sparita.
8. Dormite, leoni dell’Atlante!
Dormite, leoni dell’Atlante! Dormite tranquilli in fondo alle vostre tane, tra gli aloe e i cactus selvaggi… Per qualche giorno ancora Tartarino di Tarascona vi risparmierà. Per il momento, tutto il suo apparato guerresco, casse d’armi, farmacia, carne in scatola, tenda, riposa accuratamente imballato, in un angolo della camera n. 36 dell’Hotel d’Europe. Dormite senza paura, grandi leoni fulvi! Il Tarasconese cerca la sua Araba.
Ma non è una cosa semplice! Ritrovare in una città di centomila abitanti una persona di cui si conosce solo il colore degli occhi! Solo un Tarasconese è capace di tentare una simile avventura.
Il guaio è che sotto i loro grandi veli bianchi, tutte le Arabe si assomigliano; e poi le signore arabe non escono, e per vederle bisogna salire nella città alta, la città araba, la città dei Turchi.
Un luogo poco raccomandabile, questa città alta. Un labirinto di vicoletti neri e strettissimi che si arrampicano tra due file di case misteriose, coi tetti che si toccano in alto formando come una galleria. Delle porte basse, delle finestre minuscole, mute, tristi, munite di inferriate. A destra e a sinistra alcune bottegucce tenebrose dove Turchi dalle facce patibolari dagli occhi bianchi e dai denti scintillanti, fumano lunghe pipe, parlottando tra loro, come se ordissero un complotto.
Dire che il nostro Tartarino attraversasse sereno e tranquillo questa città malfamata, sarebbe mentire. In realtà, egli era molto impressionato, e in quelle stradine buie, di cui il suo grosso ventre occupava tutta la larghezza, il brav’uomo avanzava con grande circospezione, l’occhio vigile e il dito sul grilletto di una rivoltella. Proprio come a Tarascona, quando andava al circolo. Di momento in momento, egli si aspettava di sentirsi piombare sulle spalle una valanga di eunuchi e di giannizzeri, ma il desidèrio di rivedere la sua dama gli davano l’audacia e la forza di un gigante.
Per otto lunghi giorni, Tartarino non abbandonò la città alta. Ora si metteva di guardia davanti ai bagni arabi, in attesa dell’uscita delle signore; ora faceva la sua apparizione davanti alle moschee, dove era costretto, sudando e sbuffando, a togliersi gli stivaloni prima di entrare.
Qualche volta, al cader della notte, mentre se ne tornava scoraggiato senza aver scoperto nulla, nè al bagno, nè alla moschea, il Tarasconese, passando davanti alle abitazioni arabe, sentiva dei canti monotoni, dei lontani accordi di chitarra, dei colpi ripetuti di un tamburello, e delle brevi risate femminili che gli facevano battere il cuore.
Forse lei è là dentro! pensava.
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