Ciò che non tarderà, bisogna crederlo. Il capo è ad est. Non ho mai veduto un battello rollare in questo modo.

Si teneva in piedi nel vano della porta. Il capitano rinunciò all’insufficiente punto d’appoggio che gli offriva lo scaffale, lasciò questo bruscamente ed andò ad abbattersi con tutto il suo peso sulla cuccetta.

— Il capo è ad est? — disse, facendo uno sforzo per mettersi a sedere. — È più di quattro quarti fuori della nostra rotta.

— Sì, capitano, cinquanta gradi; quanto basta per girare intorno a questo…

Il capitano Mac Whirr era riuscito a mettersi a sedere. Non aveva lasciato il libro, non aveva neppure perduta la pagina.

— Ad est? — ripeté con stupore crescente. — Ah, ma dove credete che andiamo? Vorreste che deviassi di più di quattro quarti una nave in piena efficienza per dare maggior comodità ai Cinesi! No, ho spesso udito parlare di pazzie commesse quaggiù, ma questa… Se non vi conoscessi, Jukes, penserei che aveste bevuto. Deviare di quattro quarti… e poi dopo? Quattro quarti dall’altra parte, suppongo, per ripigliare la rotta. Chi ha potuto mettervi in testa che farei correre delle bordate a un vapore come se fosse un veliero?

— Una bella fortuna che non sia un veliero — ribatté Jukes con amarezza. — Già da un bel pezzo avremmo veduto scaraventati sopra bordo gli attrezzi e tutto ili resto.

— Perfettamente! E voi non avreste avuto altro da fare che starvene con le braccia conserte a veder partire tutta quella roba — disse il capitano con una certa animazione. — Calma perfetta, vero?

— Sì, capitano. Ma si prepara qualche cosa che esce dall’ordinario, di sicuro.

— Può essere. E suppongo che la vostra idea sia che io dovrei tenermi lontano da questa porcheria?

Il capitano Mac Whirr parlava con la più grande semplicità di atteggiamento e di tono, fissando il linoleum del pavimento con aria grave. Così non vide l’espressione della fisionomia di Jukes, sulla quale era apparso un misto di dispetto e di sorpresa rispettosa.

— Ebbene, vedete questo libro? —

proseguì

deliberatamente, battendo sulla coscia il volume chiuso. — Vi ho letto or ora il capitolo sulle tempeste.

Era vero. Vi aveva letto proprio allora il capitolo sulle tempeste. Non era entrato con quella intenzione nella cabina di guardia. Ma qualche influenza nell’aria — la stessa influenza che aveva spinto lo steward a portare sugli stivali e l’impermeabile del capitano senza averne ricevuto l’ordine —

aveva per così dire guidata la sua mano verso lo scaffale; e senza prendersi neppure il tempo di mettersi a sedere, con uno sforzo cosciente, si era immerso nella terminologia sapiente. Si smarriva in mezzo ai semicerchi mobili, ai quarti di cerchio di destra e di sinistra, alle curve delle orbite, alle traiettorie del centro e al giacimento probabile di questo, ai salti di vento e alle altezze del barometro. Cercava di ricondurre tutte queste cose in relazione diretta con se stesso, ma si era sentito infine invadere dalla collera contro una tale valanga di parole, contro tanti consigli, il tutto basato su ragionamenti puramente cerebrali e su supposizioni senza un barlume di certezza.

— È la cosa più diabolica del mondo, Jukes — disse. —

Se uno sventurato si arrischiasse a seguire tutti i consigli messi qua dentro, passerebbe la maggior parte del suo tempo a girare attorno al vento.