E quella tempesta di neve nelle lunghe, dritte vie di New York! Karl non aveva mai visto un inverno a New York. Se si cammina contro il vento, e questo forma dei mulinelli, non si possono tenere gli occhi aperti nemmeno per un attimo, il vento continua a strofinarti la neve in faccia, cammini ma non vai avanti, è una disperazione. Un bambino naturalmente ha un vantaggio sugli adulti, il vento gli passa sopra, e lui in fondo si diverte ancora di tutto. Così Therese quella volta non seppe capire interamente sua madre, ed era fermamente convinta che se si fosse comportata con maggiore accortezza verso la madre — ma era ancora una bimba così piccola — questa non avrebbe fatto una morte così miserevole. Già da due giorni la madre era senza lavoro, non c'era più neanche uno spicciolo, avevano passato tutto il giorno all'aperto senza un boccone, e nei fagotti si trascinavano dietro solo stracci inservibili che forse per superstizione non osavano gettar via. Alla madre era stato prospettato un lavoro per la mattina dopo in una casa in costruzione, ma lei, come per tutto il giorno aveva cercato di spiegare a Therese, temeva di non poter profittare di quell'occasione favorevole perché si sentiva morta di stanchezza, già la mattina, con spavento dei passanti, aveva sputato molto sangue sulla via, e non desiderava altro che giungere in un posto caldo e riposarsi. E proprio quella sera fu impossibile trovare un posticino. Quando non venivano cacciate via dal custode già sul portone, dove almeno avrebbero potuto ripararsi un po' dal brutto tempo, traversavano gli stretti, gelidi corridoi, salivano sino agli ultimi piani, percorrevano in tondo le strette terrazze sui cortili, bussavano alla cieca alle porte, a volte non osavano rivolgere la parola a nessuno, poi supplicavano chiunque incontrassero, e una volta o due volte la madre si accoccolò senza fiato sui gradini di una scala più tranquilla, tirò a sé Therese che quasi si dibatteva e la baciò premendo forte le labbra tanto da farle male. Quando poi si viene a sapere che quelli erano gli ultimi baci, non si comprende come si sia potuto essere così sciocchi da non capirlo, per quanto piccini si possa essere. In alcune stanze davanti a cui passavano la porta era aperta per far uscire l'aria soffocante, e dalla caligine fumosa, quasi da incendio, che riempiva la camera emergeva la sagoma di qualcuno fermo sulla soglia che, con la sua muta presenza o con una secca parola, dimostrava l'impossibilità di trovare ricovero lì. Ripensandoci adesso, a Therese pareva che la madre avesse cercato davvero un posto solo nelle prime ore, perché passata che fu la mezzanotte non si rivolse più a nessuno, benché non smettesse di camminare, con qualche piccola interruzione, sino all'alba e benché in quelle case nelle quali non vengono mai chiusi né il portone né le porte delle abitazioni, ci sia sempre vita e a ogni passo si incontri qualcuno. Naturalmente non era un correre quello che le spingeva avanti, ma soltanto l'estremo sforzo di cui erano capaci, e in realtà poteva benissimo essere che si fossero solo trascinate. Therese non sapeva nemmeno se tra mezzanotte e le cinque del mattimo fossero state in venti case, oppure in due, oppure soltanto in una. I corridoi di queste case sono costruiti secondo il saggio principio del massimo sfruttamento dello spazio, ma senza tenere in alcun conto la facilità delPorientamento; quante volte dovevano esser passate per gli stessi corridoi! Therese conservava un oscuro ricordo di essere uscite dal portone di una casa che avevano perlustrato per un'eternità, ma le sembrava altresì che, una volta in strada, si fossero voltate indietro per precipitarsi nuovamente nella stessa casa. Per la bambina naturalmente era una sofferenza indicibile esser trascinata così, ora sorretta dalla madre, ora reggendosi a lei, senza la minima parola di conforto, e nella sua incapacità di capire le sembrava che Punica spiegazione possibile fosse che la madre voleva scappar via da lei. Perciò Therese, anche quando la madre la teneva per mano, con l'altra per sicurezza si aggrappava alle gonne di lei, e ogni tanto si metteva a piangere. Non voleva essere abbandonata lì, tra quelle persone che salivano le scale davanti a loro pestando i piedi o che dietro di loro si avvicinavano, ancora invisibili, da una curva delle scale, che nei corridoi litigavano davanti a una porta e si cacciavano a spintoni nelle stanze. Per la casa si aggiravano degli ubriachi cantando con voce torpida, e la madre e Therese riuscivano felicemente a sgusciar via da quei gruppi che si chiudevano intorno a loro. A notte tarda, quando nessuno faceva più la guardia o difendeva con tanta assolutezza i suoi diritti, avrebbero sicuramente potuto infilarsi in uno dei dormitori che qualche impresario dava in affitto e davanti ai quali erano passate, ma Therese non lo sapeva e la madre non voleva più riposo. La mattina seguente, l'inizio di un bel giorno d'inverno, erano appoggiate al muro di una casa e forse avevano dormito un po', forse avevano soltanto guardato attorno a sé con gli occhi sbarrati. Si accorsero che Therese aveva perduto il suo fagotto, e la madre si mise a picchiarla per punirla della sua disattenzione, ma Therese non udiva il rumore dei colpi né se li sentiva addosso. Poi si rimisero in cammino per le strade che cominciavano ad animarsi, la madre dalla parte del muro, passarono su un ponte dove la madre strisciando la mano sul parapetto faceva cadere la neve, e alla fine giunsero — Therese allora non ci aveva trovato niente di strano, mentre adesso non riusciva a capire come fosse avvenuto — proprio davanti a quella costruzione dove la madre doveva lavorare quella mattina. Lei non disse a Therese né di restare né di andarsene, e Therese lo interpretò come un ordine di aspettare, perché meglio rispondeva ai suoi desideri. Così si sedette su un mucchio di mattoni e guardò la madre che apriva il suo fagotto, ne toglieva un cencio colorato e se lo annodava attorno al capo sopra il fazzoletto che aveva portato tutta la notte. Therese era troppo stanca anche solo per pensare di aiutarla. Senza presentarsi alla baracca, come si faceva di solito, e senza chiedere nulla a nessuno la madre salì su una scala a pioli, come se già sapesse il lavoro che le era stato assegnato. Therese se ne stupì, perché di solito le manovali erano adibite da basso a spegner la calce, a passare mattoni o a compiti altrettanto semplici. Pensò che quel giorno la madre volesse fare un lavoro meglio pagato, e le sorrise mezzo addormentata. La costruzione non era ancora molto alta, arrivava poco più su del pian terreno, anche se già i pali del ponteggio, ancora senza passerelle di collegamento, svettavano alti nel cielo azzurro. Arrivata su la madre girò abilmente attorno ai muratori che mettevano mattoni su mattoni e che inspiegabilmente non le dissero parola, si appoggiò prudentemente con mano leggera a un tramezzo di legno che serviva da parapetto, e dal basso Therese nel suo stordimento guardava ammirata quell'abilità e le parve che sua madre le rivolgesse uno sguardo affettuoso.
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