Karl gli tirò la coperta sul viso e pensò che almeno per il momento non avrebbe dovuto darsi pensiero, perché Robinson di sicuro non si sarebbe svegliato prima delle sei, e per quell'ora lui sarebbe ritornato là e forse con l'aiuto di Renell avrebbe escogitato un mezzo per portar via Robinson.
Le autorità superiori ispezionavano il dormitorio solo in casi straordinari, i ragazzi avevano ottenuto già da qualche anno che venisse abolita quell'ispezione generale che un tempo era una regola, sicché da quel lato non c'era nulla da temere.
Quando Karl approdò di nuovo vicino al suo ascensore, vide che sia il suo sia quello del vicino stavano salendo. Aspettò preoccupato che la cosa si chiarisse. Il suo ascensore fu il primo a ridiscendere, e dalla cabina uscì quel ragazzo che poco prima stava correndo nel corridoio.
«Ma dove sei stato Rossmann?», chiese questo. «Perché te ne sei andato così? Perché non hai avvertito?»
«Ma se ho chiesto a lui di sostituirmi per un momento», rispose Karl indicando il ragazzo dell'ascensore accanto che stava appunto avvicinandosi. «Io lui l'ho sostituito per due ore, e proprio nel momento di maggior traffico.»
«Tutto questo sta benissimo», disse il ragazzo chiamato in causa, «ma non basta. Non sai che bisogna dichiarare anche la più breve assenza dal servizio nell'ufficio del cameriere capo? Il telefono lo hai per questo. Io ti avrei sostituito volentieri, ma sai bene che non è così facile. C'erano clienti arrivati col treno delle quattro e mezzo davanti a tutti e due gli ascensori. Non potevo mica dare la precedenza al tuo ascensore e fare aspettare i miei clienti; così sono salito prima col mio ascensore!»
«E allora?», chiese Karl ansiosamente, poiché i due ragazzi tacevano. «Allora», disse il ragazzo dell'ascensore accanto, «in quel momento passa proprio il capocameriere, vede la gente ferma davanti al tuo ascensore vuoto, gli viene un attacco, domanda a me che arrivo di corsa dove ti sei ficcato, io non ne ho idea perché non mi avevi detto dove andavi, e così lui telefona subito al dormitorio che venga immediatamente un altro ragazzo.»
«Ci siamo appunto incontrati in corridoio», disse quello che aveva sostituito Karl. Karl annuì«.
«Naturalmente», assicurò l'altro ragazzo, «io ho detto subito che tu mi avevi chiesto di sostituirti, ma ti pare che quello dia retta a queste scuse? Forse ancora non lo conosci. Ci ha detto di avvertirti che devi presentarti subito nel suo ufficio. Quindi non perder tempo e vacci subito. Forse ti perdonerà, perché davvero sei stato via solo due minuti. Di' pure tranquillamente che mi avevi pregato di sostituirti. Invece dammi retta, è meglio non dire che tu avevi sostituito me; a me non può accader nulla, io avevo il permesso, ma non è il caso di parlare di questa cosa e di mischiarla all'altra faccenda, con cui non ha niente a che fare.»
«È la prima volta che lascio il mio posto», disse Karl.
«Succede sempre così, solo che non vogliono crederlo», disse il ragazzo e corse al suo ascensore, perché c'era della gente che si avvicinava.
Il sostituto di Karl, un ragazzo di circa quattordici anni, che evidentemente aveva compassione di lui, disse: «È già successo molte volte che abbiano perdonato in casi del genere. Di solito si viene trasferiti a un altro incarico. A quanto ne so, per una cosa simile ne è stato licenziato solo uno. Devi inventarti una scusa valida. Che non ti venga in mente di dire che improvvisamente ti sei sentito male, quello ti ride in faccia. Di' piuttosto che un cliente ti ha dato una commissione urgente per un altro cliente e che non ricordi chi era quello che te l'ha data, e che l'altro non l'hai potuto trovare».
«Beh», disse Karl, «non sarà poi così brutta», ma da tutto quel che aveva sentito non credeva più a una soluzione favorevole. E se anche avessero perdonato quella sua negligenza nel servizio, nel dormitorio c'era sempre Robinson come prova vivente della sua colpa, e col carattere bilioso del cameriere capo era anche troppo probabile che non si sarebbero contentati di un'inchiesta superficiale, e che avrebbero finito per scovare Robinson. In realtà non esisteva un espresso divieto di portar degli estranei nel dormitorio, ma non esisteva appunto perché non si stanno a proibire cose che sono impensabili. Quando Karl entrò nell'ufficio del cameriere capo, questi era seduto davanti al suo caffè del mattino, ogni tanto ne beveva un sorso e poi guardava un elenco, evidentemente portatogli dal capo portiere, che era presente anche lui. Questi era un uomo alto, che l'uniforme sontuosa e sovraccarica di ornamenti — cordoni e nastri dorati gli serpeggiavano persino sulle spalle e lungo le braccia — faceva apparir ancor più robusto di quanto era per natura. I baffi neri e lucenti dalle punte allungate, come li portano in Ungheria, non tremavano neanche alle più vivaci mosse del suo capo. Del resto, a causa della pesantezza del suo vestito quell'uomo si muoveva solo con difficoltà e si piazzava sempre a gambe divaricate per meglio distribuire il suo peso.
Karl era entrato svelto e senza esitare come si era abituato a fare all'albergo, perché la lentezza e la cautela, che nei privati indicano gentilezza, nei ragazzi d'ascensore erano ritenute un segno di pigrizia. Inoltre non doveva far vedere subito appena entrato che si sentiva in colpa. Il cameriere capo aveva gettato una rapida occhiata alla porta che si apriva, ma poi era subito tornato al suo caffè e alla sua lettura senza curarsi oltre di Karl. Ma il portiere forse si sentì disturbato dalla presenza di Karl, forse aveva da riferire qualche notizia segreta o da fare qualche richiesta, ad ogni modo guardava ogni momento verso Karl con aria cattiva e col capo rigidamente piegato da una parte e poi, quando aveva incontrato lo sguardo di Karl come evidentemente voleva, tornava a girarsi verso il capo cameriere.
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