Con te, col tuo muso sbarbato, inconfondibile. C'è poco da confondersi! Potresti esser scappato in città passandomi dietro la schiena ogni notte, ma mi basta guardar la tua faccia per affermare che sei un mascalzone fatto e finito!»
«Lascia perdere, Feodor!», disse il capo cameriere, la cui conversazione telefonica con la capocuoca sembrava essersi improvvisamente interrotta. «La cosa è semplicissima. I suoi divertimenti notturni non ci interessano affatto. Ma forse, prima di andarsene, gli piacerebbe provocare una grossa inchiesta sulle sue attività notturne. Già me li immagino, come si divertirebbe. Magari verrebbero citati e interrogati come testimoni tutti e quaranta i ragazzi, anche loro naturalmente potrebbero averlo preso per un altro, e allora pian piano sarebbe costretto a testimoniare tutto il personale, l'attività dell'albergo verrebbe momentaneamente sospesa, e quando alla fine sarebbe comunque cacciato via, avrebbe avuto almeno questo divertimento. Ha già preso per il naso la capocuoca, quella brava donna, e tanto ci basta. Non voglio sentir altro; tu sei licenziato su due piedi per negligenza nel servizio. Ti darò un mandato per la cassa, perché ti venga pagato il salario fino ad oggi. Del resto, detto fra noi, visto il tuo comportamento questo è un regalo che ti faccio solo per riguardo verso la signora capocuoca.» Lo squillo del telefono impedì al cameriere capo di firmare subito il mandato. «Oggi i ragazzi d'ascensore mi danno un bel da fare!», gridò appena ebbe udito le prime parole. «Ma è inaudito», gridò poco dopo. E si volse al portiere per dirgli: «Per favore, Feodor, trattieni un po' questo ragazzo, con lui abbiamo ancora qualcosa da discutere». E gridando al telefono ordinò: «Vieni subito su!». Adesso almeno il portiere capo potè sfogarsi come non gli era riuscito di fare con le parole. Afferrò Karl per la parte alta del braccio, ma non con una stretta tranquilla, che in fondo si sarebbe potuta anche sopportare, bensì allentando ogni tanto la presa per stringere più forte, e data la sua grande forza fisica sembrava che non dovesse finire mai, e a Karl cominciava ad annebbiarsi la vista. Inoltre non si limitava a tenerlo stretto, ma quasi avesse avuto anche 1'ordine di allungarlo, ogni tanto lo sollevava e lo scuoteva, mentre continuava a ripetere al capo cameriere, in tono mezzo interrogativo: «Che adesso io non lo scambi con qualcun altro, che adesso io non lo scambi con qualcun altro». Fu un sollievo per Karl quando entrò il capo dei ragazzi d'ascensore, un certo Bess, un giovane grasso che ansimava in continuazione, e per qualche momento attirò su di sé l'attenzione del portiere capo. Karl era così sfinito che lo salutò appena, quando con sorpresa vide scivolar nella stanza alle spalle del giovane Therese, pallida come una morta, coi vestiti in disordine e i capelli tirati su malamente. In un lampo essa gli fu vicina e sussurrò: «La capocuoca lo sa già?».
«Il cameriere capo le ha telefonato», rispose Karl.
«Allora va tutto bene, allora va tutto bene», disse rapida mentre gli occhi le riprendevano vita.
«No», disse Karl. «Tu non sai quel che hanno contro di me. Debbo andarmene, anche la capocuoca se n'è persuasa. Per favore, non restare qui, va' di sopra, verrò poi a salutarti.»
«Ma Rossmann, cosa ti salta in mente, tu resterai con noi finché ne avrai voglia. Il cameriere capo fa tutto quel che vuole la capocuoca, è innamorato di lei, l'ho saputo non molto tempo fa. Perciò sta' tranquillo.»
«Per favore, Therese, adesso va' via. Non posso difendermi bene se tu resti qui. E debbo difendermi punto per punto, perché hanno messo avanti contro di me un sacco di bugie. Più mi riesce di stare attento e di difendermi, più ho speranze di restare. Dunque, Therese» — purtroppo in un'improvvisa ondata di dolore non potè trattenersi dall'aggiungere sottovoce: «Se almeno questo portiere capo mi lasciasse andare! Non sapevo che fosse mio nemico.
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