C'erano, fra l'altro, riso bollito nel latte di mandorla, zuppe allo zafferano e agnelli à la crème; tutti piatti di cui il califfo era ghiottissimo. Mangiò di tutto per quanto gli fu possibile; provò con la gaiezza del suo cuore i sentimenti di amicizia che nutriva per l'emiro; e fece danzare i nani contro la loro volontà, giacché quei piccoli bigotti non osavano ribellarsi al capo dei fedeli. Finalmente si stese sul sofà e dormi il sonno più profondo della sua vita.

Sotto la cupola regnava un silenzio assoluto: non lo turbava che il rumore delle mascelle di Bababalouk, il quale aveva allentato le stringhe del suo corsetto per poter mangiare più agevolmente, giacché era ansioso di fare ammenda del suo digiuno sulle montagne. Sentendosi troppo sollevato di spirito per poter dormire e avendo in spregio l'ozio, egli pensò di visitare l'harem e di adempiere al suo ufficio presso le signore; voleva esaminare se erano state unte a dovere col balsamo della Mecca; se le sopracciglia e le trecce erano in ordine; e in una parola provvedere a tutte le piccole cure che potevano essere necessarie. Cercò per un certo tempo la porta, ma non riusci a trovarla. Non osava parlare forte per paura di disturbare il califfo; e neanche un'anima si moveva nei dintorni del palazzo. Aveva quindi quasi rinunciato a realizzare il suo proposito, quando arrivò al suo orecchio un sommesso bisbiglio. Il rumore veniva dai nani che erano tornati alle loro vecchie occupazioni e per la novecentonovantanovesima volta nella loro vita leggevano il Corano. Cortesemente invitarono Bababalouk ad accompagnarsi a loro, ma la testa dell'eunuco era piena di altre preoccupazioni. I nani, sebbene non poco scandalizzati da questa prova di dissolutezza morale, gli indicarono gli appartamenti che egli cercava. La strada che vi conduceva passava attraverso cento oscuri corridoi per i quali Bababalouk andò avanti a tentoni; finalmente dal fondo di un andito cominciò a udire il vago cicaleccio delle donne e se ne senti deliziato. — Ah, ah! — gridò, — non ancora a letto? — Quindi allungando il passo aggiunse: — Credete forse che abbia rinunciato alla mia carica? — Due degli eunuchi negri, udendo una voce cosi sonora, lasciarono in fretta il loro gruppo per scoprirne l'origine, sciabole alla mano. Ma da tutte le parti già si diceva: — E solo Bababalouk! Non è altri che Bababalouk! — Intanto il circospetto guardiano, giunto davanti a un leggero velo di seta color carnicino che pendeva alla porta, vide, nella luce soffusa che brillava dall'altra parte, un bagno ovale di porfido scuro, circondato da cortine che cadevano in ampie pieghe. Fra le aperture delle tende, che non erano totalmente chiuse, si intravedevano gruppi di giovani schiave; e in mezzo a loro Bababalouk scorse le sue pupille che stendevano mollemente le membra come per abbracciare l'acqua profumata e per rinfrescarsi dopo le loro fatiche. I loro sguardi teneramente languidi, i loro confidenziali bisbigli e gli incantevoli sorrisi che li accompagnavano, lo squisito profumo delle rose: tutto contribuiva a ispirare un senso di voluttà che lo stesso Bababalouk riusciva appena a vincere.

Egli riprese comunque la sua solennità ordinaria; e in tono autorevole e perentorio ordinò alle dame di lasciare immediatamente il bagno. Mentre egli dava questi ordini, la giovane Nouronihar, figlia dell'emiro, che era svelta come un'antilope e piena di vivacità e di gaiezza, fece cenno a una delle sue schiave di staccare la grande altalena che era appesa al soffitto con cordoni di seta; e mentre la schiava eseguiva, fece un gesto d'intesa alle sue compagne nel bagno, che, afflitte per essere state sottratte a un cosi blando stato d'indolenza, cominciarono a torcere, ad aggrovigliare i loro capelli per tormentare e trattenere Bababalouk, stuzzicandolo con mille capricci.

Nouronihar, accorgendosi che il vecchio stava per perdere la pazienza, gli si avvicinò con un'aria di rispettosa ansietà e disse: — Signore! Non mi pare affatto conveniente che il capo eunuco del califfo nostro sovrano debba stare in piedi cosi a lungo; degnatevi di adagiare la vostra graziosa persona su questo sofà che scoppiera di scorno se non avrà l'onore di ricevervi —. Conquistato da cosi lusinghieri accenti, Bababalouk galantemente rispose: — Delizia delle pupille dei miei occhi! Accetto l'offerta delle vostre labbra di miele; e, per dire la verità, i miei sensi sono abbagliati dallo splendore che emana dalle vostre grazie. — Riposatevi quindi a vostro agio, — rispose la giovane beltà, facendolo sedere sul preteso sofà che, più veloce del lampo, prese subito il volo. Tutte le altre donne che avevano facilmente inteso il disegno di lei, balzarono nude fuori dal bagno e spinsero l'altalena con scosse cosi spietate che essa traversò per tutta l'estensione l'altissima cupola, togliendo completamente il respiro alla povera vittima. Ora il piede di Bababalouk sfiorava la superficie dell'acqua; ora egli batteva il naso contro il lucernario. Invano il vecchio riempiva l'aria di grida con una voce che somigliava al suono di una brocca rotta; gli scoppi di risa la sommergevano di continuo.

Nouronihar, che abituata agli eunuchi di harem ordinari, non aveva mai visto qualcosa di cosi eminentemente ridicolo, si diverti, nell'ebbrezza dei suoi sensi giovanili, molto più di tutte le altre. Ella cominciò a parodiare certi versi persiani e cantò con accento pieno di maligna gravità: «O leggiadra candida colomba! quando ti alzi nell'aria, dedica uno sguardo benigno al tuo compagno d'amore: melodiosa Filomela, io sono la tua rosa; gorgheggia solo una nota che mi rapisca il cuore!»

Le sultane e le loro schiave, stimolate da questo scherzo, si accanirono sull'altalena con tale assiduità che, alla fine, il cordone che la reggeva si strappò di colpo e Bababalouk, andò a cadere, dibattendosi come una tartaruga, in fondo al bagno. Questa immersione sollevò un clamore universale. Dodici piccole porte fino allora inosservate si aprirono a un tratto e in un attimo tutte le signore furono fuori, ma non prima di aver ammucchiato tutti i loro asciugamani sulla testa del vecchio e di avere spento le luci che restavano.

L'infelice essere, nell'acqua fino al mento, oppresso dall'oscurità e incapace di districarsi dai drappi che lo avvolgevano, era ancora condannato a sentire, per ulteriore consolazione, i vaghi scoppi d'ilarità che il suo disastro suscitava. Si agitò vanamente per uscire dalla vasca: gli orli erano diventati cosi sdrucciolevoli, con l'olio versato dalle lampade rotte, che ad ogni tentativo egli ricascava con un tuffo che echeggiava sonoramente sotto la volta. Quei sinistri scoppi di risa si ripetevano a ogni caduta, e Bababalouk, persuaso che il luogo fosse infestato da dèmoni anziché da donne, decise di rinunciare ai suoi sforzi e di restare nel bagno; e per distrarsi incominciò soliloqui inframezzati di imprecazioni, di cui le sue maliziose vicine, sdraiate sul piumino, non persero una parola. Il mattino lo sorprese in questa piacevole occupazione. Il califfo, meravigliato della sua assenza, lo aveva fatto cercare dappertutto. Finalmente il poveretto fu tirato fuori quasi soffocato dal cumulo di lini e bagnato fino al midollo. Zoppicante e con i denti che battevano dal freddo, egli si presentò al suo padrone, il quale gli domandò che cosa fosse successo e come si fosse ridotto in quella sorta di salamoia.