De le quali una, volgendo li suoi occhi verso me e chiamandomi per nome, disse queste parole: "A che fine ami tu questa tua donna, poi che tu non puoi sostenere la sua presenza? Dilloci, ché certo lo fine di cotale amore conviene che sia novissimo". E poi che m'ebbe dette queste parole, non solamente ella, ma tutte l'altre cominciaro ad attendere in vista la mia risponsione. Allora dissi queste parole loro: "Madonne, lo fine del mio amore fue già lo saluto di questa donna, forse di cui voi intendete, ed in quello dimorava la beatitudine, ché era fine di tutti li miei desiderii. Ma poi che le piacque di negarlo a me, lo mio segnore Amore, la sua merzede, ha posto tutta la mia beatitudine in quello che non mi puote venire meno". Allora queste donne cominciaro a parlare tra loro; e sì come talora vedemo cadere l'acqua mischiata di bella neve, così mi parea udire le loro parole uscire mischiate di sospiri. E poi che alquanto ebbero parlato tra loro, anche mi disse questa donna che m'avea prima parlato, queste parole: "Noi ti preghiamo che tu ne dichi ove sia questa tua beatitudine". Ed io, rispondendo lei, dissi cotanto: "In quelle parole che lodano la donna mia". Allora mi rispuose questa che mi parlava: "Se tu ne dicessi vero, quelle parole che tu n'hai dette in notificando la tua condizione, avrestù operate con altro intendimento". Onde io, pensando a queste parole, quasi vergognoso mi partìo da loro, e venia dicendo fra me medesimo: "Poi che è tanta beatitudine in quelle parole che lodano la mia donna, perché altro parlare è stato lo mio?". E però propuosi di prendere per matera de lo mio parlare sempre mai quello che fosse loda di questa gentilissima; e pensando molto a ciò, pareami avere impresa troppo alta matera quanto a me, sì che non ardia di cominciare; e così dimorai alquanti dì con disiderio di dire e con paura di cominciare.

XIX Avvenne poi che passando per uno cammino, lungo lo quale sen gìa uno rivo chiaro molto, a me giunse tanta volontade di dire, che io cominciai a pensare lo modo ch'io tenesse; e pensai che parlare di lei non si convenia che io facesse, se io non parlasse a donne in seconda persona, e non ad ogni donna, ma solamente a coloro che sono gentili e che non sono pure femmine. Allora dico che la mia lingua parlò quasi come per se stessa mossa, e disse: "Donne ch'avete intelletto d'amore". Queste parole io ripuosi ne la mente con grande letizia, pensando di prenderle per mio cominciamento; onde poi ritornato a la sopradetta cittade, pensando alquanti die, cominciai una canzone con questo cominciamento, ordinata nel modo che si vedrà di sotto ne la sua divisione. La canzone comincia: "Donne ch'avete".

Donne ch'avete intelletto d'amore,

i' vo' con voi de la mia donna dire,

non perch'io creda sua laude finire,

ma ragionar per isfogar la mente.

Io dico che pensando il suo valore,

Amor sì dolce mi si fa sentire,

che s'io allora non perdessi ardire,

farei parlando innamorar la gente:

E io non vo' parlar sì altamente,

ch'io divenisse per temenza vile;

ma tratterò del suo stato gentile

a respetto di lei leggeramente,

donne e donzelle amorose, con vui,

ché non è cosa da parlarne altrui.

Angelo clama in divino intelletto

e dice: "Sire, nel mondo si vede

maraviglia ne l'atto che procede

d'un'anima che 'nfin quassù risplende".

Lo cielo, che non have altro difetto

che d'aver lei, al suo segnor la chiede,

e ciascun santo ne grida merzede.

Sola Pietà nostra parte difende,

ché parla Dio, che di madonna intende:

"Diletti miei, or sofferite in pace

che vostra spene sia quanto me piace

là ov' è alcun che perder lei s'attende,

e che dirà ne lo inferno: "O malnati,

io vidi la speranza de' beati".

Madonna è disiata in sommo cielo:

or vòi di sua virtù farvi savere.

Dico, qual vuol gentil donna parere

vada con lei, chè quando va per via,

gitta nei cor villani Amore un gelo,

per che onne lor pensero agghiaccia e père;

e qual soffrisse di starla a vedere

diverria nobil cosa, o si morria;

E quando trova alcun che degno sia

di veder lei, quei prova sua vertute,

ché li avvien ciò che li dona salute,

e sì l'umilia ch'ogni offesa oblia.

Ancor l'ha Dio per maggior grazia dato

che non pò mal finir chi l'ha parlato.

Dice di lei Amor: "Cosa mortale

come esser pò sì adorna e sì pura?"

Poi la reguarda, e fra se stesso giura

che Dio ne 'ntenda di far cosa nova.

Color di perle ha quasi in forma, quale

convene a donna aver, non for misura;

ella è quanto de ben pò far natura;

per esemplo di lei bieltà si prova.

De li occhi suoi, come ch'ella li mova,

escono spirti d'amore inflammati,

che fèron li occhi a qual che allor la guati,

e passan sì che 'l cor ciascun retrova:

voi le vedete Amor pinto nel viso,

là 've non pote alcun mirarla fiso.

Canzone, io so che tu girai parlando

a donne assai, quand'io t'avrò avanzata.

Or t'ammonisco, perch'io t'ho allevata

per figliuola d'Amor giovane e piana,

che là ove giugni tu dichi pregando:

"Insegnàtemi gir, ch'io son mandata

a quella di cui laude so' adornata".

E se non vuoli andar sì come vana,

non restare ove sia gente villana;

ingègnati, se puoi, d'esser palese

solo con donne o con omo cortese,

che ti merranno là per via tostana.

Tu troverai Amor con esso lei;

raccomàndami a lui come tu dei.

Questa canzone, acciò che sia meglio intesa, la dividerò più artificiosamente che l'altre cose di sopra. E però prima ne fo tre parti: la prima parte è proemio de le sequenti parole; la seconda è lo intento trattato; la terza è quasi una serviziale de le precedenti parole. La seconda comincia quivi: "Angelo clama"; la terza quivi: "Canzone, io so che". La prima parte si divide in quattro: ne la prima dico a cu' io dicer voglio de la mia donna, e perché io voglio dire; ne la seconda dico quale me pare avere a me stesso quand'io penso lo suo valore, e com'io direi s'io non perdessi l'ardimento; ne la terza dico come credo dire di lei, acciò ch'io non sia impedito da viltà; ne la quarta, ridicendo anche a cui ne intenda dire, dico la cagione per che dico a loro. La seconda comincia quivi: "Io dico"; la terza quivi: "E io non vo' parlar"; la quarta: "donne e donzelle". Poscia quando dico: "Angelo clama", comincio a trattare di questa donna. E dividesi questa parte in due: ne la prima dico che di lei si comprende in cielo; ne la seconda dico che di lei si comprende in terra, quivi: "Madonna è disiata". Questa seconda parte si divide in due; che ne la prima dico di lei quanto da la parte de la nobilitade de la sua anima, narrando alquanto de le sue vertudi effettive che de la sua anima procedeano; ne la seconda dico di lei quanto da la parte de la nobilitade del suo corpo, narrando alquanto de le sue bellezze, quivi: "Dice di lei Amor". Questa seconda parte si divide in due: che ne la prima dico d'alquante bellezze che sono secondo tutta la persona; ne la seconda dico d'alquante bellezze che sono secondo diterminata parte de la persona, quivi: "De li occhi suoi". Questa seconda parte si divide in due: che ne l'una dico deli occhi, li quali sono principio d'amore; ne la seconda dico de la bocca, la quale è fine d'amore. E acciò che quinci si lievi ogni vizioso pensiero, ricòrdisi chi ci legge che di sopra è scritto che lo saluto di questa donna, lo quale era de le operazioni de la bocca sua, fue fine de li miei desiderii mentre ch'io lo potei ricevere. Poscia quando dico: "Canzone, io so che tu", aggiungo una stanza quasi come ancella de l'altre, ne la quale dico quello che di questa mia canzone desidero; e però che questa ultima parte è lieve a intendere, non mi travaglio di più divisioni. Dico bene che, a più aprire lo intendimento di questa canzone, si converrebbe usare di più minute divisioni; ma tuttavia chi non è di tanto ingegno che per queste che sono fatte la possa intendere, a me non dispiace se la mi lascia stare, ché certo io temo d'avere a troppi comunicato lo suo intendimento pur per queste divisioni che fatte sono, s'elli avvenisse che molti le potessero audire.

XX. Appresso che questa canzone fue alquanto divolgata tra le genti, con ciò fosse cosa che alcuno amico l'udisse, volontade lo mosse a pregare me che io li dovesse dire che è Amore, avendo forse per l'udite parole speranza di me oltre che degna. Onde io pensando che appresso di cotale trattato, bello era trattare alquanto d'Amore, e pensando che l'amico era da servire, propuosi di dire parole ne le quali io trattassi d'Amore; e allora dissi questo sonetto, lo qual comincia: "Amore e 'l cor gentil".

Amore e 'l cor gentil sono una cosa,

sì come il saggio in suo dittare pone,

e così esser l'un sanza l'altro osa

com'alma razional sanza ragione.

Fàlli natura quand'è amorosa,

Amor per sire e 'l cor per sua magione,

dentro la qual dormendo si riposa

tal volta poca e tal lunga stagione.

Bieltate appare in saggia donna pui,

che piace a gli occhi sì, che dentro al core

nasce un disio de la cosa piacente;

e tanto dura talora in costui,

che fa svegliar lo spirito d'Amore.

E simil fàce in donna omo valente.

Questo sonetto si divide in due parti: ne la prima dico di lui in quanto è in potenzia; ne la seconda dico di lui in quanto di potenzia si riduce in atto. La seconda comincia quivi: "Bieltate appare". La prima si divide in due: ne la prima dico in che suggetto sia questa potenzia; ne la seconda dico sì come questo suggetto e questa potenzia siano produtti in essere, e come l'uno guarda l'altro come forma materia. La seconda comincia quivi: "Fàlli natura".