La terra era cosparsa di richiami luminosi, poiché ogni casa accendeva la sua stella in faccia alla notte immensa, così come si volge un faro verso il mare. Tutto quel che copriva una vita umana già scintillava. E
Fabien era incantato che l’ingresso della notte somigliasse questa volta ad un ingresso in porto, lento e bello.
Ritirò la testa nella carlinga. Il radio delle sfere cominciava a splendere.
il pilota verificò, una dopo l’altra, alcune cifre e fu contento di scoprirsi so-lidamente seduto in cielo. Sfiorò col dito un longherone d’acciaio e sentì scorrer la vita nel metallo: il metallo non vibrava, ma viveva. I cinquecento cavalli del motore facevan nascere nella materia una corrente dolcissima, che mutava il suo gelo in carne di velluto. Ancora una volta, il pilota, in volo, non provava né vertigine, né ebbrezza, ma il misterioso lavorìo d’una carne viva.
Ora egli s’era ricomposto un mondo, e lavorava di gomiti per installarci-si comodamente.
Diede un colpetto al quadro della distribuzione elettrica, toccò, a uno a uno, gli interruttori, s’appoggiò meglio allo schienale, e cercò la miglior posizione per sentir bene il dondolìo delle cinque tonnellate di metallo che una mobile notte recava sulla spalla. Poi tastò intorno a sé, spinse a posto la lampada di soccorso, l’abbandonò, la ritrovò, si assicurò che non scivo-lasse, l’abbandonò di nuovo per dare un colpetto a ogni leva, per ritrovare ogni leva a colpo sicuro e istruir le sue dita per un mondo di ciechi. Poi, quando le sue dita conobbero bene quel mondo, si permise d’accendere una lampadina, d’ornare la sua carlinga di strumenti precisi, e sorvegliò solo sui quadranti del cruscotto il suo ingresso nella notte, simile a un tuffo. Poi, siccome nulla vacillava, nulla vibrava, nulla tremava, e rimanevano fissi il giroscopio, l’altimetro e il regime del motore, si stirò un po’, appoggiò la nuca al cuoio dello schienale, e s’immerse in quella profonda meditazione del volo, nella quale si assapora una inesplicabile speranza.
Ed ora, come una scolta nel cuor della notte, egli scopre che la notte rivela l’uomo: richiami, luci, inquietudine. Una semplice stella nell’ombra: 7
l’isolamento d’una casa. Una di quelle luci si spegne: è una casa che si chiude sul suo amore.
O sulla sua noia. E una casa che cessa di far segnali al resto del mondo.
Quei contadini seduti intorno alla tavola dinanzi al loro lume, non sanno quale sia la loro speranza: essi non sanno che, nella grande notte che li circonda, il loro desiderio vada così lontano. Ma Fabien lo scopre, quando giunge da mille chilometri di distanza e sente le immense ondate di fondo sollevare e abbandonare l’aeroplano che respira, quando ha attraversato dieci uragani, come paesi di guerra, e, tra quelli, vaste radure di luna, e quando, una dopo l’altra, raggiunge quelle luci con l’impressione di conquistarle. Quegli uomini credono che la loro lampada brilli per l’umile tavola intorno a cui stan seduti, ma ad ottanta chilometri da loro, qualcuno è già toccato dal richiamo di quella luce, come se essi l’agitassero disperati da un’isola deserta, dinanzi al mare.
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II
Così i tre aeroplani postali della Patagonia, del Cile e del Paraguay tor-navano dal Sud, dall’Ovest e dal Nord verso Buenos Aires, dove i loro ca-richi erano attesi per dare, verso mezzanotte, il segnale di partenza all’aeroplano per l’Europa.
Tre piloti, ognuno dentro una carlinga pesante come un battello, perduti nella notte, meditavano il loro volo, e ben presto sarebbero scesi lentamente verso la città dal loro cielo tempestoso o sereno, come strani contadini dalle loro montagne.
Rivière, responsabile dell’intera rete, passeggiava in lungo e in largo sul campo di Buenos Aires. Era silenzioso perché, sino all’arrivo dei tre aeroplani, per lui quella giornata rimaneva temibile. Minuto per minuto, a misura che i telegrammi gli giungevano, Rivière aveva il senso di strappare qualche cosa al destino, di diminuire la parte dell’ignoto, e di tirare gli equipaggi, fuor della notte, sino alla riva.
Un manovratore s’accostò a Rivière per comunicargli un messaggio del posto radiotelegrafico.
«Il corriere del Cile avverte che scorge i lumi di Buenos Aires.»
«Bene.» Tra poco Rivière avrebbe udito questo primo aeroplano: già la notte ne abbandonava uno, come un mare, pieno di flussi e riflussi e di misteri, abbandona sulla spiaggia il tesoro che ha sballottato lungamente. Più tardi essa avrebbe abbandonato gli altri due.
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