La cena era un tormento, non finiva mai. Solo il signor Green e semmai Klara mostravano una certa vivacità, ed ebbero anche l'occasione di fare qualche risata insieme. Il signor Pollunder s'intrometteva di rado nella conversazione, solo quando il signor Green cominciava a parlare d'affari. Ma presto smise d'interloquire anche in tali occasioni e dopo un certo tempo il signor Green lo colse di sorpresa ricominciando il discorso. Tra l'altro volle sottolineare (e Karl, che stava in ascolto come se ci fosse una minaccia nell'aria, dovette essere richiamato da Klara sul fatto che aveva l'arrosto davanti a lui e che si trovava a una cena) che all'inizio non aveva avuto l'intenzione di fare quella visita inattesa. Infatti, anche se l'affare di cui dovevano ancora discutere era particolarmente urgente, avrebbero potuto sbrigare almeno le cose più importanti il giorno stesso in città, e rimandare i dettagli al giorno seguente o a più tardi. E quindi in effetti si era recato dal signor Pollunder molto prima dell'ora di chiusura dell'ufficio, ma non l'aveva trovato, dimodoché aveva dovuto telefonare a casa per avvertire che sarebbe rimasto fuori la notte ed era partito.
«Allora devo chiedere scusa», disse Karl a voce alta e prima che qualcuno avesse il tempo di rispondere, «perché è colpa mia se oggi il signor Pollunder ha lasciato l'ufficio prima, e mi dispiace molto».
Il signor Pollunder nascose quasi tutto il viso dietro al tovagliolo, mentre Klara sorrise a Karl, non però con un sorriso di partecipazione, ma quasi come se cercasse di fargli capire qualcosa.
«Non occorre scusarsi», disse il signor Green che stava giusto trinciando un piccione con tagli decisi, «al contrario, sono davvero lieto di trascorrere la serata in compagnia così gradevole, anziché cenare solo a casa, dove mi serve la mia vecchia governante, che è talmente anziana da aver difficoltà già durante il percorso dalla porta al mio tavolo, e io devo aspettarla a lungo appoggiato alla spalliera della mia sedia. Soltanto da poco ho stabilito che sia il cameriere a portare il cibo fino alla porta della sala da pranzo, ma ho capito che il tragitto dalla porta al mio tavolo spetta a lei».
«Dio mio», esclamò Klara, «che fedeltà!».
«Sì, esiste ancora fedeltà a questo mondo», disse il signor Green, introducendosi un boccone in bocca, che la sua lingua, come notò casualmente Karl, afferrò d'un balzo. Si sentì quasi sopraffatto dalla nausea e si alzò. Quasi contemporaneamente il signor Pollunder e Klara lo presero per le mani.
«Deve restare ancora», disse Klara. E quando Karl si rimise a sedere gli sussurrò: «Tra poco ci eclisseremo insieme. Abbia pazienza!».
Nel frattempo il signor Green si dedicava con calma alla cena, come se toccasse naturalmente al signor Pollunder e a Klara calmare Karl quando lui gli provocava la nausea.
La cena si trascinò con estrema lentezza per la meticolosità con cui il signor Green gustava ogni portata, anche se era sempre pronto ad accogliere ogni nuovo piatto senza dar segni di stanchezza, era proprio come se volesse rifarsi una volta per tutte della sua vecchia governante. Di tanto in tanto lodava l'arte della signorina Klara nella conduzione della casa, cosa che la lusingava visibilmente, mentre Karl era tentato di ribattere, come se la stesse criticando. Tuttavia, il signor Green non si contentava di occuparsi di lei, ma deplorò più volte, senza staccare gli occhi dal piatto, la sorprendente mancanza di appetito di Karl. Il signor Pollunder prese a difendere l'appetito di Karl, sebbene, come ospite, avrebbe dovuto sollecitarlo a mangiare. E in effetti Karl si sentiva così debole di fronte alla costrizione di cui soffrì per tutta la durata della cena, che contro il suo buon senso interpretò quella manifestazione del signor Pollunder in modo ostile. E soltanto in virtù di questo suo stato d'animo a un tratto si mise a mangiare molto e con una rapidità del tutto sconveniente, finché, stanco, lasciò di nuovo a lungo sul tavolo forchetta e coltello e rimase immobile in mezzo ai commensali, tanto che il cameriere che serviva i cibi non sapeva più come comportarsi.
«Domani stesso racconterò al senatore come ha offeso la signorina Klara con la sua mancanza d'appetito», disse il signor Green, e si contentò di esprimere la scherzosità delle sue parole maneggiando le posate in un certo modo.
«Guardi com'è triste questa ragazza», proseguì, prendendo Klara per il mento. Lei lo lasciò fare e chiuse gli occhi.
«Ragazzina!», esclamò, e si appoggiò ridendo alla spalliera della sedia con l'energia di chi si è saziato. Karl non riusciva a spiegarsi il comportamento del signor Pollunder, che restava seduto davanti al suo piatto e lo fissava come se lì dentro avvenissero le cose più importanti. Non avvicinava mai la sedia di Karl alla sua, e quando faceva tanto di parlare si rivolgeva a tutti, ma a Karl non aveva da dire nulla di particolare. Invece tollerava che Green, quel vecchio scapolo incallito di New York, mettesse le mani addosso a Klara con evidente intenzione, che offendesse Karl, ospite di Pollunder, o per lo meno lo trattasse come un bambino, rimpinzandosi e preparandosi a chissà quali imprese.
Quando la tavola fu sparecchiata - essendosi accorto dello stato d'animo generale, Green si alzò per primo e in un certo senso indusse anche gli altri ad alzarsi -, Karl si appartò vicino a una delle grandi finestre riquadrate da liste sottili di legno bianco che davano sulla terrazza e che in realtà erano porte, come notò avvicinandosi. Che cosa era rimasto dell'avversione che il signor Pollunder e sua figlia avevano provato all'inizio per Green e che allora a Karl era sembrata piuttosto incomprensibile? Ora stavano accanto a lui e gli facevano cenni d'approvazione. Il fumo proveniente dal sigaro del signor Green, un regalo di Pollunder - uno di quelli grossi di cui il padre di Karl a casa di tanto in tanto parlava come di qualcosa che probabilmente non aveva mai visto con i suoi occhi - si diffondeva per la sala e portava l'influsso di Green anche in angoli e nicchie in cui questi di persona non avrebbe mai messo piede. Per quanto Karl si tenesse a distanza, il fumo gli causava ugualmente un prurito al naso, e il comportamento del signor Green, verso il quale dal suo posto aveva gettato soltanto una rapida occhiata, gli sembrava infame. Ora non si sentiva più di escludere che lo zio avesse esitato tanto a concedergli il permesso per quella visita solo perché conosceva il carattere debole del signor Pollunder, e di conseguenza, anche se non aveva potuto prevedere con certezza che Karl avrebbe subito un'offesa durante la visita, l'aveva ritenuto pur sempre possibile. Anche quella ragazza americana non gli piaceva, sebbene non l'avesse certo immaginata molto più bella. Da quando il signor Green si era dedicato a lei, era persino rimasto sorpreso dalla bellezza che potevano assumere i tratti del suo viso, e soprattutto dallo splendore e dalla vivacità dei suoi occhi. Non aveva mai visto una gonna tanto aderente al corpo come la sua: alcune piegoline nel tessuto giallognolo, leggero e compatto, rivelavano quanto fosse teso. E tuttavia a Karl non importava nulla di lei e avrebbe rinunciato volentieri ad accompagnarla nelle sue stanze, se avesse invece potuto aprire la porta (aveva comunque già messo le mani sulla maniglia), salire in automobile oppure, qualora l'autista fosse già addormentato, dirigersi a piedi da solo verso New York. La notte chiara con la luna piena che gli sorrideva era aperta a chiunque, e a Karl sembrava assurdo poter aver paura là fuori.
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