Con la parola "sedotto" non voglio in alcun modo umiliare mio nipote, ma è difficile trovare un'altra parola così appropriata».

Karl, che si era già molto avvicinato allo zio, si girò per leggere l'impressione del racconto sul viso dei presenti. Nessuno rideva, tutti ascoltavano, pazienti e seri. Dopo tutto non si ride del nipote di un senatore alla prima occasione che si presenta. Piuttosto si poteva dire che il fuochista sorrideva a Karl, anche se in modo quasi impercettibile, il che anzitutto faceva piacere come segno di una sua ripresa, e poi era scusabile, dal momento che Karl in cabina aveva cercato in tutti i modi di tenere segreta quella che ora era diventata una storia così pubblica.

«Ora questa Brummer», proseguì lo zio, «ha avuto un figlio da mio nipote, un maschio sano, che è stato battezzato con il nome di Jakob, senz'altro a ricordo della mia modesta persona, la quale, sia pur nelle menzioni del tutto marginali di mio nipote, deve aver fatto una grossa impressione alla ragazza. Per fortuna, dico. Infatti, dato che i genitori per evitare le spese del mantenimento del bambino o qualsiasi altro scandalo che ricadesse su di loro - devo sottolineare che non conosco né le leggi del paese né l'eventuale condizione dei genitori - dato dunque che loro, per evitare le spese e lo scandalo hanno spedito il figlio, il mio caro nipote, in America con un equipaggiamento irresponsabilmente insufficiente, come si vede, il ragazzo, in balìa di se stesso, senza i prodigi e i miracoli che solo in America esistono ancora, si sarebbe rovinato già subito in un vicoletto del porto di New York, se quella cameriera, in una lettera a me indirizzata, che è giunta in mano mia l'altro ieri dopo lunghe peregrinazioni, non mi avesse raccontato tutta la storia di mio nipote, aggiungendo la descrizione del personaggio e, cosa molto ragionevole, anche il nome della nave. Se avessi voluto intrattenervi, signori miei, avrei potuto leggervi qualche punto di questa lettera». A questo punto trasse di tasca due enormi fogli di carta da lettera coperti di una scrittura fitta e li fece sventolare. «Sicuramente farebbe il suo effetto, perché è scritta con una furbizia un po' semplice, anche se sempre con buone intenzioni, e con molto amore per il padre del bambino. Ma non voglio né trattenervi più di quanto sia necessario per chiarire le cose, né ferire forse fin dall'inizio i sentimenti che può ancora nutrire mio nipote, il quale per sua conoscenza può leggere la lettera, se vuole, nella quiete della sua stanza che già lo aspetta».

Karl però non provava nessun sentimento per quella ragazza. Nel confuso ricordo di un passato che impallidiva sempre più, lei era seduta in cucina accanto alla credenza sul cui piano appoggiava il gomito. Lo guardava, quando talvolta entrava in cucina a prendere un bicchier d'acqua per suo padre o a sbrigare qualche incarico per sua madre. A volte in quella posizione scomoda a fianco della credenza scriveva una lettera e traeva ispirazione dal viso di Karl. A volte si copriva gli occhi con la mano, e allora non c'era discorso che potesse sentire. A volte s'inginocchiava nella sua stanzetta angusta vicino alla cucina e pregava rivolta verso una croce di legno; e allora Karl, passando, la osservava con un certo timore dalla fessura della porta semiaperta. A volte correva per la cucina e si ritraeva ridendo come una strega quando Karl le capitava tra i piedi. A volte chiudeva la porta della cucina dopo l'ingresso di Karl e teneva la mano sulla maniglia finché lui non chiedeva di andarsene. A volte prendeva cose che lui non si sognava di volere e gliele cacciava in mano in silenzio. Ma una volta disse «Karl», e con smorfie e sospiri condusse il ragazzo, pieno di stupore per la novità inaspettata, nella sua stanzetta, chiudendo la porta. Gli si aggrappò al collo fino a soffocarlo, e mentre lo pregava di spogliarla, in realtà fu lei a spogliarlo e lo fece stendere nel suo letto, come se da quel momento non volesse cederlo più a nessuno e volesse accarezzarlo e curarsi di lui sino alla fine del mondo. «Karl, mio Karl!» gridava, come se vedendolo volesse confermare a se stessa che lo possedeva, mentre lui non riusciva a vedere niente e si sentiva a disagio tra tutte quelle lenzuola e coperte calde che lei sembrava aver ammucchiato apposta per lui. Poi, a sua volta, gli si stese accanto e cercò di farsi raccontare qualche segreto, ma lui non riuscì a raccontarle nulla e lei si arrabbiò, o forse scherzava, ascoltò il battito del suo cuore, gli offrì il suo petto per fargli ascoltare i suoi battiti senza però poter indurre Karl a fare altrettanto, premette il suo ventre nudo contro il corpo di lui, frugò con la mano tra le sue gambe, in modo così disgustoso che Karl agitò la testa fuori dai cuscini, poi spinse il ventre più volte contro di lui - era come se fosse diventata una parte di lui, e forse per questo motivo lo aveva colto un terribile bisogno d'aiuto. Alla fine, dopo molte sollecitazioni a rivedersi da parte di lei, era tornato piangendo nel suo letto. Questo era stato tutto, ma lo zio sapeva farne una gran storia. E così la cuoca aveva ancora pensato a lui e aveva informato lo zio del suo arrivo. Era stato un bel gesto da parte sua, e forse un giorno l'avrebbe ricompensata.

«E ora», esclamò il senatore, «voglio sentire sinceramente da te se sono tuo zio o no».

«Sei mio zio», disse Karl baciandogli la mano e ricevendo in compenso un bacio sulla fronte. «Sono molto contento di averti incontrato, però sbagli se credi che i miei genitori parlino male di te. Ma anche a parte questo, nel tuo discorso c'era qualche errore, voglio dire, credo che in realtà non tutto sia andato così. Certo da qui non puoi giudicare i fatti con precisione, e inoltre credo che non sia molto importante se i signori sono stati informati con una certa imprecisione nei dettagli di una storia che per loro non può essere di grande interesse».

«Ben detto», replicò il senatore, poi condusse Karl davanti al capitano visibilmente partecipe e chiese: «Non ho uno splendido nipote?».

«Signor senatore», disse il capitano con un inchino tipico soltanto delle persone formate a una scuola militare, «sono felice di aver conosciuto suo nipote. Per la mia nave è un onore particolare essere stata il teatro di un simile incontro.