Ma il viaggio sull'interponte è stato senz'altro molto duro, già, non si sa mai chi si trasporta. Facciamo tutto il possibile per rendere più confortevole il viaggio ai passeggeri d'interponte, molto di più ad esempio delle linee americane, ma certo non siamo ancora riusciti a far sì che questo viaggio diventi un piacere».
«Io non ne ho sofferto», disse Karl.
«Non ne ha sofferto!» ripeté il senatore con una risata.
«Temo soltanto che la mia valigia sia...» - e in quel momento ricordò tutto quello che era successo e tutto quello che ancora bisognava fare, si guardò attorno e vide che tutti i presenti, muti per l'attenzione e lo stupore, avevano ripreso i loro posti e tenevano gli occhi fissi su di lui. Soltanto i funzionari portuali, per quanto si poteva vedere dai loro visi severi, soddisfatti di sé, manifestavano il rincrescimento di essere venuti in un momento così inopportuno, e l'orologio da tasca che si erano messi davanti probabilmente per loro era più importante di tutto ciò che avveniva e che forse poteva ancora avvenire in quella stanza.
Stranamente, il primo a esprimere la sua partecipazione dopo il capitano fu il fuochista. «Mi congratulo con lei di cuore», disse, e strinse la mano a Karl, volendo esprimere con ciò anche una certa ammirazione. Quando poi fece per rivolgersi col medesimo discorso anche al senatore, questi si tirò indietro, come se il fuochista stesse oltrepassando i suoi limiti, e il fuochista desistette subito.
Ma gli altri capirono che cosa c'era da fare, e fecero subito una gran confusione attorno a Karl e al senatore. Così avvenne che Karl ricevette congratulazioni persino da Schubal, le accettò e lo ringraziò. Da ultimi, nella calma che si era ristabilita, si avvicinarono i funzionari portuali e dissero due parole in inglese, il che fece un'impressione piuttosto comica.
Per gustare ancor più la sua gioia, il senatore era in vena di ricordare a se stesso e agli altri alcuni episodi secondari, cosa che naturalmente non soltanto fu tollerata, ma anche accolta da tutti con interesse. Quindi fece notare che aveva preso nota nel suo taccuino dei tratti più evidenti di Karl, menzionati nella lettera della cuoca, per potersene servire al momento opportuno. Ora, durante la insopportabile chiacchierata del fuochista, al solo scopo di distrarsi aveva preso il taccuino e quasi per gioco aveva cercato di confrontare le osservazioni della cuoca, non proprio esatte dal punto di vista tecnico, con l'aspetto di Karl. «E così si trova il proprio nipote!» concluse in un tono come se si aspettasse altre congratulazioni.
«Che ne sarà ora del fuochista?» chiese Karl senza curarsi dell'ultimo racconto dello zio. Nella sua nuova posizione credeva anche di poter dire tutto ciò che pensava.
«Il fuochista avrà quello che si merita», disse il senatore, «e quello che sembra opportuno al capitano. Credo che del fuochista ne abbiamo più che abbastanza, e ognuno dei signori qui presenti è senz'altro d'accordo con me».
«Ma non è questo il punto, in un problema che riguarda la giustizia», disse Karl. Si trovava tra lo zio e il capitano, e credeva, forse influenzato da questa posizione, di tenere la situazione in pugno.
E tuttavia sembrava che il fuochista non avesse più speranze per sé. Teneva le mani mezzo infilate nella cintura dei pantaloni, che con i suoi movimenti scomposti ora era visibile insieme alla striscia di una camicia fantasia. Ma la cosa non lo preoccupava minimamente; aveva raccontato tutte le sue pene, ora potevano anche vedere i pochi stracci che indossava e poi l'avrebbero portato via. Immaginò che l'inserviente e Schubal, in quanto erano i due di rango inferiore, gli avrebbero usato quest'ultima gentilezza. Allora Schubal avrebbe avuto la sua pace e non sarebbe più stato indotto alla disperazione, come aveva affermato il capocassiere. Il capitano avrebbe potuto assumere soltanto rumeni, ovunque avrebbero parlato solo rumeno e forse tutto sarebbe andato meglio davvero. Nessun fuochista sarebbe andato più a cianciare alla cassa principale, avrebbero ricordato con un certo piacere solo la sua ultima chiacchierata, poiché, come aveva dichiarato espressamente il senatore, aveva dato adito al riconoscimento del nipote. Del resto in precedenza questo nipote aveva cercato spesso di essergli utile e quindi gli aveva già ricambiato più che a sufficienza il suo servizio durante il riconoscimento; ora al fuochista non veniva neppure in mente di pretendere ancora qualcosa da lui. E poi, anche se era il nipote del senatore, non era certo un capitano, e dalla bocca del capitano sarebbe uscito alla fine il giudizio negativo. Seguendo il suo pensiero, il fuochista cercava di non guardare neanche verso Karl, ma purtroppo in quella stanza di nemici non c'era altro luogo neutrale per i suoi occhi.
«Non fraintendere la situazione», disse il senatore a Karl, «può anche trattarsi di un problema di giustizia, ma al contempo è anche un problema di disciplina. Entrambi i problemi, e il secondo in particolare, sono soggetti al giudizio del capitano».
«Così stanno le cose», mormorò il fuochista. Coloro che riuscirono a sentire, sorrisero con un certo stupore.
«Inoltre abbiamo già talmente intralciato il capitano nelle sue mansioni, senz'altro più che numerose giusto all'arrivo a New York, che per noi è tempo di lasciare la nave, anche per non fare un caso di questa lite da poco tra due macchinisti con la nostra intromissione del tutto inutile. Capisco peraltro il tuo modo d'agire, caro nipote, ma proprio questo mi dà il diritto di portarti via di qui quanto prima».
«Farò subito calare una scialuppa per lei», disse il capitano, senza opporre, con stupore di Karl, neanche la minima obiezione alle parole dello zio, che senza dubbio potevano essere intese come un'autoumiliazione da parte di quest'ultimo. Il capocassiere corse a precipizio alla scrivania e telefonò l'ordine del capitano all'ufficiale di coperta.
«Il tempo stringe, d'accordo», si disse Karl, «ma non posso fare qualcosa senza offendere tutti. Non posso lasciare lo zio adesso che mi ha appena ritrovato. Il capitano è gentile, certo, ma questo è tutto. La sua gentilezza finisce quando subentra la disciplina, e lo zio ha reso pienamente il suo pensiero. Con Schubal non voglio parlare, mi dispiace persino di avergli dato la mano.
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