Dafne

Non disperar, Aminta,

che, s’io lei ben conosco, sola vergogna fu, non crudeltate, quella che mosse Silvia a fuggir via.

Aminta

Ohimè, che mia salute

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sarebbe il disperare,

poiché sol la speranza

è stata mia rovina; ed anco, ahi lasso, tenta di germogliar dentr’al mio petto, sol perché io viva: e quale è maggior male 20

de la vita d’un misero com’io?

Dafne

Vivi, misero, vivi

ne la miseria tua; e questo stato sopporta sol per divenir felice, quando che sia. Fia premio de la speme, 25

se vivendo e sperando ti mantieni, quel che vedesti ne la bella ignuda.

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 45

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Aminta Atto terzo Q

Aminta

Non pareva ad Amor e a mia fortuna ch’a pien misero fossi, s’anco a pieno non m’era dimostrato

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quel che m’era negato.

Nerina

Dunque a me pur convien esser sinistra còrnice d’amarissima novella!

Oh per mai sempre misero Montano, qual animo fia ‘l tuo quando udirai 35

de l’unica tua Silvia il duro caso?

Padre vecchio, orbo padre: ahi, non più padre!

Dafne

Odo una mesta voce.

Aminta

Io odo ‘l nome

di Silvia, che gli orecchi e ‘l cor mi fere; 40

ma chi è che la noma?

Dafne

Ella è Nerina,

ninfa gentil che tanto a Cinzia è cara, c’ha sì begli occhi e così belle mani e modi sì avvenenti e graziosi.

Nerina

E pur voglio che ‘l sappi e che procuri di ritrovar le reliquie infelici, se nulla ve ne resta. Ahi Silvia, ahi dura infelice tua sorte!

Aminta

Ohimè, che fia? che costei dice?

Nerina

Dafne!

Dafne

Che parli fra te stessa, e perché nomi tu Silvia, e poi sospiri?

Nerina

Ahi, ch’a ragione

sospiro l’aspro caso!

Aminta

Ahi, di qual caso

può ragionar costei? Io sento, io sento che mi s’agghiaccia il core e mi si chiude lo spirto. E’ viva?

Dafne

Narra, qual aspro caso è quel che dici?

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 46

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Aminta Atto terzo Q

Nerina

O Dio, perché son io

la messaggiera? E pur convien narrarlo.

Venne Silvia al mio albergo ignuda; e quale fosse l’occasion, saper la déi; poi rivestita mi pregò che seco 65

ir volessi a la caccia che ordinata era nel bosco c’ha nome da l’elci.

Io la compiacqui: andammo, e ritrovammo molte ninfe ridotte; ed indi a poco ecco, di non so d’onde, un lupo sbuca, 70

grande fuor di misura, e da le labra gocciolava una bava sanguinosa; Silvia un quadrello adatta su la corda d’un arco ch’io le diedi, e tira e ‘l coglie a sommo ‘l capo: ei si rinselva, ed ella, 75

vibrando un dardo, dentro ‘l bosco il segue.

Aminta

Oh dolente principio; ohimè, qual fine già mi s’annuncia?

Nerina

Io con un altro dardo

seguo la traccia, ma lontana assai, 80

che più tarda mi mossi. Come furo dentro a la selva, più non la rividi: ma pur per l’orme lor tanto m’avvolsi, che giunsi nel più folto e più deserto; quivi il dardo di Silvia in terra scorsi, 85

né molto indi lontano un bianco velo, ch’io stessa le ravvolsi al crine; e, mentre mi guardo intorno, vidi sette lupi che leccavan di terra alquanto sangue sparto intorno a cert’ossa affatto nude; 90

e fu mia sorte ch’io non fui veduta da loro, tanto intenti erano al pasto; tal che, piena di tema e di pietate, indietro ritornai; e questo è quanto posso dirvi di Silvia; ed ecco ‘l velo.

Aminta

Poco pàrti aver detto? Oh velo, oh sangue, oh Silvia, tu se’ morta!

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 47

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Aminta Atto terzo Q

Dafne

Oh miserello,

tramortito è d’affanno, e forse morto.

Nerina

Egli rispira pure: questo fia 100

un breve svenimento; ecco, riviene.

Aminta

Dolor, che sì mi crucii,

che non m’uccidi omai? tu sei pur lento!

Forse lasci l’officio a la mia mano.

Io son, io son contento

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ch’ella prenda tal cura,

poi che tu la ricusi, o che non puoi.

Ohimè, se nulla manca

a la certezza omai,

e nulla manca al colmo

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de la miseria mia,

che bado? che più aspetto? O Dafne, o Dafne, a questo amaro fin tu mi salvasti, a questo fine amaro?

Bello e dolce morir fu certo allora 115

che uccidere io mi volsi.

Tu me ‘l negasti, e ‘l Ciel, a cui parea ch’io precorressi col morir la noia ch’apprestata m’avea.

Or che fatt’ha l’estremo

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de la sua crudeltate,

ben soffrirà ch’io moia,

e tu soffrir lo déi.

Dafne

Aspetta a la tua morte,

sin che ‘l ver meglio intenda.

Aminta

Ohimè, che vuoi ch’attenda?

Ohimè, che troppo ho atteso, e troppo inteso.

Nerina

Deh, foss’io stata muta!

Aminta

Ninfa, dammi, ti prego,

quel velo ch’è di lei

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solo e misero avanzo,

sì ch’egli m’accompagne

per questo breve spazio

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 48

ACTA G.