Là dunque s’inviò dubbio ed incerto, mosso non dal suo cor, ma sol dal mio 45
stimolar importuno; e spesso in forse fu di tornar indietro, ed io ‘l sospinsi, pur mal suo grado, inanzi. Or quando omai c’era il fonte vicino, ecco, sentiamo un feminil lamento; e quasi a un tempo 50
Dafne veggiam, che battea palma a palma; la qual, come ci vide, alzò la voce:
- Ah, correte, – gridò – Silvia è sforzata. –
L’inamorato Aminta, che ciò intese, si spiccò com’un pardo, ed io &Aseguì’lo&I; 55
ecco miriamo a un’arbore legata la giovinetta, ignuda come nacque, ed a legarla fune era il suo crine: il suo crine medesmo in mille nodi a la pianta era avvolto; e ‘l suo bel cinto, 60
che del sen virginal fu pria custode, di quello stupro era ministro, ed ambe le mani al duro tronco le stringea; e la pianta medesma avea prestati legami contra lei: ch’una ritorta 65
d’un pieghevole ramo avea a ciascuna de le tenere gambe. A fronte a fronte un satiro villan noi le vedemmo, che di legarla pur allor finia.
Ella quanto potea faceva schermo; 70
ma che potuto avrebbe a lungo andare?
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 42
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Aminta
Atto terzo Q
Aminta, con un dardo che tenea ne la man destra, al satiro avventossi come un leone, ed io fra tanto pieno m’avea di sassi il grembo, onde fuggissi.
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Come la fuga de l’altro concesse spazio a lui di mirare, egli rivolse i cupidi occhi in quelle membra belle, che, come suole tremolare il latte ne’ giunchi, sì parean morbide e bianche.
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E tutto ‘l vidi sfavillar nel viso; poscia accostossi pianamente a lei tutto modesto, e disse: – O bella Silvia, perdona a queste man, se troppo ardire è l’appressarsi a le tue dolci membra, 85
perché necessità dura le sforza: necessità di scioglier questi nodi; né questa grazia, che fortuna vuole conceder loro, tuo mal grado sia. –
Coro
Parole d’ammollir un cor di sasso.
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Ma che rispose allor?
Tirsi
Nulla rispose,
ma disdegnosa e vergognosa a terra chinava il viso, e ‘l delicato seno, quanto potea torcendosi, celava.
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Egli, fattosi inanzi, il biondo crine cominciò a sviluppare, e disse in tanto:
- Già di nodi sì bei non era degno così ruvido tronco: or, che vantaggio hanno i servi d’Amor, se lor commune 100
è con le piante il prezioso laccio?
Pianta crudel, potesti quel bel crine offender tu, ch’a te feo tanto onore? –
Quinci con le sue man le man le sciolse, in modo tal che parea che temesse 105
pur di toccarle, e desiasse insieme; si chinò poi per islegarle i piedi; ma come Silvia in libertà le mani Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 43
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Aminta
Atto terzo Q
si vide, disse in atto dispettoso:
- Pastor, non mi toccar: son di Diana; 110
per me stessa saprò sciogliermi i piedi. –
Coro
Or tanto orgoglio alberga in cor di ninfa?
Ahi d’opra graziosa ingrato merto!
Tirsi
Ei si trasse in disparte riverente, non alzando pur gli occhi per mirarla, 115
negando a se medesmo il suo piacere, per tôrre a lei fatica di negarlo.
Io, che m’era nascoso, e vedea il tutto ed udia il tutto, allor fui per gridare; pur mi ritenni. Or odi strana cosa.
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Dopo molta fatica ella si sciolse; e, sciolta a pena, senza dire – A Dio –, a fuggir cominciò com’una cerva; e pur nulla cagione avea di tema, che l’era noto il rispetto d’Aminta.
Coro
Perché dunque fuggissi?
Tirsi
A la sua fuga
volse l’obligo aver, non a l’altrui modesto amore.
Coro
Ed in quest’anco è ingrata.
130
Ma che fe’ ‘l miserello allor? che disse?
Tirsi
No ‘l so, ch’io, pien di mal talento, corsi per arrivarla e ritenerla, e ‘nvano, ch’io la smarrii; e poi tornando dove lasciai Aminta al fonte, no ‘l trovai; 135
ma presago è il mio cor di qualche male.
So ch’egli era disposto di morire, prima che ciò avvenisse.
Coro
E’ uso ed arte
di ciascun ch’ama minacciarsi morte; 140
ma rade volte poi segue l’effetto.
Tirsi
Dio faccia ch’ei non sia tra questi rari.
Coro
Non sarà, no.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 44
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Aminta
Atto terzo Q
Tirsi
Io voglio irmene a l’antro del saggio Elpino: ivi, s’è vivo, forse 145
sarà ridotto, ove sovente suole raddolcir gli amarissimi martiri al dolce suon de la sampogna chiara, ch’ad udir trae dagli alti monti i sassi, e correr fa di puro latte i fiumi, e stillar mele da le dure scorze.
Scena seconda
Aminta
Dispietata pietate
fu la tua veramente, o Dafne, allora che ritenesti il dardo;
però che ‘l mio morire
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più amaro sarà, quanto più tardo.
Ed or perché m’avvolgi
per sì diverse strade e per sì varii ragionamenti in vano? di che temi?
ch’io non m’uccida? Temi del mio bene.
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