Non però disarmato io qui ne vengo, che questa, che par verga, è la mia face (così l’ho trasformata), e tutta spira d’invisibili fiamme; e questo dardo, 50

se bene egli non ha la punta d’oro, è di tempre divine, e imprime amore dovunque fiede. Io voglio oggi con questo far cupa e immedicabile ferita nel duro sen de la più cruda ninfa 55

che mai seguisse il coro di Diana.

Né la piaga di Silvia fia minore (che questo è ‘l nome de l’alpestre ninfa) che fosse quella che pur feci io stesso nel molle sen d’Aminta, or son molt’anni, 60

quando lei tenerella ei tenerello seguiva ne le caccie e ne i diporti.

E, perché il colpo mio più in lei s’interni, aspetterò che la pietà mollisca quel duro gelo che d’intorno al core 65

l’ha ristretto il rigor de l’onestate e del virginal fasto; ed in quel punto ch’ei fia più molle, lancerogli il dardo.

E, per far sì bell’opra a mio grand’agio, io ne vo a mescolarmi infra la turba 70

de’ pastori festanti e coronati, che già qui s’è inviata, ove a diporto si sta ne’ dì solenni, esser fingendo uno di loro schiera: e in questo luogo, in questo luogo a punto io farò il colpo, Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 7

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Aminta Prologo Q

75

che veder non potrallo occhio mortale.

Queste selve oggi ragionar d’Amore s’udranno in nuova guisa; e ben parrassi che la mia deità sia qui presente in se medesma, e non ne’ suoi ministri.

80

Spirerò nobil sensi a’ rozzi petti, raddolcirò de le lor lingue il suono; perché, ovunque i’ mi sia, io sono Amore, ne’ pastori non men che ne gli eroi, e la disagguaglianza de’ soggetti 85

come a me piace agguaglio; e questa è pure suprema gloria e gran miracol mio: render simili a le più dotte cetre le rustiche sampogne; e, se mia madre, che si sdegna vedermi errar fra’ boschi, 90

ciò non conosce, è cieca ella, e non io, cui cieco a torto il cieco volgo appella.

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 8

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Aminta Atto primo Q

Atto primo

Scena prima

Dafne

Vorrai dunque pur, Silvia, dai piaceri di Venere lontana menarne tu questa tua giovinezza?

Né ‘l dolce nome di madre udirai, 5

né intorno ti vedrai vezzosamente scherzar i figli pargoletti? Ah, cangia, cangia, prego, consiglio, pazzarella che sei.

Silvia

Altri segua i diletti de l’amore, 10

se pur v’è ne l’amor alcun diletto: me questa vita giova, e ‘l mio trastullo è la cura de l’arco e de gli strali; seguir le fere fugaci, e le forti atterrar combattendo; e, se non mancano 15

saette a la faretra, o fere al bosco, non tem’io che a me manchino diporti.

Dafne

Insipidi diporti veramente, ed insipida vita: e, s’a te piace, è sol perché non hai provata l’altra.

20

Così la gente prima, che già visse nel mondo ancora semplice ed infante, stimò dolce bevanda e dolce cibo l’acqua e le ghiande, ed or l’acqua e le ghiande sono cibo e bevanda d’animali, 25

poi che s’è posto in uso il grano e l’uva.

Forse, se tu gustassi anco una volta la millesima parte de le gioie che gusta un cor amato riamando, diresti, ripentita, sospirando: 30

- Perduto è tutto il tempo, che in amar non si spende.

O mia fuggita etate,

quante vedove notti,

quanti dì solitari

35

ho consumati indarno,

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 9

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Aminta Atto primo Q

che si poteano impiegar in quest’uso, il qual più replicato è più soave!

Cangia, cangia consiglio, pazzarella che sei,

40

che ‘l pentirsi da sezzo nulla giova.

Silvia

Quando io dirò, pentita, sospirando, queste parole che tu fingi ed orni come a te piace, torneranno i fiumi, a le lor fonti, e i lupi fuggiranno 45

da gli agni, e ‘l veltro le timide lepri, amerà l’orso il mare, e ‘l delfin l’alpi.

Dafne

Conosco la ritrosa fanciullezza: qual tu sei, tal io fui: così portava la vita e ‘l volto, e così biondo il crine, 50

e così vermigliuzza avea la bocca, e così mista col candor la rosa ne le guancie pienotte e delicate.

Era il mio sommo gusto (or me n’avveggio, gusto di sciocca) sol tender le reti, 55

ed invescar le panie, ed aguzzare il dardo ad una cote, e spiar l’orme e ‘l covil de le fere: e, se talora vedea guatarmi da cupido amante, chinava gli occhi rustica e selvaggia, 60

piena di sdegno e di vergogna, e m’era mal grata la mia grazia, e dispiacente quanto di me piaceva altrui: pur come fosse mia colpa e mia onta e mio scorno l’esser guardata, amata e desiata.

65

Ma che non puote il tempo? e che non puote, servendo, meritando, supplicando, fare un fedele ed importuno amante?

Fui vinta, io te ‘l confesso, e furon l’armi del vincitor umiltà, sofferenza, 70

pianti, sospiri, e dimandar mercede.

Mostrommi l’ombra d’una breve notte allora quel che ‘l lungo corso e ‘l lume Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 10

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Aminta Atto primo Q

di mille giorni non m’avea mostrato; ripresi allor me stessa e la mia cieca 75

simplicitate, e dissi sospirando:

– Eccoti, Cinzia, il corno, eccoti l’arco, ch’io rinunzio i tuoi strali e la tua vita.

Così spero veder ch’anco il tuo Aminta pur un giorno domestichi la tua 80

rozza salvatichezza, ed ammollisca questo tuo cor di ferro e di macigno.

Forse ch’ei non è bello? o ch’ei non t’ama?

o ch’altri lui non ama? o ch’ei si cambia per l’amor d’altri? over per l’odio tuo?

85

forse ch’in gentilezza egli ti cede?

Se tu sei figlia di Cidippe, a cui fu padre il Dio di questo nobil fiume, ed egli è figlio di Silvano, a cui Pane fu padre, il gran Dio de’ pastori.

90

Non è men di te bella, se ti guardi dentro lo specchio mai d’alcuna fonte, la candida Amarilli; e pur ei sprezza le sue dolci lusinghe, e segue i tuoi dispettosi fastidi. Or fingi (e voglia 95

pur Dio che questo fingere sia vano) ch’egli, teco sdegnato, al fin procuri ch’a lui piaccia colei cui tanto ei piace: qual animo fia il tuo? o con quali occhi il vedrai fatto altrui? fatto felice 100

ne l’altrui braccia, e te schernir ridendo?

Silvia

Faccia Aminta di sé e de’ suoi amori quel ch’a lui piace: a me nulla ne cale; e, pur che non sia mio, sia di chi vuole; ma esser non può mio, s’io lui non voglio; 105

né, s’anco egli mio fosse, io sarei sua.