Allor tra fiori e linfe
traen dolci carole
gli Amoretti senz’archi e senza faci; 360
sedean pastori e ninfe
meschiando a le parole
vezzi e susurri, ed ai susurri i baci strettamente tenaci;
la verginella ignude
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scopria sue fresche rose, ch’or tien nel velo ascose, Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 25
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Aminta
Atto primo Q
e le poma del seno acerbe e crude; e spesso in fonte o in lago scherzar si vide con l’amata il vago.
370
Tu prima, Onor, velasti
la fonte dei diletti,
negando l’onde a l’amorosa sete; tu a’ begli occhi insegnasti di starne in sé ristretti, 375
e tener lor bellezze altrui secrete; tu raccogliesti in rete
le chiome a l’aura sparte; tu i dolci atti lascivi
festi ritrosi e schivi;
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ai detti il fren ponesti, ai passi l’arte; opra è tua sola, o Onore, che furto sia quel che fu don d’Amore.
E son tuoi fatti egregi
le pene e i pianti nostri.
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Ma tu, d’Amore e di Natura donno, tu domator de’ Regi,
che fai tra questi chiostri, che la grandezza tua capir non ponno?
Vattene, e turba il sonno 390
agl’illustri e potenti:
noi qui, negletta e bassa turba, senza te lassa
viver ne l’uso de l’antiche genti.
Amiam, che non ha tregua
con gli anni umana vita, e si dilegua.
Amiam, che ‘l Sol si muore e poi rinasce: a noi sua breve luce
s’asconde, e ‘l sonno eterna notte adduce.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 26
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Aminta
Atto secondo Q
Atto secondo
Scena prima
Satiro
Picciola è l’ape, e fa col picciol morso pur gravi e pur moleste le ferite; ma qual cosa è più picciola d’Amore, se in ogni breve spazio entra, e s’asconde 5
in ogni breve spazio? or sotto a l’ombra de le palpebre, or tra’ minuti rivi d’un biondo crine, or dentro le pozzette che forma un dolce riso in bella guancia; e pur fa tanto grandi e sì mortali 10
e così immedicabili le piaghe.
Ohimè, che tutte piaga e tutte sangue son le viscere mie; e mille spiedi ha ne gli occhi di Silvia il crudo Amore.
Crudel Amor, Silvia crudele ed empia 15
più che le selve! Oh come a te confassi tal nome, e quanto vide chi te ‘l pose!
Celan le selve angui, leoni ed orsi, dentro il lor verde: e tu dentro al bel petto nascondi odio, disdegno ed impietate, 20
fere peggior ch’angui, leoni ed orsi che si placano quei, questi placarsi non possono per prego né per dono.
Ohimè, quando ti porto i fior novelli, tu li ricusi, ritrosetta, forse 25
perché fior via più belli hai nel bel volto.
Ohimè, quando io ti porgo i vaghi pomi, tu li rifiuti, disdegnosa, forse perché pomi più vaghi hai nel bel seno.
Lasso, quand’io t’offrisco il dolce mele, 30
tu lo disprezzi, dispettosa, forse perché mel via più dolce hai ne le labra.
Ma, se mia povertà non può donarti cosa ch’in te non sia più bella e dolce, me medesmo ti dono. Or perché iniqua 35
scherni e abborri il dono? non son io da disprezzar, se ben me stesso vidi Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 27
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso Aminta
Atto secondo Q
nel liquido del mar, quando l’altr’ieri taceano i venti ed ei giacea senz’onda.
Questa mia faccia di color sanguigno, 40
queste mie spalle larghe, e queste braccia torose e nerborute, e questo petto setoso, e queste mie velate coscie son di virilità, di robustezza indicio; e, se no ‘l credi, fanne prova.
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Che vuoi tu far di questi tenerelli, che di molle lanugine fiorite hanno a pena le guancie? e che con arte dispongono i capelli in ordinanza?
Femine nel sembiante e ne le forze 50
sono costoro. Or di’ ch’alcun ti segua per le selve e pei monti, e ‘ncontra gli orsi ed incontra i cinghiai per te combatta.
Non sono io brutto, no, né tu mi sprezzi perché sì fatto io sia, ma solamente 55
perché povero sono. Ahi, che le ville seguon l’essempio de le gran cittadi!
e veramente il secol d’oro è questo, poiché sol vince l’oro e regna l’oro.
O chiunque tu fosti, che insegnasti 60
primo a vender l’amor, sia maledetto il tuo cener sepolto e l’ossa fredde, e non si trovi mai pastore o ninfa che lor dica passando: – Abbiate pace –; ma le bagni la pioggia e mova il vento, 65
e con piè immondo la greggia il calpesti e ‘l peregrin. Tu prima svergognasti la nobiltà d’amor; tu le sue liete dolcezze inamaristi. Amor venale, amor servo de l’oro è il maggior mostro 70
ed il più abominabile e il più sozzo, che produca la terra o ‘l mar fra l’onde.
Ma perché in van mi lagno? Usa ciascuno quell’armi che gli ha date la natura per sua salute: il cervo adopra il corso, Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 28
ACTA G.
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