Va' da Cleopatra, strappala ad Antonio. Promettile, a mio nome, quanto chiede, falle altre offerte di tua discrezione. Le donne già non san tenersi forti nella prospera sorte, e il bisogno rende spergiura la casta vestale. Metti al vaglio, perciò, la tua destrezza, Tireo, fissa tu stesso il tuo compenso pel tuo disturbo: per noi sarà legge.

TIREO - Va bene. Vado, Cesare.

OTTAVIO - Osserva soprattutto come Antonio riesca ad adattarsi alla sfortuna: fatti un'idea delle sue reazioni dal suo modo di agire.

TIREO - Lo farò.

(Escono)

SCENA XIII - Alessandria. La reggia di Cleopatra

Entrano CLEOPATRA, ENOBARBO, CARMIANA e IRAS

CLEOPATRA - Che ci resta da fare, ora, Enobarbo?

ENOBARBO - Intristire e morire.

CLEOPATRA - Chi ha la colpa di tutto, Antonio, o io?

ENOBARBO - Solo Antonio, che ha fatto la sua voglia signoreggiare sulla sua ragione. Che poteva importargli che tu fuggissi da quel gran teatro di guerra le cui numerose schiere si facevan paura l'una all'altra? Perché correrti dietro?... La sua fregola non avrebbe dovuto, proprio allora, intaccare il suo ruolo di comando e proprio dove una metà del mondo s'affrontava con l'altra, essendo lui la sola causa della contesa. È stata una vergogna non minore per lui della sconfitta seguir le tue bandiere che fuggivano e lasciar la sua flotta sbalordita.

CLEOPATRA - Basta, basta, ti prego.

Entra ANTONIO con EUFRONIO

ANTONIO - Questa è la sua risposta?

EUFRONIO - Sì, signore.

ANTONIO - Che la regina troverà indulgenza presso di lui se si disfà di me?

EUFRONIO - Così egli m'ha detto.

ANTONIO - Dillo a lei.

(A Cleopatra) Manda questa mia testa brizzolata al ragazzetto Cesare, ed in cambio egli ricolmerà, con principati, ogni tuo desiderio...

CLEOPATRA - La tua testa?...

ANTONIO - (A Eufronio) Torna da lui, e digli ch'egli ha indosso la rosa della giovinezza, e il mondo da lui s'aspetta cose strepitose. Le monete, le navi, le legioni che sono sue potrebbero ben essere di un codardo, i cui capi militari vincerebbero indifferentemente tanto se comandati da un bambino che da Cesare: io perciò lo sfido a mettere da parte il gran vantaggio di cui gode ed a battersi con me, con tutto che son uno già al declino, spada con spada, in singolar tenzone. Seguimi. Glielo metto per iscritto.

(Escono Antonio ed Eufronio)

ENOBARBO - Figuriamoci! Sta' a vedere adesso che un Cesare sì ben fortificato(95) s'induce ad abbassare il suo prestigio, dando spettacolo d'incrociare l'arma con uno stagionato spadaccino!... M'accorgo che negli uomini il giudizio segue la lor fortuna, e che i fatti esteriori si trascinan le qualità interiori, compromettendole in egual misura, se uno come lui può illudersi, conoscendo lo stato delle cose, che un Cesare nel colmo della gloria si voglia misurare col suo vuoto.(96) O Cesare, gli hai vinto anche il cervello!

Entra un SERVO

SERVO - Un messaggero da parte di Cesare.

CLEOPATRA - Senza più protocollo?... Ecco, vedete, donne, dinnanzi alla rosa sfiorita ora si turano il naso anche quelli che prima ne adoravano in ginocchio i boccioli. Ragazzo, fallo entrare.

ENOBARBO - (Tra sé) A questo punto la mia lealtà comincia a litigare con me stesso. Mantenersi leali a un rimbambito fa della lealtà mera follia; e tuttavia colui che sa resistere a seguir fedelmente il suo signore anche nella disgrazia, conquista chi abbia vinto il suo padrone e si guadagna un posto nella storia.

Entra TIREO

CLEOPATRA - La volontà di Cesare.

TIREO - Ascoltala in privato.

CLEOPATRA - Parla aperto: qui non ci son che amici.

TIREO - Solo che sono amici anche di Antonio.

ENOBARBO - Gliene servono, quanti ne ha Cesare: se no, non gli serviamo neanche noi. Salterebbe di gioia il mio signore se Cesare volesse essergli amico. Quanto a noi, lo sapete, apparteniamo a chi appartiene lui, il che vuol dire a Cesare.

TIREO - Sta bene. Ecco, dunque, illustrissima signora, il volere di Cesare: ti esorta a pensare non tanto all'attuale tuo stato, ma che lui è Cesare.(97)

CLEOPATRA - Prosegui. Questo è un parlare da re.

TIREO - Sa che ti sei legata con Antonio non per amore, per paura.

CLEOPATRA - Oh!

TIREO - E perciò ha pietà delle ferite al tuo onore come tante macchie dovute alla violenza, e immeritate.

CLEOPATRA - Egli è un dio, e conosce ciò che è vero. Il mio onore non s'è sottomesso: è stato solamente conquistato.

ENOBARBO - (Tra sé) Di questo non sarei tanto sicuro: lo chiederò ad Antonio... Ah, mio signore, la tua barca fa acqua da ogni parte, al punto che dobbiam mandarti a picco, s'anche chi t'è più caro t'abbandona!

TIREO - Che devo dunque riferire a Cesare? Quali richieste tue debbo portagli? Perch'egli pare quasi che t'implori d'esser da te sollecitato a dare; e gli sarebbe cosa assai gradita se tu facessi delle sue fortune un bastone col quale sostenerti; ma gli empirebbe l'animo di gioia sentirmi dire che hai lasciato Antonio e ti sei posta sotto la sua egida, di lui, signore dell'intero mondo.

CLEOPATRA - Qual è il tuo nome?

TIREO - Mi chiamo Tireo.

CLEOPATRA - Cortese messaggero, da parte mia di' questo al grande Cesare: io bacio la sua mano vittoriosa;(98) sono pronta a deporre ai piedi suoi la mia corona e inginocchiarmi a lui. Digli che attenderò dalla sua voce, alla quale obbedisce tutto il mondo, quale sarà il destino dell'Egitto.

TIREO - Questa è la decisione tua più nobile. Quando il senno s'allea con la fortuna per combattere insieme, e il primo ardisce fare ciò che può, nessun evento riesce a scrollarlo. Lascia ch'io ti deponga sulla mano il mio omaggio devoto.

CLEOPATRA - Oh, quante volte il padre di codesto vostro Cesare,(99) dopo che aveva a lungo meditato la conquista di regni, ebbe a posar su questa indegna mano le labbra: ed era una pioggia di baci!...

(Porge la mano a Tireo, che la bacia)

In quel momento entra ANTONIO con ENOBARBO

ANTONIO - Ehi, che galanterie!... Giove tonante! E tu chi sei, gaglioffo?

TIREO - Uno che è qui per eseguire gli ordini dell'uomo più potente della terra, ed il più degno d'essere ubbidito.

ENOBARBO - (A parte) Sentirai che frustate, poveraccio!

ANTONIO - Avvicinati a me!... E tu, avvoltoio! Ecco come la mia autorità, dèi e diavoli, mi si squaglia addosso! Prima bastava che gridassi: "Olà!", e m'accorrevano dinnanzi a gara i re, come fanciulli a raccoglietta,(100) gridando: "Agli ordini!"... Avete orecchi? Son sempre Antonio, io!

Entrano dei servi

Portate via costui, e fustigatelo!

ENOBARBO - (Tra sé) Meglio scherzare con un leoncello, che con un vecchio leone morente.

ANTONIO - Luna e stelle! Frustatelo, vi dico! Fossero pure venti tributari tra i maggiori che son soggetti a Cesare, e li trovassi a prendersi licenza con la mano di questa... com'è il nome, dal momento che non è più Cleopatra?... Frustatelo, miei fidi, finché vediate che contrae la faccia come un bambino, e che implori pietà piangendo forte.