Convien trattare, prima di scontrarci.

OTTAVIO - Sì, conviene che prima si discuta: per questo noi t'abbiamo per iscritto anticipato i nostri intendimenti. Se li hai vagliati bene, facci sapere se essi sono tali da indurti a mantener legata al fianco la tua spada scontenta, e a far che se ne tornino in Sicilia, a casa loro, tanti baldi giovani, che altrimenti dovran perire qui.

POMPEO - A voi, che di questo vasto mondo siete i tre unici padri senatori, sommi ministri degli dèi superni: io non vedo perché debba mancare a mio padre chi possa vendicarlo, avendo un figlio e un numero di amici, visto che Giulio Cesare, a Filippi, apparso a Bruto in forma di fantasma,(60) vi vide adoperarvi là per lui.(61) Che cosa spinse lo sparuto Cassio a ordire la congiura? Che cosa indusse quell'uomo onorato, quell'onesto romano ch'era Bruto, e tutti gli altri congiurati in armi, vagheggianti la bella libertà, a bagnare di sangue il Campidoglio se non l'idea che un uomo è solo un uomo, e nient'altro che un uomo?(62) Questo stesso motivo ha spinto me ad armar la mia flotta, sotto il cui peso schiuma la sua collera l'oceano, e con la quale son deciso a far giustizia dell'ingratitudine che ha gettato sul mio nobile padre una sprezzante Roma.

OTTAVIO - Come vuoi.

ANTONIO - Sappi, però, Pompeo, che le tue vele non ci fanno paura: siamo pronti a batterci con te pure sul mare. Per terra, sai quanto ti soverchiamo.

POMPEO - Sì, infatti, per terra, proprio tu una soperchieria me l'hai già fatta, prendendoti la casa di mio padre.(63) Ma come il cùculo non si fa il nido per sé, restaci pure quanto puoi.

ANTONIO - Questo adesso non c'entra: di', piuttosto, come intendi accettare le proposte che t'abbiamo mandate.

OTTAVIO - Questo è il punto...

ANTONIO - ... a cui non devi sentirti impegnato; ma pesa quel che val d'essere accolto...

OTTAVIO - ... e quello cui potresti andare incontro nell'imbarcarti in più rischiosa impresa.

POMPEO - M'offrite la Sicilia e la Sardegna, e in cambio devo ripulire il mare dai pirati e mandare grano a Roma; e, una volta accordatici su ciò, separarci senza intaccar le spade, e riportarci a casa i nostri scudi privi di scalfitture.

OTTAVIO - Questa è la nostra offerta.

ANTONIO - Esattamente

POMPEO - Bene, sappiate ch'io ero venuto con l'animo disposto ad accettarla. Senonché Marcantonio m'ha indisposto: anche se il dirlo me ne toglie il merito, vo' che sappi che quando tuo fratello e Cesare erano ai ferri corti, tua madre venne in Sicilia da me e vi trovò amichevole accoglienza.

ANTONIO - L'ho saputo, Pompeo, e sono pronto a darti le ampie grazie che ti devo.

POMPEO - Bene, allora stringiamoci la mano. Io non pensavo d'incontrarti qui.

ANTONIO - I letti dell'Oriente sono molli, ed io ti devo render molte grazie per aver fatto ch'io me ne tornassi da queste parti prima del previsto. Ci ho guadagnato, sai.

OTTAVIO - (A Pompeo) Trovo che in te c'è un qualche cambiamento da quando t'ho incontrato ultimamente.

POMPEO - Bah! Non so quali conti la ria sorte mi vada addizionando sulla faccia; ma essa mai non m'entrerà nel petto, sì da fare il mio cuore suo vassallo.

LEPIDO - Sii ben trovato, qui.

POMPEO - Lo spero, Lepido. Dunque, d'accordo; ma la nostra intesa voglio che sia stilata e suggellata.

OTTAVIO - Certo. È la prima cosa a cui pensare.

POMPEO - Propongo che ciascuno di noi quattro, prima di separarci, debba offrire un banchetto agli altri tre. Tiriamo a sorte a chi tocca per primo.

ANTONIO - A me!

POMPEO - No, no, affidiamoci alla sorte. Comunque, Antonio, sia tu il primo o l'ultimo, la raffinata tua cucina egizia avrà da noi l'onore che si merita. Ho sentito che Cesare, laggiù, s'era ingrassato, a forza di banchetti.

ANTONIO - Quante cose hai sentito!

POMPEO - In senso buono, l'ho detto, s'intende, senza alcuna malizia.

ANTONIO - E con parole abbastanza garbate.

POMPEO - Allora vi dirò che ho udito questa: che Apollodoro portò...

ENOBARBO - Basta qui. Portò...

POMPEO - Portò che cosa? Dillo tu.

ENOBARBO - ... una certa regina a Giulio Cesare ravvolta in una certa materassa.(64)

POMPEO - Ah, ti conosco! Come va, soldato?

ENOBARBO - Bene. E così ho speranza di restare, grazie ai quattro banchetti che ci aspettano.

POMPEO - Qua la mano. Io non t'ho mai odiato. T'ho veduto combattere, ed ho invidiato il tuo comportamento.

ENOBARBO - Nemmeno io, Pompeo, t'ho molto amato; ma t'ho lodato, quando meritavi dieci volte le lodi che facevo.

POMPEO - Evviva la franchezza! E ti si addice. Vi invito tutti sulla mia galea.(65) Degnatevi precedermi, signori.

OTTAVIO/ANTONIO - Facci tu strada.

POMPEO - Di qua. Favorite.

(Escono tutti, meno Enobarbo e Menas)

MENAS - (Tra sé) Pompeo, tuo padre un accordo così, non l'avrebbe mai fatto!...

(Forte, a Enobarbo) Ho l'impressione, amico, che noi due ci siamo già incontrati in qualche luogo.

ENOBARBO - Sul mare, credo.

MENAS - Infatti, già, sul mare.

ENOBARBO - Sul mare tu ti sei portato bene.

MENAS - E così tu per terra.

ENOBARBO - Io son pronto a lodare chi mi loda: se pur non c'è chi possa disconoscere quel che ho fatto per terra.

MENAS - Ed io per mare.

ENOBARBO - C'è tuttavia qualcosa, caro amico, che tu faresti bene a sconfessare: che per mare sei stato un gran ladrone.

MENAS - Lo stesso che sei stato tu per terra.

ENOBARBO - Sconfesso qui il mio servizio per terra. Ma dammi qua la mano, caro Menas. Se gli occhi nostri fossero gendarmi, sorprenderebbero qui due ladroni degni l'uno dell'altro.(66)

MENAS - Gli uomini in volto sono tutti onesti, qualunque cosa sian le loro mani.

ENOBARBO - Però non si vedrà mai bella donna ch'abbia la faccia di persona onesta.

MENAS - Quelle son rubacuori per natura.

ENOBARBO - Pensare che eravam venuti qui a portarvi la guerra.

MENAS - Per parte mia, non è che sia contento che sia finita in una gran bevuta: oggi Pompeo s'è giocata, ridendo, la sua fortuna.

ENOBARBO - E non sarà piangendo che gli riuscirà di riacciuffarla.

MENAS - Hai detto bene, amico. Ma Marcantonio, qui, chi l'aspettava? Di grazia, s'è sposato con Cleopatra?

ENOBARBO - La sorella di Cesare Ottaviano si chiama Ottavia.

MENAS - Sì, questo lo so; era la moglie di Caio Marcello.(67)

ENOBARBO - Ebbene, adesso è la moglie di Antonio.

MENAS - Come?

ENOBARBO - È così.

MENAS - Ma allora lui e Cesare son legati per sempre, non ti pare?

ENOBARBO - Dovessi fare qualche previsione su quel legame, non direi così.

MENAS - Il tornaconto e il calcolo politico devono avere avuto, in questa unione, una parte maggiore dell'amore, a mio parere.

ENOBARBO - E così penso anch'io. Ma vedrai che sarà lo stesso laccio che sembra ora legar quell'amicizia a stringerla alla gola e strangolarla. Ottavia è fredda, austera, riservata.

MENAS - E a chi non piacerebbe una tal moglie?

ENOBARBO - Non a chi non è tale lui medesimo. E tale non è certo Marcantonio. Se ne ritornerà al suo piatto egizio, e i sospiri d'Ottavia saranno il mantice che attizzerà e farà divampar l'ira di Cesare; ed è così che questo stesso nodo che adesso stringe la loro amicizia diventerà, come t'ho detto prima, causa diretta della lor discordia. Antonio effonderà la sua passione là dov'essa si trova; perché qui avrà solo sposato il suo interesse.

MENAS - Questo è molto probabile. Vieni, amico, non vuoi salire a bordo? Ho un brindisi per te.

ENOBARBO - Ben volentieri. In Egitto li abbiamo bene usati i nostri gargarozzi.

MENAS - Andiamo, vieni.

(Escono)

SCENA VII - A bordo della nave di Pompeo

Musica.