«Chissà quante botte date agli alberi, eh?» disse.

Tuidoldàm si guardò attorno con un sorriso compiaciuto. «Non credo» disse, «che resterà più un solo albero in piedi in questa zona, quando avremo finito!»

«E tutto questo solo per un sonaglio!» osservò Alice, che ancora sperava si vergognassero almeno un po’ a battersi per un’inezia simile.

«Non me la sarei presa tanto» spiegò Tuidoldàm, «se non fosse stato un sonaglio bello».

«Speriamo che l’enorme cornacchia arrivi subito!» pensò Alice.

«Abbiamo una spada sola» Tuidoldàm disse al fratello, «ma tu puoi prendere l’ombrello, che ha la punta anche lui. Però dobbiamo cominciare subito. Ormai si sta facendo buio».

«Anzi, è buio fatto» disse Tuidoldìi.

Si fece buio così all’improvviso che Alice pensò dovesse esserci un temporale in arrivo. «Ma che razza di nuvolone nero!» disse. «E come si avvicina in fretta! Ehi, ma mi pare che abbia le ali!»

«È la cornacchia!» strillò Tuidoldàm con una vocetta stridula e spaventata; e i due fratelli voltarono i tacchi e scomparvero alla vista in un momento.

Alice raggiunse il bosco di corsa e si fermò sotto un grande albero. «Qui non mi potrà mai prendere» pensò «è un uccello troppo grosso per riuscire a infilarsi sotto gli alberi. Ma con che forza sbatte le ali - sembra che ci sia un uragano nel bosco - guarda! Ha perfino fatto volar via lo scialle a qualcuno!»

 

CAPITOLO V · LANA E FIUMANA

 

 

 

Colse lo scialle al volo, mentre parlava, e si guardò attorno in cerca della proprietaria, e un attimo dopo ecco apparire la Regina Bianca che correva come una pazza in mezzo al bosco, a braccia larghe, ben stese in fuori, come se stesse volando. E Alice le andò incontro con lo scialle, premurosamente.

«Per fortuna ero sulla vostra strada» disse Alice, mentre l’aiutava a rimettersi lo scialle.

La Regina Bianca si limitò a guardarla con una strana espressione inerme e spaventata, mentre continuava a ripetere in un sussurro qualcosa che suonava come «Pane-e-burro, pane-e-burro», e Alice capì che se voleva far conversazione, doveva trovare lei il modo di avviarla. E con una certa apprensione, cominciò: «È alla Regina Bianca che io ora mi oso rivolgere?»

«Be’, sì, se questo tu lo chiami avvolgere» disse la Regina. «Non è certo il mio concetto della cosa».

Pensando che non fosse il caso di litigare proprio all’inizio della conversazione, Alice fece un sorriso e disse: «Se la Maestà vostra vorrà dirmi come cominciare, cercherò di fare del mio meglio».

«Ma io non voglio che sia fatto!» brontolò la povera Regina. «Ho già passato le ultime due ore a vestirmi e a avvolgermi negli scialli».

Sarebbe stato meglio, pensò Alice, se si fosse fatta aiutare da qualcuno, perché aveva un aspetto terribilmente disordinato. «Non c’è una cosa che non sia messa a sghimbescio» disse fra sé e sé, «e il tutto sta insieme solo a forza di spilli! - Posso aggiustarle lo scialle?» aggiunse a voce alta.

«Non capisco cosa gli abbia preso!» disse la Regina con una voce malinconica. «Oggi è di malumore, credo. L’ho fissato con una spilla qui e una là, ma non si riesce a prenderlo per il suo verso!»

«Non può star dritto, vede, se lei lo appunta tutto da una parte sola» disse Alice, mentre glielo accomodava premurosamente, «e i capelli, ahimè, in che stato sono!»

«Ci si è impigliata la spazzola!» spiegò la Regina con un sospiro. «E ieri ho perso il pettine».

Alice liberò con cautela la spazzola e fece il possibile per sistemarle i capelli. «Ecco, ora va molto meglio!» disse, dopo aver cambiato di posto a quasi tutte le spille. «Però lei dovrebbe avere una cameriera personale!»

«Assumo te, volentieri!» rispose la Regina. «Due soldi alla settimana e la marmellata a giorni alterni».

Alice non poté fare a meno di scoppiare a ridere, mentre diceva: «Non voglio essere assunta io - e poi, non mi piace la marmellata».

«È una marmellata molto buona» disse la Regina.

«Be’, non ne voglio oggi, in ogni caso».

«Oggi non potresti averla nemmeno se la volessi» replicò la Regina. «La regola è: marmellata domani e marmellata ieri - marmellata oggi è sempre no».

«Ma ci dovrà pur essere la “marmellata oggi“ qualche volta» obiettò Alice.

«È impossibile» disse la Regina. «La marmellata è a giorni alterni: oggi non è un giorno alterno, capisci?»

«No, non capisco affatto» rispose Alice. «Mi confonde terribilmente le idee!»

«È l’effetto del vivere alla rovescia» le spiegò la Regina gentilmente; «all’inizio dà sempre un leggero senso di vertigine -».

«Vivere alla rovescia!» ripeté Alice con grande meraviglia. «Non ho mai sentito parlare di una cosa simile!»

«- ma bisogna dire che c’è un gran vantaggio: quello della memoria che funziona in entrambe le direzioni».

«La mia di sicuro funziona in un’unica direzione» osservò Alice. «Io non riesco a ricordarmi le cose prima che siano successe».

«Che memoria misera se funziona solo all’indietro!» osservò la Regina.

«Quali sono le cose che lei ricorda meglio?» si arrischiò a chiedere Alice.

«Oh, le cose che successero le due prossime settimane» rispose la Regina con un tono noncurante. «Per esempio, guarda» continuò avvolgendosi un largo pezzo di garza attorno al dito mentre parlava, «prendiamo il Messaggero del Re. In questo momento si trova in prigione, a scontare la pena, ma il processo comincerà soltanto mercoledì prossimo, e naturalmente il delitto viene per ultimo».

«E se il delitto non venisse mai commesso?» disse Alice.

«Tanto meglio, non ti pare?» rispose la Regina, mentre fissava la garza attorno al dito con un pezzetto di nastro.

Alice capì che era una risposta ineccepibile. «Tanto meglio, non c’è dubbio» disse, «ma sarebbe stato ancora meglio se non fosse stato punito».

«È qui che ti sbagli, in ogni caso» rispose la Regina. «Sei mai stata punita?»

«Solo per delle malefatte» rispose Alice.

«E dopo ti sei sentita meglio, lo so!» esclamò la Regina in tono trionfante.

«Sì, ma io avevo fatto le cose per le quali venivo punita» disse Alice, «c’è una bella differenza».

«Ma se tu non le avessi fatte» rispose la Regina, «ti saresti sentita ancora meglio, molto molto meglio!» La voce le si era andata facendo sempre più acuta, finché sull’ultimo «meglio» divenne un vero e proprio strillo.

Alice stava dicendo «Eppure c’è qualcosa di sbagliato -» quando la Regina cominciò a gridare così forte che dovette lasciare la frase a metà. «Ahi, ahi, ahi!» strillava la Regina, agitando la mano come se avesse voluto scrollarsela via. «Il mio dito sanguina! Ahi, ahi, ahi, ahi!»

I suoi strilli assomigliavano così tanto al fischio di una locomotiva che Alice dovette tapparsi le orecchie con le mani.

«Cosa le è successo?» chiese, appena intravvide la possibilità di farsi sentire.