Mi tocca averne due, sai - per l’andata e per il ritorno. Uno viene e l’altro va».

«Prego?» disse Alice.

«Non si devono pregare le persone» disse il Re.

«Volevo solo dire che non ho capito» spiegò Alice. «Perché uno viene e l’altro va?»

«Te lo sto dicendo» ripeté il Re, spazientito. «Devo averne due - per portare e per prendere. Uno porta e l’altro prende». In quel momento arrivò il Messaggero: era così trafelato che non riuscì a dire una parola, ma si limitò ad agitare le braccia e a fare le più orribili smorfie al povero Re.

«Questa giovane fanciulla ti ama con una F» disse il Re, presentandogli Alice nella speranza che il Messaggero smettesse di concentrare la sua attenzione su di lui - ma non servì a niente - la gesticolazione anglosassone si fece ancora più stravagante, mentre i grandi occhi roteavano da una parte all’altra.

«Mi fai paura!» esclamò il Re. «Mi sento svenire - Dammi una focaccia».

Al che il Messaggero, con gran divertimento di Alice, aprì la borsa che teneva appesa al collo e porse una focaccia al Re, che la divorò avidamente.

«Dammene un’altra!» disse il Re.

«Non mi è rimasto che un po’ di fieno» rispose il Messaggero, guardando dentro al sacco.

«Dammi il fieno allora» mormorò il Re in un debole bisbiglio.

Alice si rallegrò nel vedere che con quello si rianimava. «Non c’è niente come masticare del fieno quando ci si sente svenire» le disse, mentre ruminava.

«Forse sarebbe stato meglio spruzzarle sul viso un po’ di acqua fredda» suggerì Alice, «- o farle annusare dei sali».

«Non ho detto che non c’è niente di meglio» replicò il Re. «Ho detto che non c’è niente come». E Alice non si azzardò a contraddirlo.

«Hai incontrato qualcuno per strada?» continuò il Re, allungando la mano verso il Messaggero per avere ancora del fieno.

«Nessuno» rispose il Messaggero.

«Giustissimo» disse il Re, «anche questa giovane fanciulla l’ha visto. Naturalmente Nessuno è più lento di te».

«Faccio del mio meglio» rispose il Messaggero imbronciato. «Sono certo che nessuno cammina molto più in fretta di me!»

«Ah, questo è più che sicuro» disse il Re, «altrimenti sarebbe arrivato qui per primo. Comunque, adesso che hai ripreso fiato, dicci cosa è successo in città».

«Glielo dirò sottovoce» disse il Messaggero, portandosi le mani a imbuto davanti alla bocca e chinandosi sull’orecchio del Re. Alice ne fu dispiaciuta, perché voleva sentire anche lei le notizie. Tuttavia, invece di bisbigliare, quello si mise semplicemente a urlare con quanta più voce aveva in corpo. «Hanno ripreso!»

«E quello lo chiami parlare sottovoce?» esclamò il povero Re, balzando in piedi e dandosi una gran scrollata. «Se ci riprovi un’altra volta, ti faccio imburrare! È come se mi fosse passato in testa un terremoto!»

«Non poteva essere che un terremoto molto modesto» pensò Alice. «Chi ha ripreso?» si azzardò a chiedere.

«Ma il Leone e l’Unicorno, naturalmente» rispose il Re.

«A battersi per la corona?»

«Ci puoi giurare» disse il Re, «e il bello è che è la mia corona quella per cui si battono! Andiamo di corsa a vederli». E trottarono via, mentre Alice, correndo, ripeteva fra sé e sé le parole della vecchia canzone:

 

Il Leone e l’Unicorno

Si battean per la corona.

Il Leone le dié sode:

La città ancora ne suona.

Dieder loro del pan bianco,

Dieder loro del pan nero,

E la torta a sazietà,

Ma al suono dei tamburi

Li scacciaron dalla città.

 

«Quello che - vince - prende la corona?» riuscì a malapena a domandare, poiché la corsa non le lasciava il fiato per parlare.

«Oh, cielo, no!» fece il Re. «Come ti viene in mente?»

«Sia - gentile -» ansimò Alice, dopo aver corso per un altro pezzo, «non potremmo - prenderci - un attimo di sosta - per riprendere fiato?»

«Io sono molto gentile» rispose il Re, «ma non sono tanto forte. L’attimo sfreccia via con la velocità di un lampo. Sarebbe come se volessimo cercare di prenderci un Grafobrancio!»

Alice non aveva più fiato per parlare; così continuarono a trottare in silenzio, finché non giunsero in vista di una folla numerosa, in mezzo alla quale stavano combattendo il Leone e l’Unicorno. Erano avvolti da una tale nuvola di polvere, che sulle prime Alice non riuscì a distinguerli l’uno dall’altro; ma riconobbe ben presto l’Unicorno, per via del corno.

Presero posto vicino a Cappe, l’altro Messaggero, che stava guardando il combattimento con una tazza di tè in una mano e una fetta di pane e burro nell’altra.

«È appena uscito di prigione, e al momento dell’arresto non aveva ancora finito di prendere il tè» sussurrò Frette ad Alice; «là dentro, non danno altro che gusci d’ostrica - e naturalmente adesso ha una gran fame e una gran sete. Come va, giovanotto?» soggiunse, cingendo affettuosamente con il braccio le spalle di Cappe.

Cappe volse la testa verso di lui e fece un cenno di assenso, poi riprese a mangiare il suo pane e burro.

«Ti piaceva la prigione, giovanotto?» domandò Frette.

Cappe si volse di nuovo, e questa volta una lacrima o due gli scivolarono lungo le guance; ma non si lasciò sfuggire una sola parola.

«Non puoi parlare?» esclamò Frette, con impazienza. Ma Cappe continuò a masticare il suo pane e burro e a bere un po’ di tè.

«Non vuoi parlare?» esclamò il Re. «Come va il combattimento?»

Con uno sforzo disperato, Cappe inghiottì un grosso pezzo di pane e burro. «Va bene, va bene» disse con voce strozzata; «sono caduti a terra ottantasette volte ciascuno».

«Allora è quasi venuto il momento di portar loro il pane bianco e il pane nero?» si azzardò a chiedere Alice.

«È già lì pronto che aspetta» rispose Cappe. «Ne sto appunto mangiando un pezzetto».

Proprio in quel momento ci fu una pausa nel combattimento, e il Leone e l’Unicorno si misero a sedere, ansimanti, mentre il Re proclamava a gran voce: «Dieci minuti di sosta per i rinfreschi!» Frette e Cappe si misero subito al lavoro, portando in giro i vassoi di pane bianco e di pane nero. Alice ne prese un pezzo per assaggiarlo, ma era molto secco.

«Non credo che per oggi avremo un altro combattimento» disse il re a Cappe, «vai a ordinare ai tamburi di attaccare». E Cappe si allontanò saltando come una cavalletta.

Per un paio di minuti, Alice rimase in silenzio a guardarlo.