Poi si illuminò tutta. «Guardate! Guardate!» esclamò puntando il dito frenetica. «Ecco la Regina Bianca che sta correndo per la campagna! È volata fuori da quel bosco laggiù - Ma come corrono veloci queste Regine!»
«Avrà qualche nemico alle calcagna, senza dubbio» disse il Re, senza nemmeno volgere lo sguardo. «Il bosco ne è pieno».
«Ma non corre ad aiutarla?» domandò Alice, assai sorpresa dalla calma con cui l’altro prendeva la cosa.
«Sarebbe inutile! completamente inutile!» rispose il Re. «Corre con la velocità del lampo. Sarebbe come cercare di prendere un Grafobrancio! Ma ne prendo nota sull’agenda, se vuoi -. È una creatura cara e buona» ripeté piano fra sé, mentre apriva l’agenda. «“Creatura» si scrive con due «r”?»
In quel momento passò l’Unicorno al galoppo, con le mani in tasca. «Sono stato io il più bravo, questa volta?» chiese al Re, guardandolo appena, mentre passava.
«Di poco, di poco» rispose il Re con un certo nervosismo. «Non dovevi infilzarlo con il corno, lo sai».
«Non gli ho fatto male» rispose l’Unicorno con noncuranza, e stava per scappar via quando per caso gli cadde l’occhio su Alice: fece un rapido dietrofront e restò lì a guardarla per un po’ con un’aria di profondo disgusto.
«Cosa - è - questa?» chiese infine.
«È una bambina!» rispose Frette, piazzandosi davanti ad Alice per presentarla e aprendo le mani a ventaglio verso di lei come vuole la gesticolazione anglosassone. «L’abbiamo scoperta solo oggi. È a grandezza naturale, e viva il doppio!»
«Avevo sempre creduto che fosse un mostro leggendario!» esclamò l’Unicorno. «È viva?»
«Sa parlare» rispose Frette solennemente.
L’Unicorno guardò Alice con occhi sognanti e disse: «Parla, ragazzina».
Alice non poté fare a meno di increspare le labbra in un sorriso, mentre cominciava «Ma sai che anch’io ho sempre pensato che l’Unicorno fosse un mostro leggendario? Non ne avevo mai visto uno vivo, prima!»
«Bene, ora che ci siamo visti a vicenda» disse l’Unicorno, «se tu credi in me, io crederò in te. Affare fatto?»
«Certo, come vuoi» disse Alice.
«Su, tira fuori la torta, brav’uomo!» soggiunse l’Unicorno, rivolgendosi al Re. «Quel tuo pane nero io non lo voglio!»
«Certo - certo!» borbottò il Re, e fece un cenno a Frette. «Apri la borsa!» sussurrò. «Svelto! Non questo - qui c’è il fieno!»
Frette tolse dalla borsa una grossa torta e la diede ad Alice da reggere, mentre lui tirava fuori un piatto e un coltello per i dolci. Come facesse tanta roba a star là dentro, Alice non riusciva a capirlo. Era come un gioco di prestigio, pensò.
Nel mentre che tutto questo succedeva, si era avvicinato il Leone: aveva un’aria molto stanca e sonnacchiosa, gli occhi semichiusi. «Cos’è questa?» disse, ammiccando pigramente per indicare Alice, e parlando con una voce profonda e cavernosa che assomigliava ai rintocchi di una grossa campana.
«Eh, che cos’è?» esclamò eccitato l’Unicorno. «Non lo indovinerai mai! Io non ci sono riuscito».
Il Leone squadrò Alice stancamente. «Sei animale - vegetale - o minerale?» domandò sbadigliando fra una parola e l’altra.
«È un mostro leggendario!» gridò l’Unicorno, prima che Alice potesse aprire bocca.
«Allora distribuisci la torta, Mostro» disse il Leone, sdraiandosi a terra e appoggiando il mento sulla zampa. «E voi due, sedetevi» (rivolto al Re e all’Unicorno), «niente scherzi con la torta, eh!»
Si vedeva che il Re non aveva nessuna voglia di mettersi a sedere in mezzo a quelle due grosse creature, ma non c’era altro posto. «È adesso che dovremmo fare una bella battaglia per la corona!» disse l’Unicorno, alzando maliziosamente gli occhi verso la corona, che poco ci mancava scivolasse giù dalla testa del Re, tanto quello si era messo a tremare.
«La vincerei facilmente» disse il Leone.
«Non ne sono tanto sicuro» ribatté l’Unicorno.
«Ma se te le ho date sode in ogni angolo della città!» replicò il Leone rabbiosamente, pronto a balzare in piedi.
Qui il Re li interruppe, per impedire che il litigio degenerasse: era nervosissimo e gli tremava la voce. «Ogni angolo della città?» ripeté. «Che camminata vi siete fatti! Siete passati dal ponte vecchio? E dalla piazza del mercato? La vista migliore è dal ponte vecchio».
«Non ne ho idea» brontolò il Leone, mentre si rimetteva tranquillo. «C’era un gran polverone e non si vedeva niente. Quanto ci mette il Mostro a tagliare la torta!»
Alice si era seduta sulla riva di un ruscelletto, e tenendo il grosso piatto appoggiato sulle ginocchia, segava diligentemente con il coltello. «È una vera provocazione!» disse in risposta al Leone (si era ormai abituata a sentirsi chiamare Mostro), «ho già tagliato parecchie fette di torta, ma si riappiccicano subito!»
«Tu non sai come si tagliano le torte dello Specchio» osservò l’Unicorno. «Prima le distribuisci e dopo le tagli».
Sembrava un nonsenso, ma Alice, assai obbediente, si alzò in piedi e fece il giro col piatto, e fu così che la torta si divise in tre pezzi.
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